Alessio Scarcella, SISTRI sì, SISTRI no, SISTRI (forse): smentito il colpo di mano d’agosto. Ma è tutto rinviato al 2012, in Ambiente e sviluppo, 2011, 10, 810
Sommario: La manovra da “lacrime e sangue” e le sorprese d’agosto – La cancellazione del SISTRI: primo tempo – Il reinserimento del SISTRI: secondo tempo
La manovra da “lacrime e sangue” e le sorprese d’agosto
Il D.L. 13 agosto 2011, n. 138, recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”, pubblicato sulla G.U. n. 188 del 13 agosto 2011, era comparso come un fulmine a ciel sereno nella canicola agostana, imposto – almeno così pare dalle dichiarazioni governative – dalle pressioni sulla nostra economia e sul debito pubblico monstre che, negli ultimi giorni, aveva posto a rischio le finanze pubbliche, al punto da convincere la Banca Centrale Europea ad inviare una lettera di messa in mora nei confronti del nostro Paese, ordinando un immediato intervento di stabilizzazione finanziaria. Non è certo questa la sede per esprimere giudizi od opinioni sull’efficacia che quest’ennesimo salasso (che, ancora una volta, colpisce i cittadini onesti) avrà, nel breve-medio termine, sui mercati in vista delle prossime scadenze autunnali. L’occasione è, però, ghiotta per evidenziare un aspetto che la manovra finanziaria estiva avrà (anzi, ha, visto che il decreto è già entrato in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) sulla vita degli imprenditori che si apprestano a rientrare dalle ferie estive dopo la breve parentesi di riposo. Nel decreto, infatti, oltre a tagli e nuove imposte, in un clima da “lacrime e sangue” come è dato leggere sui quotidiani sotto l’ombrellone, si affacciano infatti provvedimenti che, all’apparenza, poco hanno a che fare con quella
“straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per la stabilizzazione finanziaria e per il contenimento della spesa pubblica al fine di garantire la stabilità del Paese con riferimento all’eccezionale situazione di crisi internazionale e di instabilità dei mercati e per rispettare gli impegni assunti in sede di Unione Europea, nonché di adottare misure dirette a favorire lo sviluppo e la competitività del Paese e il sostegno dell’occupazione”,
come si legge nel preambolo del decreto. Intendiamo riferirci, in particolare, all’improvvisa cancellazione (ed alla scontata ricomparsa, operata dalla L. 14 settembre 2011, n. 148, in vigore dal 17 settembre 2011, che ha convertito il predetto d.l.) del Sistri, ossia del sistema di tracciabilità dei rifiuti che, con fatica, dopo quasi un biennio di sperimentazione, polemiche, click days fallimentari ed ingenti spese sostenute da parte di coloro che erano ormai preparati all’operatività del sistema, sarebbe entrato in vigore, seppure a tappe, a far data dal 1° settembre 2011. Le polemiche sorte dopo l’abrogazione, come anticipato, hanno sortito però un duplice effetto: da un lato, il reinserimento del Sistema; dall’altro, un nuovo rinvio (come vedremo, parziale) dell’operatività del Sistri.
La cancellazione del SISTRI: primo tempo
La prima (s)gradita sorpresa ritrovata, sotto l’ombrellone, nel leggere il decreto legge era rappresentata dalla assolutamente improvvisa e non prevedibile (almeno a quanto si legge dalle dichiarazioni rese alla stampa dello stesso Ministro dell’Ambiente), soppressione del Sistri, ossia il sistema di tracciabilità dei rifiuti, introdotto appena due anni or sono con il D.M. 17 dicembre 2009, modificato a più riprese negli anni successivi e che, in base a quanto era stato previsto con l’ultimo dei decreti che se n’erano occupati specificamente (il D.M. 26 maggio 2011), sarebbe dovuto entrare in vigore, quantomeno per una prima categoria di soggetti, il 1° settembre.
