Antonio Greco, Il d.p.r. n. 254 del 18 luglio 2006 regolante il risarcimento diretto nel nuovo codice delle assicurazioni: addio all’obbligo di pagamento delle spese di assistenza professionale da parte delle assicurazioni?, in Responsabilità civile e previdenza, 2006, p. 1961.
Il d.p.r. n. 254 del 18 luglio 2006 regolante il risarcimento diretto nel nuovo codice delle assicurazioni: addio all’obbligo di pagamento delle spese di assistenza professionale da parte delle assicurazioni?
di Antonio Greco
Avvocato e dottore di ricerca in Diritto Civile nell’Università di Bologna
Sommario: 1. Premessa. – 2. Brevi cenni sull’azione di risarcimento diretto ex art. 149 del codice delle assicurazioni. – 3. L’art. 9 del d.p.r. 254/206 4. Luci ed ombre sul risarcimento diretto. – 5. Segue: il diritto di difesa dell’assicurato. – 6. Le spese di assistenza professionale. – 7. Segue: la causalità. – 8. Segue: la causalità nel codice delle assicurazioni in tema di risarcimento delle spese di assistenza legale. – 9. Conclusioni.
SINTESI
Il commento offre una prima lettura ed interpretazione del d.p.r. 254/2006 disciplinante la procedura di risarcimento diretto dei danni ex art. 149 del codice delle assicurazioni.
In particolare, l’attenzione è rivolta alla norma di cui all’art. 9 del provvedimento, in cui viene escluso ex lege il diritto del danneggiato ad ottenere il risarcimento delle spese di consulenza ed assistenza legale sostenute nella fase stragiudiziale.
Nel commento si evidenziano, dunque, le opposte tesi miranti a sottolineare, da un lato, gli effetti favorevoli del nuovo sistema risarcitorio, dall’altro lato, i presunti profili di incostituzionalità e contrasto con vari e consolidati istituti giuridici del nuovo modello di risarcimento del danno.
1. Premessa.
Durante la seduta del Consiglio dei Ministri del 30 giugno 2006, a nome del Governo, il Ministro per lo Sviluppo Economico, ha annunziato, in un documento titolato “Cittadino consumatore. Nuove norme sulla concorrenza e i diritti dei consumatori” (1), l’imminenza del varo del decreto del Presidente della Repubblica previsto nell’art. 150 del codice delle assicurazioni (2) con il quale si sarebbe resa operativa la procedura del risarcimento diretto già regolata nell’art. 149 del medesimo codice delle assicurazioni (3).
L’esecutivo, in particolare, senza minimamente curarsi delle copiose critiche mosse dalla dottrina al nuovo sistema codificato nell’art. 149 del codice delle assicurazioni (4), sottolinea, nel documento citato, esclusivamente i diversi effetti positivi che deriverebbero per l’assicurato-danneggiato dal varo del regolamento disciplinante l’indennizzo diretto ovvero, nello specifico, una maggiore difesa apprestata al cittadino (5), una maggiore
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Ragion per cui, in data 28 agosto 2006 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il d.p.r. 18 luglio 2006 numero 254, titolato appunto “Regolamento recante disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, a norma dell’articolo 150 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, – Codice delle assicurazioni private” (9), regolamento che entrerà in vigore, ex art. 15 del medesimo provvedimento, a partire dal 1 gennaio 2007 e si applicherà per i sinistri verificatisi a partire dal 1 febbraio 2007.
2. Brevi cenni sull’azione di risarcimento diretto ex art. 149 del codice delle assicurazioni.
L’art. 149 del codice delle assicurazioni introduce la regola secondo cui i danneggiati, nel caso di sinistro verificatosi tra due veicoli a motore identificati ed assicurati per la responsabilità civile obbligatoria in cui siano derivati danni alle cose o danni alla persona subiti dal conducente non responsabile, sono obbligati a rivolgere la richiesta di risarcimento danni all’impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato, rendendo pertanto obbligatorio e non più facoltativo il c.d. modello C.I.D. – Convenzione per l’indennizzo diretto (10).
La procedura suddetta, titolata “risarcimento diretto”, trova applicazione, giusto il comando di cui all’art. 149, comma 1º, codice delle assicurazioni, nei casi “di sinistro tra due veicoli a motore”; essa, inoltre, riguarda esclusivamente “i danni al veicolo nonché i danni alle cose trasportate di proprietà dell’assicurato o del conducente”, nonché il “danno alla persona subito dal conducente non responsabile” sempre che lo stesso danno rientri nei limiti di cui all’art. 139 del codice delle assicurazioni ovvero tra le lesioni di lieve entità (le c.d. micropermanenti) (11).
Da quanto supra ed a mente del disposto di cui all’art. 149 del codice delle assicurazioni si ricava che la procedura in argomento non è applicabile nelle seguenti ipotesi (12): sinistri con più di due veicoli a motore coinvolti (ad esempio, un tamponamento a catena); sinistri con veicoli a motore non identificati o non assicurati ai fini della responsabilità civile automobilistica; sinistri che coinvolgono veicoli immatricolati all’estero (13); scontri tra biciclette e veicoli a motore; danni alle cose trasportate non di proprietà del contraente assicurato o del conducente del veicolo; danni alla persona subiti da soggetti diversi dal conducente, ivi compreso anche il proprietario (14); danni alla persona del conducente superiori al 10% di invalidità permanente; risarcimento del danno nei casi di decesso.
