Andrea Perini, Operazioni soggettivamente inesistenti e nuovi reati tributari, in Fisco, 2003, 15 – parte 1, 2331
Operazioni soggettivamente inesistenti e nuovi reati tributari
La sentenza in commento merita di essere segnalata per l’approfondimento e la chiarezza con cui viene affrontato il tema delle fatture soggettivamente inesistenti, ossia concernenti operazioni effettivamente avvenute ma coinvolgenti soggetti diversi rispetto a quelli risultanti documentalmente.
Si tratta di un tema non molto dissodato, né dalla dottrina e neppure dalla giurisprudenza in quanto tradizionalmente assorbito dal più frequentato (e statisticamente più ricorrente) tema della fatturazione di operazioni oggettivamente inesistenti. Tant’è che, successivamente alla riforma, ci constano soltanto due precedenti editi nei quali questa tematica viene affrontata, peraltro con conclusioni coincidenti rispetto alla pronuncia in esame (1). Iscriviti alla nostra newsletter per avere accesso immediato Se sei già iscritto, inserisci nuovamente la tua email per accedere Degno di nota, quindi, è il consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale attorno ad una lettura che esclude le operazioni soggettivamente inesistenti dalla sfera applicativa dell’art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000 in quanto ritenute, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, condotte alle quali non consegue evasione fiscale in capo al soggetto utilizzatore (2). Ed infatti, se ai sensi dell’art. 1, lettera a), del D.Lgs. n. 74/2000 non vi è dubbio che il riferire un’operazione a soggetti diversi rispetto a quelli effettivi valga a far qualificare l’operazione come “inesistente”, nelle situazioni sottoposte all’attenzione della giurisprudenza mancava quella indicazione nella dichiarazione fiscale di “elementi passivi fittizi” indispensabile affinché la condotta – nel suo complesso – risulti tipica ex art. 2. Infatti, recepire in dichiarazione il contenuto di fatture documentanti costi effettivamente sostenuti ancorché attribuiti ad un fornitore diverso rispetto a quello effettivo, non dà luogo ad una indicazione di costi inesistenti e, salvo casi particolari (3), non provoca evasione in capo all’utilizzatore ma – al più – in capo al fornitore “vero” le cui vendite non risultano documentate. Proprio tale circostanza è puntualmente posta in luce dalla nitida motivazione. Preso atto che, nel caso di specie, non appariva dubitabile né la realtà oggettiva sottostante all’operazione (la quale era effettivamente intervenuta, pur concernendo un soggetto diverso rispetto a colui che emise la fattura) né l’inerenza della stessa all’esercizio dell’attività imprenditoriale (e quindi la sua rilevanza ai fini della determinazione dell’imposta), il Tribunale ha concluso per l’insussistenza della fattispecie in quanto la fatturazione delle operazioni, pur indubbiamente “inesistenti” soggettivamente, non si è tuttavia risolta nell’indicazione di elementi passivi fittizi. Assodata la “realità” dei costi sostenuti, il Tribunale ha ritenuto atipica la condotta dell’utilizzatore delle fatture relative ad operazioni inesistenti in quanto “monca” del necessario sbocco: l’indicazione in dichiarazione di costi non effettivamente sostenuti. Ciò sul piano oggettivo della fattispecie, mentre la pronuncia si fa carico di segnalare altresì – condivisibilmente – la perfetta congruenza, sul punto, altresì dell’elemento soggettivo del delitto in questione (4), il quale si limita a tipizzare il perseguimento del fine di evasione in capo al soggetto agente e non altresì il fine di consentire a terzi l’evasione. Dunque, anche dal punto di vista dell’elemento soggettivo, la condotta sottoposta al vaglio del Gip di Genova appare atipica ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000. Ove la definizione di operazione soggettivamente inesistente contenuta nell’art. 1, lettera a), dispiega la propria valenza tipizzante è, invece, in seno all’art. 8 del decreto, laddove continua ad assumere rilevanza penale la mera condotta di emissione di fatture o altri documenti a fronte di “operazioni inesistenti” (5) e tra queste – giusta la lettera dell’art. 1, lettera a) – rientrano altresì le operazioni soggettivamente inesistenti. Al riguardo, vale altresì la pena rilevare come non a caso sia prevista – sul piano dell’elemento soggettivo – la volontà di consentire a terzi l’evasione fiscale. Ed anche questo aspetto della normativa, per quanto a latere rispetto al tema sottoposto al Gip di Genova, viene messo in luce da un’ampia motivazione che, almeno con riferimento alla giurisprudenza di merito, sembra chiudere in modo definitivo [salvo situazioni assolutamente peculiari (6)] il tema della rilevanza penale dell’utilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti. (1) Trib. di Milano, 8 giugno 2000, in “Guida al diritto” n. 34/2000, pag. 107; Trib. di Pinerolo, 13 giugno 2002, in “Rassegna tributaria” n. 6/2002, pag. 2129. (2) Per approfondimenti, sia consentito rinviare a Perini, Alla ricerca di un orientamento giurisprudenziale in materia di successione di norme nel tempo: la dichiarazione infedele tra vecchia e nuova normativa penale tributaria, in “Rassegna tributaria” n. 6/2002, pagg. 2130 e seguenti, ove ulteriori riferimenti anche alla giurisprudenza pronunciatasi sulla normativa previgente. (3) In particolare, di regime fiscale differente tra fornitore “vero” e fornitore “simulato” tale da garantire un differenziale fiscale favorevole al fornitore “simulato”. (4) Cfr. altresì Maccagnani, Fatture soggettivamente false e mancanza di dolo di evasione nell’utilizzatore, in “il fisco” n. 42/2000, pag. 12544. (5) Tale fattispecie è stata esattamente qualificata come continuum legislativo della previsione di cui all’art. 4, lettera d), Papillo-Santoriello, I rapporti fra la L. n. 516 ed ilD.Lgs. n. 74 del 2000, pag. 192. (6) Peraltro segnalate dalla stessa pronuncia. Contenuto Riservato!