Iscriviti alla nostra newsletter per avere accesso immediato Se sei già iscritto, inserisci nuovamente la tua email per accedere Le norme immediatamente abrogate erano le seguenti: a) il comma 1116, dell’articolo 1, della legge 27 dicembre 2006, n. 296; b) l’articolo 14 bis del D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102; c) il comma 2, lettera a), dell’articolo 188 bis, e l’articolo 188 ter, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni; d) l’articolo 260 bis del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni; e) il comma 1, lettera b), dell’articolo 16 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205; f) l’articolo 36, del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, limitatamente al capoverso “articolo 260 bis“; g) il decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009 e successive modificazioni; h) il decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, 18 febbraio 2011, n. 52. Una rapida sintesi delle disposizioni frettolosamente abrogate con il D.L. in questione è utile per ben comprendere a cosa si riferisse il testo normativo in esame. La realizzazione di un sistema integrato per il controllo e la tracciabilità dei rifiuti era stata inizialmente prevista dall’art. 1, comma 1116, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007), che riservava per l’anno 2007 una quota non inferiore a 5 milioni di euro delle risorse del Fondo unico investimenti per la difesa del suolo e tutela ambientale del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare “alla realizzazione di un sistema integrato per il controllo e la tracciabilità dei rifiuti, in funzione della sicurezza nazionale ed in rapporto all’esigenza di prevenzione e repressione dei gravi fenomeni di criminalità organizzata nell’ambito dello smaltimento illecito dei rifiuti”. L’abrogazione della norma madre del Sistri, operata dalla lett. a), comma 2, dell’art. 6 del D.L. n. 138/2011, denotava quindi la volontà del legislatore dell’emergenza di considerare chiusa l’esperienza del Sistri, seppure non ancora operativa. Le ulteriori disposizioni oggetto di abrogazione espressa, altro non facevano che rafforzare questa convinzione. Tale era, ad esempio, la seconda delle norme oggetto di abrogazione espressa. Ed infatti, come si ricorderà, nelle more del varo della legislazione, primaria e secondaria, destinata a disciplinarne il funzionamento e garantirne la piena operatività, con l’art. 14 bis del D.L. n. 78/2009, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 (abrogato dalla lett. b), comma 2, dell’art. 6, D.L. n. 138/2011), erano state dettate le modalità di finanziamento del sistema nazionale per il controllo e la tracciabilità. Erano, poi, intervenute le disposizioni, anch’esse oggetto di espressa abrogazione, dettate – giusto per seguire un ordine cronologico e consentire una migliore comprensione del testo governativo – dagli artt. 188 bis (Controllo della tracciabilità dei rifiuti) e 188 ter (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti – Sistri) del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (meglio noto come Testo Unico Ambientale), norme introdotte dagli artt. 16 e 17 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, destinate ad occuparsi degli adempimenti documentali del Sistri, integrandoli e adattandoli sia all’art. 17 della Direttiva n. 2008/98/Ce (c.d. Direttiva-Quadro sui rifiuti, che prevede la tracciabilità per i rifiuti pericolosi), che al D.M. 17 dicembre 2009 con il quale è stato istituito il Sistri, anch’esso oggetto, in primo momento, di espressa abrogazione. La lett. c), comma 2, dell’art. 6 del D.L. n. 138/2011, abrogava poi espressamente per intero il predetto art. 188 ter e il solo comma 2, lett. a), dell’art. 188 bis. Tale previsione doveva essere, tuttavia, coordinata con quella contenuta alla lett. e) dello stesso comma 2 dell’art. 6 del D.L. n. 138/2011 che, invece, nell’abrogare il comma 1, lett. b), dell’art. 