Inoltrata la richiesta di risarcimento (15), l’impresa del danneggiato è obbligata a provvedere alla liquidazione dei danni per conto dell’impresa di assicurazione del veicolo responsabile, restando salvo, ex art. 149, comma 3º, codice delle assicurazioni, la successiva regolazione dei rapporti tra l’impresa che ha provveduto al risarcimento e l’impresa del danneggiante (16). Nella procedura risarcitoria in commento, dunque, a differenza di quella ordinaria ex art. 148 del codice delle assicurazioni (17), l’impresa destinataria della richiesta di risarcimento non è l’impresa assicuratrice del responsabile del sinistro ma l’impresa di assicurazione del veicolo utilizzato; quest’ultima, inoltre, è legittimata attivamente al pagamento dell’obbligazione risarcitoria non solo nella fase stragiudiziale ma anche in quella giudiziale (18).
La fase immediatamente successiva alla richiesta di risarcimento diretto ha ad oggetto ovviamente la valutazione e liquidazione del danno.
Se il danneggiato-assicurato dichiara di accettare la somma offerta, la propria impresa di assicurazione provvede al pagamento nei quindici giorni successivi rispetto alla ricezione della comunicazione; il danneggiato inoltre è tenuto a rilasciare, ricevuto il pagamento, una quietanza liberatoria da valersi anche nei confronti del responsabile del sinistro e della sua impresa di assicurazione (art. 149, comma 4º, codice delle assicurazioni).
Se il danneggiato-assicurato dichiara invece di non accettare la somma offertagli dal proprio assicuratore, questi sarà comunque tenuto ex art. 149, comma 5º, del codice delle assicurazioni, al pagamento della medesima somma offerta entro quindici rispetto alla data di comunicazione del diniego di accettazione da parte del danneggiato. La somma pagata dall’assicuratore andrà ad essere imputata alla eventuale liquidazione definitiva del maggior danno subito dal danneggiato.
3. L’art. 9 del d.p.r. n. 254/2006.
L’art. 9 in commento, rubricato “Assistenza tecnica e informativa ai danneggiati”, è certamente una delle disposizioni su cui maggiormente si soffermerà l’analisi degli interpreti in quanto il precetto contenuto nella suddetta norma è volto ad eliminare la figura professionale dell’avvocato nella fase stragiudiziale della procedura di risarcimento diretto.
Già nel periodo antecedente la pubblicazione del codice delle assicurazioni vi fu un acceso dibattito sul ruolo che il redigendo testo normativo avrebbe dovuto riservare all’avvocato nella procedura di risarcimento diretto (19); ruolo che non fu affatto definito con la pubblicazione del codice delle assicurazioni, stante la rimessione del problema, ai sensi dell’art. 150 del medesimo codice, ad un emanando d.p.r. (20). La questione, pertanto, ha continuato ad alimentare lo scontro tra la c.d. “lobby degli avvocati”, avversa al provvedimento, e la “strana” coppia, ANIA ed Associazioni dei Consumatori, favorevole invece al nuovo modello che avrebbe dovuto non riconoscere al danneggiato le spese legali sostenute in seno alla fase stragiudiziale (21).
Solo in data 28 agosto 2006, a seguito della pubblicazione del d.p.r. n. 254/2006 che, all’art. 9, comma 2º, si è sgomberato il campo da ogni sorta di equivoco prevedendo testualmente che: “Nel caso in cui la somma offerta dall’impresa di assicurazione sia accettata dal danneggiato, sugli importi corrisposti non sono dovuti compensi per la consulenza o assistenza professionale di cui si sia avvalso il danneggiato diversa da quella medico-legale per i danni alla persona” (22).
La ratio di tale esclusione è da individuarsi, secondo il pensiero del potere esecutivo (23), in una maggiore tutela apprestata al danneggiato dalla propria compagnia di assicurazione; questa, in particolare, secondo il disposto di cui all’art. 9, comma 1º, del d.p.r. n. 254/2006 “nell’adempimento degli obblighi contrattuali di correttezza e buona fede” ha l’obbligo di fornire “al danneggiato ogni assistenza informativa e tecnica utile per consentire la migliore prestazione del servizio e la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno”. Il medesimo articolo in commento inoltre non manca di tipizzare i vari obblighi che l’impresa di assicurazione è tenuta ad adempiere con lealtà nei confronti del danneggiato. La norma prosegue difatti affermando che gli obblighi di correttezza e buona fede “comprendono, in particolare, oltre a quanto stabilito espressamente dal contratto, il supporto tecnico nella compilazione della richiesta di risarcimento, anche ai fini della quantificazione dei danni alle cose e ai veicoli, il suo controllo e l’eventuale integrazione, l’illustrazione e la precisazione dei criteri di responsabilità di cui all’allegato a)”.
4. Luci ed ombre sul risarcimento diretto.
Le luci ed i pregi del sistema di risarcimento diretto sono individuati, così come riferito anche supra, in un incentivo alla definizione stragiudiziale delle controversie, con contestuale riduzione del contenzioso giudiziario, dei costi di litigation e dei premi di polizza, nonché in una riduzione da parte delle compagnie di assicurazione dei margini di incertezza sul quantum risarcitorio (24).
Riguardo il primo aspetto si sottolinea che l’instaurazione di un rapporto diretto tra l’impresa assicuratrice ed il proprio cliente-danneggiato disincentiva comportamenti opportunistici (25); circa la riduzione dei margini di incertezza sull’ammontare del risarcimento si evidenzia come l’assicuratore del danneggiato, essendo a conoscenza dell’età, del reddito, dell’attitudine di rischio, del tipo di autovettura, ecc., è in grado di procedere alla stima e liquidazione del danno in modo più preciso e sicuro (26).
Quanto precede, tuttavia, si presta ad essere assorbito da diverse perplessità e da varie osservazioni critiche mosse alla nuova disciplina risarcitoria che riguardano presunti profili di incostituzionalità, con varie violazioni di consolidati principi generali in tema di responsabilità civile, nonché problemi di conflitto di interesse in capo alla medesima compagnia di assicurazione che può assurgere, in un medesimo evento lesivo, a ruolo di soggetto attivo e passivo del risarcimento del danno.
Sui presunti profili di incostituzionalità si segnala, innanzitutto, l’eccesso di delega ex art. 76 della cost. in cui è incorso il legislatore delegato.
L’art. 4 della legge delega (27), difatti, nel trattare il tema del risarcimento dei danni e della liquidazione dei sinistri, imponeva all’esecutivo di rispettare i principi ed i criteri direttivi a tutela del consumatore e, in generale, dei contraenti più deboli, limitatamente al profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche al processo di liquidazione dei sinistri, ivi compresi anche gli aspetti strutturali di tale servizio.
Al contrario il Governo, contravvenendo ai principi ed ai criteri direttivi indicati nella legge delega, si è rivolto, nell’art. 149 del codice delle assicurazioni, non ai soggetti indicati nell’art. 4 della l. 229/2003 (consumatore e contraente debole), ma alla vittima di sinistri stradali (il danneggiato) che non è certamente consumatore (28) né, tanto meno controparte contrattuale del danneggiante o della compagnia di assicurazione dello stesso danneggiante (29).
Ancora, un ulteriore eccesso di delega può ravvisarsi nell’avere l’Esecutivo mutato il soggetto legittimato passivo dell’azione diretta. Mentre nel recente passato il responsabile civile doveva obbligatoriamente essere convenuto in giudizio, unitamente alla propria compagnia di assicurazione, quale coobbligato in solido al risarcimento del danno causato, oggi giorno, invece, il danneggiato deve proporre l’azione diretta esclusivamente, ex art. 149, comma 6º, del codice delle assicurazioni, nei confronti della propria impresa di assicurazione (30), godendo così il danneggiante “del privilegio d’una sostanziale immunità aquiliana” (31). A mente del disposto dell’art. 4 l. 29 luglio 2003, n. 229, supra richiamato, è lampante lo stravolgimento della delega operata dall’Esecutivo che ha alterato, del tutto inopinatamente, il principio generale del neminem ledere con contestuale abrogazione dell’azione ex artt. 2043, 2054 e 1917 c.c. nei confronti del danneggiante.
Ulteriore profilo di contrasto con la Carta Costituzionale del sistema di risarcimento diretto è riscontrabile nella lesione, operata dalle norme in commento, del principio di uguaglianza e, nello specifico, del principio di ragionevolezza delle leggi.
In particolare, il principio di uguaglianza avanti alla legge ex art. 3 della Costituzione impone al legislatore di non discriminare i singoli individui.
La regola, tuttavia, non ha valenza assoluta in quanto in alcuni casi è necessario, per preservare e garantire le singole individualità, prevedere delle discipline differenziate per alcune categorie di soggetti (32). Ovviamente, per evitare illegittimi arbitri del potere legislativo posti in violazione del principio di uguaglianza, nei casi di disciplina differenziata il divieto di atti discriminatori assume un duplice significato: le leggi non devono avere carattere personale o singolare, a meno che non vi siano giustificate ragioni; la disciplina differenziata è vietata quando presenta discriminazioni irrazionali o irragionevoli (33).
Ragion per cui il principio di uguaglianza si evolve nel principio di ragionevolezza delle leggi secondo il quale le disposizioni normative devono essere adeguate e congrue rispetto al fine perseguito dal legislatore e non devono essere in contraddizione con il pubblico interesse, pena l’abrogazione per illegittimità costituzionale per vizio di eccesso di potere legislativo (34).
Ciò premesso, è lampante che con l’introduzione del risarcimento diretto vi sia la lesione del principio di ragionevolezza delle leggi in quanto, per il medesimo fatto illecito, il danneggiato dovrà sottostare a differenti discipline, con applicazioni di diverse norme giuridiche; il quantum risarcito, inoltre, sarà differente e differenti saranno anche le attribuzione di responsabilità a secondo che il danneggiato si trovi nelle condizioni elencate dall’art. 149 del codice delle assicurazioni ovvero nella altre ipotesi in cui si applicherà la differente procedura regolata nell’art. 148 del medesimo codice delle assicurazioni (35). Scaturiranno, pertanto, da un identico danno ingiusto diverse responsabilità e differenti risarcimenti (36).
Abbandonati i profili aventi ad oggetto le possibili censure di incostituzionalità del nuovo modello risarcitorio, si segnala un ulteriore problema interpretativo ed applicativo riguardanti il conflitto di interessi in cui può trovarsi l’impresa di assicurazione tenuta al risarcimento del danno.
Difatti, ai sensi dell’art. 9, comma 1º, del d.p.r. n. 254/2006: “l’impresa, nell’adempimento degli obblighi contrattuali di correttezza e buona fede, fornisce al danneggiato ogni assistenza informativa e tecnica utile per consentire la migliore prestazione del servizio e la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno […]”. L’assicuratore del danneggiato, pertanto, dovrà adoperarsi per far ottenere al proprio assicurato-danneggiato, giusto il comando della norma che precede, “la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno” ovvero, cambiando le parole ma non modificando gli effetti finali, la liquidazione della somma più elevata possibile al fine di coprire tutti i pregiudizi patiti dallo stesso a causa del sinistro secondo le regole della migliore tecnica liquidativa.