16 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 (che introduceva, per l’appunto, gli artt. 188 bis e 188 ter nel TUA) avrebbe determinato l’integrale soppressione di ambedue le norme (artt. 188 bis e 188 ter TUA) e non – come invece risultava dalla previsione contenuta nell’art. 6, comma 2, lett. c), dello stesso D.L. n. 138/2011 – per l’intero, quanto all’art. 188 ter, e solo limitatamente al comma 2, lett. a), quanto all’art. 188 bis TUA. L’art. 188 ter, originariamente abrogato dal d.l. n. 138/2011, coordinava quanto già previsto dal D.M. 17 dicembre 2009 in merito ai destinatari del sistema, suddivisi in due gruppi: soggetti obbligati e quelli aderenti su base volontaria. È previsto un obbligo di iscrizione a carico di un’ampia categoria di soggetti sostanzialmente coincidenti con quelli tenuti al tradizionale obbligo di invio e compilazione del MUD ex art. 189, comma 3, includendovi anche gli addetti al trasporto intermodale (commi 1 e 2), inserendo un obbligo generalizzato di adesione obbligatoria al sistema per i comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani nel territorio della regione Campania (comma 3). Il comma 2, lett. a), dell’art. 188 bis D.Lgs. n. 152/2006, invece – proprio in quell’ottica semplificatoria dichiaratamente perseguita dal Governo con il D.L. n. 138/2011 – prevede invece l’alternatività tra l’adesione al Sistri e la tenuta dei registri di carico e scarico e del formulario di identificazione dei rifiuti. A seguito dell’abrogazione della lett. a), dunque, veniva ad essere soppressa proprio la possibilità, per gli imprenditori che ne hanno la facoltà e non l’obbligo, di aderire al Sistri: l’unico sistema obbligatorio di gestione dei rifiuti restava, pertanto, come nel passato, la tenuta dei registri di carico e scarico e la compilazione del FIR (Formulario di Identificazioni dei Rifiuti). Ciò era, del resto, rimarcato dal comma 3 dell’art. 6 nell’originaria versione contenuta nel D.L. n. 138/2011, che, dopo aver rassicurato circa la persistente “applicabilità delle altre norme in materia di gestione dei rifiuti”, ribadiva espressamente che “ai sensi dell’articolo 188 bis, comma 2, lettera b), del D.Lgs. n. 152 del 2006, i relativi adempimenti possono essere effettuati nel rispetto degli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico nonché del formulario di identificazione di cui agli articoli 190 e 193 del D.Lgs. n. 152 del 2006 e successive modificazioni”. Di fatto venivano cancellati quasi due anni di sperimentazione del sistema e sacrificati proprio coloro che, per adeguarvisi in vista della imminente introduzione, avevano sostenuto ingenti spese per attrezzare gli automezzi adibiti al trasporto rifiuti, per l’acquisto delle black box da installarsi su ogni automezzo e delle chiavi USB necessarie per il funzionamento del sistema. Altra disposizione normativa che subiva un’improvvisa cancellazione (e che, comunque, avrà effetti destinati ad incidere anche sul profilo sanzionatorio) era costituita dall’art. 260 bis del D.Lgs. n. 152/2006. Tale norma, com’è noto, introdotta dal D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, ha per la prima volta predisposto un regime sanzionatorio ad hoc per le violazioni al sistema di tracciabilità di rifiuti. In sintesi, il D.Lgs. n. 205/2010, come si ricorderà, aveva previsto un articolato strumentario di sanzioni, penali ed amministrative pecuniarie, in caso di inadempimento degli obblighi introdotti dal D.M. 17 dicembre 2009 e successive modificazioni, attraverso gli artt. 260 bis e 260 ter, quest’ultimo riguardante le sanzioni amministrative accessorie e la confisca a seguito dell’accertamento delle violazioni di cui all’art. 260 bis ma inspiegabilmente non abrogato, di fatto però privato di qualsiasi effetto – quantomeno con riferimento alle violazioni al Sistri – a seguito dell’originaria soppressione della norma presupposta costituita dall’art. 260 bis. Venivano, meno, quindi, da