Al contrario, invece, l’assicuratore del danneggiante cercherà di pagare, per ottenere il maggior profitto realizzabile, la minor somma possibile al danneggiato.
Queste, dunque, le contrapposte prospettive in cui si trovano l’impresa del danneggiato e quella del danneggiante: la prima mirerà ad ottenere l’integrale risarcimento del danno patito dal proprio assicurato, la seconda, invece, vorrà pagare il meno possibile.
Premesso quanto precede e considerato altresì che nel sistema italiano sono presenti esclusivamente 124 imprese di assicurazione che detengono l’intera quota del mercato della responsabilità civile automobilistica (37), è facilmente ipotizzabile che in un rilevante numero di incidenti stradali vi sia un medesimo soggetto che ha assicurato ai fini r.c.a. sia il danneggiato che il danneggiante.
La medesima compagnia di assicurazione dovrebbe, da un lato, pagare a titolo di risarcimento la minor somma possibile al fine di realizzare il proprio scopo sociale (il lucro), dall’altro lato, invece, dovrebbe risarcire la maggior somma possibile per adempiere gli obblighi contrattuali e di correttezza indicati nell’art. 9 in argomento a favore del proprio contraente-danneggiato.
Da quanto precede è lapalissiano il conflitto di interesse in capo al medesimo soggetto stante l’incompatibilità tra le esigenze proprie dell’impresa commerciale e la tutela delle opposte esigenze del proprio assicurato-danneggiato.
Delle due, l’una.
5. Segue: il diritto di difesa dell’assicurato.
Al fine di consentire alle parti private la possibilità di interloquire quanto più efficacemente possibile nel processo e prima del processo con le eventuali controparti e con il giudice, la legge pone accanto a costoro individui forniti di specifica preparazione nel settore giuridico. Tali soggetti, definiti ausiliari, “non stanno per sé, ma esistono in virtù di una relazione con altri soggetti” (38) in funzione dei quali operano a scopo di garanzia.
Quanto supra, trova legittimazione e piena consacrazione nel nostro ordinamento giuridico per effetto del disposto di cui all’art. 24 della Costituzione che prevede e garantisce il diritto di difesa di ogni individuo, rispetto al quale, il principio della regolarità del contraddittorio tra le parti, si pone quale suo indispensabile presupposto.
Applicando tale principio al tema del risarcimento del danno da r.c.a., si avrà la possibilità per il danneggiato vittima di un sinistro stradale di avvalersi di un proprio ausiliario (sia esso un legale o un perito di infortunistica stradale) (39), al fine di ottenere un rapido ed integrale risarcimento stragiudiziale da parte della compagnia d’assicurazione. Il ricorso all’assistenza di un professionista consentirà, dunque, al danneggiato di non trovarsi in una condizione di inferiorità nella conduzione delle trattative con l’assicuratore (40).
Nel recente passato, nonostante qualche voce di segno contrario (41), gli interpreti erano pressoché concordi nel ritenere che le spese di assistenza stragiudiziale anticipate dal danneggiato dovevano essere rimborsate da parte delle imprese assicuratrici (42). La Cassazione, in particolare, aveva financo ammesso l’obbligo da parte dell’assicuratore del danneggiante di liquidare al danneggiato le spese di assistenza stragiudiziale nell’ipotesi in cui vi fosse stata una definizione transattiva e bonaria della vertenza prima dello spirare del termine di 60 giorni previsto ex art. 22 l. 990/1069, così come integrato dall’art. 5 l. 57/2001 (43). La Suprema corte, nel caso specifico, aveva affermato che “non è dubbio che l’attuale sistema legislativo in materia di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile da circolazione stradale composto da vari elementi legislativi susseguitisi nel tempo, non è di agevole conoscenza da parte degli utenti e che non tutti hanno il tempo disponibile per l’adempimento delle relative formalità” (44). Ragion per cui era opportuno e necessario, onde rispettare il principio di uguaglianza delle parti ed il correlativo diritto di difesa, l’intervento di un professionista già nello spatium deliberandi “non solo per dirimere eventuali divergenze su punti della controversia, quanto per garantire già in questa prima fase la regolarità del contraddittorio, ove si osservi che l’istituto assicuratore non solo è economicamente più forte, ma anche tecnicamente organizzato e professionalmente attrezzato per affrontare tutte le problematiche in materia di risarcimento del danno da circolazione stradale, attesa la complessità e molteplicità dei principi regolatori della materia” (45).
Questo, in estrema sintesi, era la situazione consolidata nel previgente sistema assicurativo.
Oggi, invece, per effetto dell’art. 9, comma 2º, del d.p.r. n. 254/2006 è legislativamente previsto che l’impresa di assicurazione nelle ipotesi in cui provveda ad offrire una somma a titolo di risarcimento del danno non risarcisca alcunché al danneggiato a titolo di “compensi per la consulenza o assistenza professionale […] diversa da quella medico-legale per i danni alla persona”.
6. Le spese di assistenza professionale.
Così come riferito nel paragrafo che precede, prima dell’emanazione del codice delle assicurazioni la giurisprudenza ammetteva pacificamente la risarcibilità delle spese di assistenza legale sostenute dal danneggiato per ottenere la condanna giudiziale del responsabile civile (46); il risarcimento era anche ammesso laddove vi fosse stata una definizione stragiudiziale della vertenza prima del decorso dello spatium deliberandi ex art. 22 l. 990/1969 (47).