un lato, le sanzioni amministrative pecuniarie previste dai commi da 1 a 5, quella contemplata dal comma 7, prima parte, nonché dal comma 9 dell’art. 260 bis TUA; dall’altro, venivano abrogate le due fattispecie penali di nuovo conio introdotte dalla disposizione in esame (non ancora operative perché, di fatto, legate all’entrata a regime del Sistri) e disciplinate dai commi 6, 7, seconda parte ed 8 dell’art. 260 bis. In particolare, come si ricorderà, quanto alle sanzioni penali, in ordine crescente di gravità, sono le seguenti: a) pena prevista dall’art. 483 cod. pen. (reclusione fino a 2 anni): nei confronti di colui che, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, utilizzato nell’ambito del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti; nei confronti di colui che inserisce un certificato falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilità dei rifiuti; nei confronti del trasportatore che omette di accompagnare il trasporto dei rifiuti pericolosi con la copia cartacea della scheda SISTRI – AREA MOVIMENTAZIONE e, ove necessario sulla base della normativa vigente, con la copia del certificato analitico che identifica le caratteristiche dei predetti rifiuti; nei confronti di colui che, durante il trasporto fa uso di un certificato di analisi di rifiuti contenente false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti trasportati; b) pena prevista dal combinato disposto degli artt. 477 e 482 cod. pen. (reclusione da 4 mesi a 2 anni): nei confronti del trasportatore che accompagna il trasporto di rifiuti con una copia cartacea della scheda SISTRI – AREA Movimentazione fraudolentemente alterata, ove si tratti di rifiuti pericolosi; detta pena era aumentata fino ad un terzo nel caso di rifiuti pericolosi. L’intervenuta abrogazione dell’art. 260 bis TUA, scongiurata dalla legge di conversione del decreto legge, avrebbe comportato, quindi, l’applicabilità, in via esclusiva, delle sanzioni contemplate dall’art. 258 TUA, come novellato dal D.Lgs. n. 205/2010. Resta (e restava, anche se il Sistri fosse stato davvero soppresso), ferma, peraltro, la sanzionabilità, a partire dal 16 agosto 2011, della condotta – depenalizzata dal D.Lgs. n. 205/2010 all’atto della novella dell’art. 258 TUA vecchio testo – consistente nel trasportare rifiuti pericolosi senza il formulario di identificazione ovvero nell’indicare nel formulario stesso dati incompleti o inesatti riferiti al trasporto dei suddetti rifiuti. Come è noto, infatti, il legislatore, con il D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121 (entrato in vigore, appunto, il 16 agosto 2011), recante “Attuazione della Direttiva n. 2008/99/Ce sulla tutela penale dell’ambiente, nonché della Direttiva n. 2009/123/Ce che modifica la Direttiva n. 2005/35/Ce relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di sanzioni per violazioni”, ha, di fatto restaurato la previgente disciplina sanzionatoria dettata dall’art. 258 TUA, prima delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 205/2010. In particolare, l’art. 4, comma 2, lett. b), del D.Lgs. n. 121/2011, inserendo un nuovo comma 2 bis all’art. 39 del D.Lgs. n. 205/2010 (norma, è bene ricordarlo, non toccata dal D.L. n. 138/2011 né dalla legge di conversione), prevede l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 258 nella previgente formulazione nei confronti dei soggetti od imprese tenuti obbligatoriamente o facoltativamente ad iscriversi al Sistri nonché per i Comuni, gli enti e le imprese che gestiscono i rifiuti urbani del territorio della Regione Campania. In particolare, dette sanzioni troveranno applicazione in caso di inadempimento degli obblighi previsti dagli articoli 190 (tenuta dei registri di carico e scarico) e 193 (tenuta del FIR, ossia del formulario di identificazione dei rifiuti) del D.Lgs. n. 152/2006. Il legislatore delegato, nel delimitare il campo di applicazione della norma transitoria, precisa tuttavia, con il D.Lgs. n. 