Le spese di assistenza professionale, in particolare, venivano ricomprese nel danno emergente e venivano risarcite in quanto conseguenza immediata e diretta del sinistro causato, ex art. 1223 c.c. (48).
I precedenti giurisprudenziali in cui era stato escluso il risarcimento delle spese legali stragiudiziali riguardavano fattispecie contraddistinte da una conclamata inutilità dell’opera prestata dal professionista, stante la mancanza, nei casi di specie oggetto di giudicato, di particolari questioni giuridiche le cui soluzioni necessitavano l’ausilio e l’opera dell’avvocato. Riguardavano, nello specifico, i classici tamponamenti fra vetture con soli danni alle cose, in cui non c’era questione in ordine all’an ed al quantum respondeatur (49) e l’opera prestata dal professionista non era indispensabile in quanto rappresentava una semplice comodità per il danneggiato. Dunque, le spese di assistenza legale stragiudiziale non venivano considerate danno risarcibile ex artt. 1223 e 2043 c.c. per mancanza di nesso causale tra la diminuzione patrimoniale del danneggiato e la condotta del terzo responsabile ovvero perché le stesse costituivano un aggravamento del danno per l’assicuratore ex art. 1227 c.c.
Da quanto supra è lampante il ruolo decisivo che svolgeva la causalità sul tema della risarcibilità (50), o meno, delle spese di assistenza legale stragiudiziale, ragion per cui sarà necessario prima di interrogarsi sull’effettiva portata ed applicabilità dell’art. 9, comma 2º, d.p.r. n. 254/2006, dare brevi cenni sull’istituto della causalità nel nostro sistema giuridico.
7. Segue: la causalità in generale.
Nel nostro codice civile manca una definizione espressa di causalità (51); essa, tuttavia, è individuata sia nell’espressione “cagiona ad altri un danno ingiusto” di cui all’art. 2043 c.c., che in quella dell’art. 1223 c.c. secondo cui, nella selezione degli effetti pregiudizievoli del fatto dannoso è suscettibile di risarcimento soltanto la “conseguenza immediata e diretta”.
Con la prima espressione ci si riferisce alla causalità di fatto che serve quale criterio di imputazione della responsabilità (essa risponde alla domanda: chi è stato?); con la seconda, alla causalità giuridica che serve per determinare l’ammontare del danno risarcibile (la domanda a cui si deve rispondere in questo caso è: quanto si deve pagare?) (52). Le due causalità rispondono dunque a finalità differenti (53). Logicamente, l’indagine volta ad accertare la causalità di fatto è preliminare rispetto all’indagine relativa alla delimitazione delle conseguenze dannose risarcibili (la causalità giuridica).
Per accertare la sussistenza della causalità di fatto vengono essenzialmente applicate, da dottrina e giurisprudenza, diverse teorie: la teoria della conditio sine qua non (54), la teoria della prevedibilità dell’evento (55), la teoria della causalità adeguata (56), la teoria dello scopo della norma violata (57), la teoria della sussunzione sotto leggi scientifiche (58) e, da ultimo, in ambito penalistico, la teoria della causalità come signoria del fatto (59). La formulazione delle sopraddette regole pratiche relative all’accertamento della causalità hanno lo scopo, nel momento in cui viene imputato il fatto al responsabile, di rendere equo lo spostamento patrimoniale conseguente alla condanna al risarcimento (60).
Riguardo la causalità giuridica, il giudizio di condanna al risarcimento del danno va scomposto in due distinte operazioni: una consistente nella determinazione del pregiudizio con contestuale identificazione delle sue conseguenze sul patrimonio; l’altra nella traduzione in termini monetari dell’area del danno identificato con l’operazione che precede (61). La determinazione del danno è effettuata, dunque, tramite le regole contenute nell’art. 1223 c.c., secondo le quali, tra il fatto (inteso come evento di danno) ed il danno (inteso come perdita patrimoniale risarcibile) deve sussistere una relazione da causa ad effetto in forza della quale il secondo appaia riconducibile al primo (62).
Le regole ex art. 1223 c.c. vanno ulteriormente arricchite ed integrate con l’art. 1227 c.c., per il danno extracontrattuale, e con l’art. 1225 c.c., per il danno contrattuale, al fine di determinare il contenuto del danno, utile ai fini della stima dello stesso.
La norma di cui all’art. 1227 c.c. contiene due distinte regole che trovano applicazione in momenti diversi del giudizio di responsabilità (63). La prima parte dell’art. 1227, comma 1º, c.c. (“se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno”) indica le modalità per ricostruire il fatto e si pone, quale giudizio sull’illecito, con soluzione di continuità rispetto al contenuto dell’art. 41, comma 2º, c.p. (64) (il fatto del danneggiato interviene dunque a spezzare il legame esistente, a monte, tra il comportamento del soggetto agente e l’evento, escludendo così la totale imputabilità del fatto all’agente (65). La seconda parte della norma (“il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate”) indica il contenuto del rapporto causale tra il fatto ed il danno e detta il criterio per delimitare il pregiudizio imputabile al danneggiante (66).
La norma menziona la causalità in due circostanze: parla di causalità, intesa quale causalità di fatto, per accertare se vi sia stato il concorso del danneggiato; ancora, si riferisce alla causalità giuridica, quando indica i criteri per ridurre il risarcimento del danno (67).