121/2011, che l’applicazione del regime sanzionatorio previsto dall’art. 258 ante novella del 2010 dovesse applicarsi “fino alla decorrenza degli obblighi di operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri)”. L’intervenuta soppressione del sistema di tracciabilità dei rifiuti ad opera del D.L. n. 138/2011, avrebbe avuto, quindi, l’effetto di restaurare sine die tale previsione sanzionatoria che, a differenza di quanto previsto dal D.Lgs. n. 121/2011, non sarebbe stata più a tempo (ovvero correlata all’entrata a regime del Sistri, ormai restaurato), ma definitiva. Ciò avrebbe determinato, quindi, la coesistenza, quantomeno con riferimento alla condotta ripenalizzata consistente nel trasportare rifiuti pericolosi senza il formulario di identificazione (ovvero nell’indicare nel formulario stesso dati incompleti o inesatti riferiti al trasporto dei suddetti rifiuti) del vecchio testo dell’art. 258 TUA e del nuovo testo della norma sanzionatoria, quest’ultimo applicabile tout court nei confronti dei soggetti che non sarebbero stati obbligati ad iscriversi al Sistri in base alle previsioni in un primo momento frettolosamente abrogate. Solo per completezza, inoltre, è utile ricordare che, sempre a far data dal 16 agosto 2011, è entrata in vigore l’estensione della responsabilità amministrativa da reato degli Enti ex D.Lgs. n. 231/2001 per i reati ambientali contemplati dal D.Lgs. n. 121/2011. Tra questi, peraltro, rientra proprio l’art. 260 bis TUA, reato presupposto oggetto in un primo momento di abrogazione che, pertanto, avrebbe reso priva di qualsiasi operatività la corrispondente previsione contenuta nel nuovo art. 25 undecies, comma 2, lett. g), del D.Lgs. n. 121/2011. Risultavano, parimenti, prive di qualsiasi effetto le modifiche introdotte all’art. 260 bis del TUA dall’art. 3 del D.Lgs. n. 121/2011 (che ha introdotto i commi 9 bis e 9 ter) e dall’art. 4 del predetto decreto (che, nel modificare la disciplina transitoria dell’art. 39 D.Lgs. n. 205/2010, ha introdotto una graduazione dell’applicazione della sanzioni amministrative pecuniarie applicabili ai soggetti tenuti ad iscriversi al Sistri e che non rispettano le cadenze temporali prescritte dalla normativa: ci si riferisce, in particolare, ai commi 2 e 2 quater dell’art. 39). Quanto, infine, alle ulteriori disposizioni in un primo momento abrogate dall’art. 6 del D.L. n. 138/2011, erano rappresentate: dal comma 1, lett. b), dell’art. 16 del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 (che introduce, per l’appunto, gli artt. 188 bis e 188 ter nel TUA, norme che, pertanto, sembrava fossero state soppresse entrambe e non – come invece risultava dalla previsione contenuta nel medesimo art. 6, comma 2, lett. c), dello stesso D.L. n. 138/2011 – per l’intero, quanto all’art. 188 ter, e solo limitatamente al comma 2, lett. a), quanto all’art. 188 bis TUA); dall’art. 36, del D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205, limitatamente al capoverso “articolo 260 bis” (si tratta, in altri termini, della disposizione, contenuta nel D.Lgs. n. 205/2010, che introduce, appunto, sia l’art. 260 bis che l’art. 260 ter nel TUA); dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009 e successive modificazioni (si tratta, come si ricorderà, del D.M. con cui sono state dettate le norme relative al funzionamento del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti; l’abrogazione travolgeva tutti i decreti successivi che avevano apportato modifiche al predetto D.M. e, cioè, nell’ordine: il D.M. 15 febbraio 2010; il D.M. 9 luglio 2010; il D.M. 28 settembre 2010; il D.M. 22 dicembre 2010; il D.M. 26 maggio 2011 che ha, infine, disposto lo slittamento della fase transitoria a doppio regime documentale). dal decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, 18 febbraio 2011 n. 52, recante il “Regolamento recante istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti”, che ha provveduto a riunificare in un solo testo tutti i cinque decreti in precedenza emanati sul Sistri. Si era trattato, quindi, di un vero e proprio addio, al Sistri, oggi – fortunatamente – trasformatosi in un momentaneo arrivederci grazie all’entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 138/2011, che ha resuscitato il SISTRI, merito soprattutto delle polemiche immediatamente sorte dopo il varo del D.L. n. 138/2011, che non escludevano un ripensamento in fase di conversione in legge. Il reinserimento del SISTRI: secondo tempo Qual è, dunque, lo stato dell’arte? Già all’indomani dell’entrata in vigore del D.L. n. 138/2011, il Ministro dell’Ambiente aveva pesantemente contestato il “colpo di mano” dell’abrogazione del Sistri. La parola era quindi passata alle Commissioni parlamentari del Senato, subito messesi all’opera dopo la pausa ferragostana. Anzitutto, le Commissioni congiunte Bilancio del Senato e della Camera dei Deputati avevano avuto modo di ascoltare le opinioni delle parti sociali sulla manovra nell’ambito di una specifica audizione tenutasi durante la Seduta n. 28 del 25 agosto 2011. In tale occasione solo Rete Imprese Italia (CasArtigiani, CNA, Confartigianato imprese, ConfCommercio, ConfEsercenti), CGIL e UGL avevano inserito nei loro dossier, consegnati alla V Commissione permanente (Bilancio), delle specifiche osservazioni sull’abrogazione del Sistri. In un secondo momento, più nello specifico, la Commissione Territorio, Ambiente e Beni ambientali del Senato aveva votato (quasi) all’unanimità dei suoi componenti un parere (v. Resoconto sommario n. 290 del 23 agosto 2011) che mirava al mantenimento del Sistri. Nel parere la Commissione osservava come l’art. 6 della Manovra-bis avesse disposto la soppressione del Sistri e il ritorno il sistema cartaceo per la tracciabilità dei rifiuti. Tale regime, affidato al principio di autodichiarazione, come si legge nel documento, “in passato non ha saputo evitare quell’assoluta incertezza intorno alla sorte definitiva di ingenti quantitativi di rifiuti, non solo pericolosi, che pone a rischio nel nostro Paese la salute dei cittadini oltre che la tutela dell’ambiente, creando i presupposti per il perdurare di traffici illeciti legati al settore dei rifiuti”. Secondo la Commissione, dunque, “la generalizzata soppressione del sistema SISTRI, lungi dall’assicurare risparmi di spesa, espone il Paese agli oneri finanziari conseguenti al prevedibile esito di una procedura di infrazione per violazione della normativa comunitaria, che come noto impone per i rifiuti pericolosi l’obbligo della tracciabilità (articolo 17 della direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE).” Ulteriormente, si evidenziava, “l’improvviso ritorno al vecchio sistema cartaceo rende elevato il rischio dell’attivazione di un contenzioso, dagli esiti imprevedibili, da parte di quanti – ovvero la stragrande maggioranza degli obbligati – hanno già sostenuto i costi necessari per adeguarsi per tempo al sistema Sistri”. Alla stregua di ciò la Commissione aveva espresso il suo parere favorevole al ripristino del “sistema Sistri, prevedendone, in via principale e nel rispetto del già previsto scaglionamento per i produttori di rifiuti pericolosi con un numero di dipendenti fino a 10 unità, la piena operatività a far data dal 1° gennaio 2012 e valutando l’opportunità di interventi, sentite le organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie economiche, finalizzati a superare in particolare difficoltà tecniche ed operative e prevedendo eventuali esenzioni ulteriori per tipologie di rifiuti che non presentino aspetti di particolare criticità ambientale”. Terza tappa fondamentale è stata il passaggio davanti alla Commissione Bilancio del Senato, dove uno degli emendamenti al D.D.L. di conversione del D.L. n. 138/2011 (A.S. n. 2887) presentati sul Sistri era riuscita a passare, così aprendo la strada ad un ripristino del nuovo Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti. L’emendamento