La disciplina del danno ulteriore imputabile al danneggiato è prevista nel cpv. della norma citata e riguarda il comportamento del soggetto passivo dell’illecito che, con la propria condotta, aggrava ed amplifica il danno astrattamente imputabile al responsabile. Il comando contenuto nell’art. 1227, comma 2º, c.c., esclude il risarcimento di tutte quelle conseguenze pregiudizievoli causalmente determinate da un evento imputabile allo stesso danneggiato (68), quando le stesse erano evitabili con l’uso dell’ordinaria diligenza da parte del creditore (69).
8. Segue: la causalità nel codice delle assicurazioni in tema di risarcimento delle spese di assistenza legale.
Nei paragrafi che precedono si è evidenziato il ruolo svolto dalla causalità nel precedente sistema di risarcimento danni da r.c.a. in tema di risarcibilità delle spese di assistenza legale.
Nel nuovo modello normativo il tema della corresponsione delle spese legali è affrontato diversamente a seconda che si tratti di procedura ordinaria ex art. 148, comma 11º, del codice delle assicurazioni private, ovvero di risarcimento diretto ex artt. 149 e 150 del codice della assicurazioni e 9, comma 2º del d.p.r. n. 254/206. Nella procedura ordinaria, difatti, è prevista la risarcibilità delle spese stragiudiziali (70) mentre, così come già riferito in precedenza, nella procedura di risarcimento diretto le stesse sono escluse ex lege dal novero dei danni risarcibili da parte delle compagnie di assicurazione.
In dottrina si è osservato che la non risarcibilità delle spese di assistenza legale stragiudiziale si basa su di una presunzione iuris et de iure di assenza di causalità tra l’illecito di cui all’art. 2054 c.c. e la necessità, per il danneggiato, di rivolgersi ad un legale (71). Esse, in particolare, sono considerate conseguenze remote ed indirette dell’illecito e, dunque, non risarcibili; il legislatore ha tipizzato, difatti, i principi secondo i quali ogni assicurato di media diligenza, tramite il proprio assicuratore, è in grado di ottenere il giusto risarcimento senza avvalersi dell’assistenza tecnico-giuridica di un professionista.
Dall’esame del disposto letterale dell’art. 9, comma 2º, del d.p.r. in argomento, ritengo tuttavia che il dogma della irrisarcibilità delle spese legali stragiudiziali abbia poco a che vedere con il sistema delle prove indirette di cui le presunzioni iuris et de iure sono una espressione. L’art. 9, comma 2º, del d.p.r. n. 254/206 configura difatti una semplice norma proibitiva (72).
Le norme proibitive, in particolare, sono identificate in quei precetti volti esclusivamente ad elidere diritti altrimenti esistenti (73). La fattispecie delineata nell’art. 9 del d.p.r. in argomento esclude dunque ope legis la risarcibilità dei compensi sostenuti dal danneggiato per consulenza o assistenza professionale (74).
9. Conclusioni.
È particolarmente arduo riuscire a salvare il nuovo modello di risarcimento diretto del danno da r.c.a. La norma proibitiva contenuta nell’art. 9, comma 2º, del d.p.r. n. 254/206 ovvero la presunzione iuris et de iure di irrasarcibilità delle spese legali stragiudiziali si presta, considerato tutto quanto esposto nelle pagine che precedono, ad una serie di critiche e di obiezioni: la nuova procedura di risarcimento del danno viola norme, regole e principi, non solo del diritto positivo ma anche del dettato costituzionale.
Allo stato attuale – auspicando il prima possibile un intervento abrogativo o comunque chiarificatore del Giudice delle Leggi (75) – si segnala che sicuramente le compagnie assicurative non liquideranno alcunché al danneggiato a titolo di onorari per competenze legali, nelle ipotesi di risarcimento del danno ex art. 149 del codice delle assicurazioni.
Nei casi in cui, tuttavia, l’opera prestata dal professionista sia stata indispensabile per la definizione stragiudiziale della vertenza ovvero la stessa abbia avuto una effettiva incidenza causale per il risarcimento integrale del danno subito dal danneggiato si assisterà ad un proliferarsi del contenzioso giudiziario sul punto vanificando pertanto la decantata ratio del nuovo modello risarcitorio.
1() Il testo esplicativo dei provvedimenti emanati dal Ministro per lo Sviluppo Economico in seno al Consiglio dei Ministri del 30 giugno 2006 è visionabile in www.governo.it/GovernoInforma/documenti_ministeri/bersani_def.dpf.
2() Tale articolo, titolato “Disciplina del sistema del risarcimento diretto”, prevede che: “[1]. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle attività produttive, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice sono stabiliti: a) i criteri di determinazione del grado di responsabilità delle parti anche per la definizione dei rapporti interni tra le imprese di assicurazione; b) il contenuto e le modalità di presentazione della denuncia di sinistro e gli adempimenti necessari per il risarcimento del danno; c) le modalità, le condizioni e gli adempimenti dell’impresa di assicurazione per il risarcimento del danno; d) i limiti e le condizioni di risarcibilità dei danni accessori; e) i principi per la cooperazione tra le imprese di assicurazione, ivi compresi i benefici derivanti agli assicurati dal sistema di risarcimento diretto. [2]. Le disposizioni relative alla procedura prevista dall’articolo 149 non si applicano alle imprese di assicurazione con sede legale in altri Stati membri che operano nel territorio della Repubblica ai sensi degli articoli 23 e 24, salvo che le medesime abbiano aderito al sistema di risarcimento diretto. [3]. L’ISVAP vigila sul sistema di risarcimento diretto e sui principi adottati dalle imprese per assicurare la tutela dei danneggiati, il corretto svolgimento delle operazioni di liquidazione e la stabilità delle imprese”.