proposto era il n. 6.15 col quale si proponeva di sostituire i due commi della Manovra (art. 6, commi 2 e 3, D.L. n. 138/2011) che avevano decretato la soppressione del Sistri. Il testo votato in Commissione ha previsto l’avvio dell’operatività del Sistri dal 9 febbraio 2012, nonché la programmazione di una fase di verifica tecnica di software e hardware e test di funzionamento ad ampia partecipazione degli utenti, da effettuarsi tra l’entrata in vigore della legge di conversione della Manovra di ferragosto e il 15 dicembre 2011. Le novità rispetto al testo originario della Manovra-bis sono dirompenti. Innanzitutto, il testo implica una netta marcia indietro del Governo sulla decisione di sopprimer il SISTRI e tutte le norme ad esso relative. Poi, si prevede la necessità di una “verifica tecnica delle componenti software e hardware, anche ai fini dell’eventuale implementazione di tecnologie di utilizzo più semplice rispetto a quelle attualmente previste, organizzando, in collaborazione con le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, test di funzionamento con l’obiettivo della più ampia partecipazione degli utenti”: in altre parole, come è stato evidenziato dai primi commentatori (C. Bovino, Manovra bis: SISTRI, OK anche dalla Commissione Bilancio, in http://www.ambientesicurezza.ipsoa.it.ezproxy.unibo.it/), semplificazione del sistema previo utilizzo di tecnologie di utilizzo più semplice e nuovi test da condurre con la collaborazione delle maggiori associazioni di categoria. Infine, accanto alla proroga dell’avvio del Sistri al 9 febbraio 2012, si mantiene ferma la previsione del decreto sviluppo (D.L. n. 70/2011, art. 6, comma 2, lettera f octies) che ha stabilito che per i soggetti di cui all’art. 1, comma 5, del D.M. 26 maggio 2011 (ossia i produttori di rifiuti con massimo 10 dipendenti), la data di partenza sia stabilita con successivo D.M., comunque non antecedente al 1° giugno 2012. Com’è noto, l’emendamento in questione è stato integralmente e fedelmente riproposto nella legge di conversione, confermando il termine di entrata in operatività del Sistri per il 9 febbraio 2012, fatta eccezione per i produttori di rifiuti con massimo 10 dipendenti, per i quali l’entrata in vigore non potrà essere prima del 1 giugno 2012. In sede di approvazione, peraltro, sono state introdotte due ulteriori disposizioni: anzitutto, il nuovo comma 3 dell’art. 6 del D.L. n. 138/2011, che demanda ad un D.M. del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del Mare, di concerto con il Ministro per la semplificazione normativa sentite le categorie interessate, il compito di individuare – entro 90 gg. dall’entrata in vigore della legge di conversione – specifiche tipologie di rifiuti, alle quali, in considerazione della quantità e dell’assenza di specifiche caratteristiche di criticità ambientale, sono applicate, ai fini del sistema di controllo di tracciabilità dei rifiuti, le procedure previste per i rifiuti speciali non pericolosi; dall’altro, poi, è stato inserito un nuovo comma 3 bis che, con previsione innovativa, consente agli operatori che producono esclusivamente rifiuti soggetti a ritiro obbligatorio da parte di sistemi di gestione regolati per legge (si pensi, ad esempio, agli oli e grassi vegetali ed animali esausti, ai rifiuti di beni in polietilene, alle batterie al piombo esauste ed ai rifiuti piombosi od, ancora, agli oli minerali usati ed ai RAEE), la possibilità di delegare la realizzazione dei propri adempimenti relativi al Sistri ai consorzi di recupero, secondo le modalità già previste per le associazioni di categoria. Tutto come prima, dunque, anche se con il parziale rinvio dell’operatività al 9 febbraio del prossimo anno (1). ———————– (1) N.d.R.: Sulla G.U. n. 216 del 16 settembre 2011 è stata pubblicata la legge 14 settembre 2011 n. 148, che ha convertito, con modificazioni il D.L. 13 agosto 2011, n. 138, recante la proroga del SISTRI.Contenuto Riservato!