3() Tra gli autori che si sono occupati della procedura ex art. 149 del codice delle assicurazioni segnalo, ex plurimis: Bona, Risarcimento del danno, procedure di liquidazione e azione diretta nel “codice delle assicurazioni”: prime riflessioni critiche, in Resp. civ., 2005, p. 1171 e ss.; Rossetti, Le novità del codice delle assicurazioni, in Corriere giur., 2006, p. 125 e ss.; Cassano, L’azione di risarcimento nel nuovo codice delle assicurazioni, in Danno e resp., 2006, p. 364 e ss.; Id., L’azione di risarcimento nel nuovo codice delle assicurazioni, in Arch. circolaz., 2006, p. 441 e ss.; Cuocci, La disciplina della responsabilità civile automobilistica nel codice delle assicurazioni private, in Danno e resp., 2006, p. 385 e ss.; Partisani, L’assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore e dei natanti nel nuovo testo unico assicurativo, in Resp. civ., 2006, p. 763 e ss.; Id., L’indennizzo diretto e le spese di consulenza legale stragiudiziale, in Resp. civ., 2006, p. 363 e ss.; Bacchelli, Diritti delle vittime della strada – il nuovo codice delle assicurazioni, in Arch. circolaz., 2006, p. 349; Verenuso, Quelle incongruenze dell’indennizzo diretto che comprimono il diritto alla difesa, in Guida al dir., 2005, p. 38, 11 e ss.; Gallone, Le spese di assistenza stragiudiziale nel codice delle assicurazioni, in Arch. circolaz., 2006, p. 123; Candian, Paci, Prosperetti, Galli, L’indennizzo diretto: analisi e riflessioni, in Dir. ed econom. dell’assicuraz., 2005, p. 647 e ss.; Quadri, Indennizzo diretto generalizzato: cui prodest?, in www.altalex.com; Id., L’incostituzionalità preannunciata dell’indennizzo diretto, in www.altalex.com; Mannacio, Indennizzo diretto: il salto nel buio, in www.altalex.com.
4() Sull’argomento vedi infra par. 4.
5() Si legge nel documento dell’Esecutivo del 30 giugno 2006 che a seguito della procedura risarcitoria in argomento ci saranno per il danneggiato “più tutele legate al rapporto fiduciario e maggiore celerità: l’automobilista, infatti, si rapporterà direttamente con la propria agenzia di assicurazione che gli fornirà tutta l’assistenza tecnica ed informativa di cui ha bisogno”.
6() Sul punto, si legge che ulteriore effetto dell’indennizzo diretto sarà una “liquidazione immediata del danno all’assicurato: si accorceranno drasticamente i tempi di attesa per il risarcimento del danno, perché l’automobilista non dovrà più attendere che vi provveda l’agenzia di assicurazione del danneggiante, ma sarà la sua stessa agenzia (che con lui ha un rapporto di fiducia) a liquidarlo tempestivamente”.
7() Nel documento sono riportati testualmente quali ulteriori conseguenze del nuovo modello: “diminuzione del costo dei premi rc auto nel lungo periodo: il rapporto diretto con il proprio assicuratore, oltre a consentire una verifica immediata del servizio offerto, rafforzerà il rapporto fiduciario che deve essere alla base di un contratto assicurativo e tenderà a frenare comportamenti non virtuosi che spesso sono alla base di contenziosi artificiosi con conseguente lievitazione dei premi”; nonché “nuove possibilità di sconti: al momento della stipula del contratto, l’assicurato può aderire volontariamente al meccanismo del risarcimento diretto beneficiando così di uno sconto sul premio, che deve essere indicato espressamente nel contratto”.
8() Si legge sul punto: “Eliminazione del costo legato al pagamento dei consulenti professionali in determinate circostanze: l’automobilista non dovrà più pagare consulenti professionali e periti nel caso in cui dia il proprio consenso all’offerta di risarcimento del danno avanzata da parte della propria agenzia di assicurazione”.
9() Uno dei primi commenti al d.p.r. 254/2006 è di Martini, Luci e ombre dell’iter di liquidazione, in Guida al dir., 2006, p. 36, 29 e ss.
10() Il testo della convenzione CID è consultabile in www.ania.it.
11() L’art. 139 del codice delle assicurazioni, titolato “Danno biologico per lesioni di lieve entità”, prevede: “[1]. Il risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, è effettuato secondo i criteri e le misure seguenti: a) a titolo di danno biologico permanente, è liquidato per i postumi da lesioni pari o inferiori al nove per cento un importo crescente in misura più che proporzionale in relazione ad ogni punto percentuale di invalidità; tale importo è calcolato in base all’applicazione a ciascun punto percentuale di invalidità del relativo coefficiente secondo la correlazione esposta nel comma 6º. L’importo così determinato si riduce con il crescere dell’età del soggetto in ragione dello zero virgola cinque per cento per ogni anno di età a partire dall’undicesimo anno di età. Il valore del primo punto è pari ad euro seicentosettantaquattro virgola settantotto; b) a titolo di danno biologico temporaneo, è liquidato un importo di euro trentanove virgola trentasette per ogni giorno di inabilità assoluta; in caso di inabilità temporanea inferiore al cento per cento, la liquidazione avviene in misura corrispondente alla percentuale di inabilità riconosciuta per ciascun giorno. [2]. Agli effetti di cui al comma 1º per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente all’integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito. [3]. L’ammontare del danno biologico liquidato ai sensi del comma 1º può essere aumentato dal giudice in misura non superiore ad un quinto, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato […]”.
12() Sull’argomento vedi Bona, ult. op. cit., p. 1193; Rossetti, ult. op. cit., p. 131.
13() L’assunto è confermato nell’art. 4 del d.p.r. attuativo, secondo cui: “la disciplina del risarcimento diretto si applica ai sinistri che coinvolgono: 1. veicoli immatricolati in Italia; 2 veicoli immatricolati nella Repubblica di San Marino e nello Stato Città del Vaticano, se assicurati con imprese con sede legale nello Stato italiano o con imprese che esercitino l’assicurazione obbligatoria responsabilità civile auto ai sensi degli articoli 23 e 24 del codice delle assicurazioni private e che abbiano aderito al sistema del risarcimento diretto”.
14() Cfr., art. 3, comma 2º, d.p.r. n. 254/2006, che prevede: “qualora i terzi trasportati subiscano lesioni, la relativa richiesta del risarcimento del danno resta soggetta alla specifica procedura prevista dall’articolo 141 del codice”.
15() La richiesta di risarcimento, secondo quanto previsto nell’art. 6 del d.p.r. in argomento, deve contenere, nei casi in cui vi siano danni al veicolo od alle cose: “i nomi degli assicurati; le targhe dei due veicoli coinvolti; la denominazione delle rispettive imprese; la descrizione delle circostanze e delle modalità del sinistro; le generalità di eventuali testimoni; l’indicazione dell’eventuale intervento degli Organi di polizia; il luogo, i giorni e le ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per la perizia diretta ad accertare l’entità del danno”.
Nei casi in cui, invece, vi siano anche lesioni all’integrità psico-fisica del conducente devono essere ondocati altresì: “l’età, l’attività e il reddito del danneggiato; l’entità delle lesioni subite; la dichiarazione di cui all’articolo 142 del codice circa la spettanza o meno di prestazioni da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie; l’attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione, con o senza postumi permanenti; l’eventuale consulenza medico legale di parte, corredata dall’indicazione del compenso spettante al professionista”.
16() La regolazione dei rapporti tra la compagnia di assicurazione del danneggiante e quella del danneggiato è disciplinata dall’art. 13 del d.p.r. in argomento, secondo cui: “[1] Le imprese di assicurazione stipulano fra loro una convenzione ai fini della regolazione dei rapporti organizzativi ed economici per la gestione del risarcimento diretto. [2]. Per la regolazione contabile dei rapporti economici, la convenzione deve prevedere una stanza di compensazione dei risarcimenti effettuati. Per i danni a cose le compensazioni avvengono sulla base di costi medi che possono essere differenziati per macroaree territorialmente omogenee in numero non superiore a tre. Per i danni alla persona, le compensazioni possono avvenire anche sulla base di meccanismi che prevedano l’applicazione di franchigie a carico dell’impresa che ha risarcito il danno, secondo le regole definite dalla convenzione. [3]. L’attività della stanza di compensazione deve svolgersi in regime di completa autonomia rispetto alle imprese di assicurazione ed ai loro organismi associativi. [4]. I valori dei costi medi e delle eventuali franchigie di cui al comma 2º vengono calcolati annualmente sulla base dei risarcimenti effettivamente corrisposti nell’esercizio precedente per i sinistri rientranti nell’ambito di applicazione del sistema di risarcimento diretto. Per il calcolo annuale dei valori da assumere ai fini delle compensazioni, sulla base dei dati forniti dalla stanza di compensazione di cui al comma 2º è istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un Comitato tecnico composto dai seguenti componenti: a) un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, con funzioni di Presidente; b) un rappresentante dell’ISVAP; c) un rappresentante dell’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici; d) un esperto in scienze statistiche ed attuariali; e) due rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti. L’esperto di cui alla lettera d) non deve avere svolto, nei due anni precedenti la nomina, incarichi presso imprese di assicurazione. [5]. Per il primo anno di applicazione del sistema di risarcimento diretto, il Comitato tecnico calcola i valori di cui al comma 4º sulla base di statistiche di mercato. [6]. I componenti il Comitato sono nominati con decreto del Ministro dello sviluppo economico per la durata di un triennio e possono essere riconfermati una sola volta. Il Comitato delibera a maggioranza e, in caso di parità, prevale il voto del Presidente. [7]. Il costo relativo al funzionamento della convenzione è posto a carico delle imprese che aderiscono al sistema di risarcimento diretto. [8]. Le imprese con sede legale in altri Stati membri dell’Unione europea che operano nel territorio della Repubblica, ai sensi degli articoli 23 e 24 del codice, hanno facoltà di aderire al sistema di risarcimento diretto mediante sottoscrizione della convenzione di cui al comma 1º. [9]. Non costituiscono prestazioni di servizi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto le regolazioni dei rapporti tra imprese nell’ambito della procedura di risarcimento diretto. [10]. Le informazioni, acquisite nell’ambito dei rapporti organizzativi ed economici per la gestione del risarcimento diretto, possono essere utilizzati, esclusivamente, per le finalità della stessa stanza di compensazione”.
17() Tale articolo, titolato “Procedura di risarcimento”, prevede: “[1]. Per i sinistri con soli danni a cose, la richiesta di risarcimento, presentata secondo le modalità indicate nell’articolo 145, deve essere corredata dalla denuncia secondo il modulo di cui all’articolo 143 e recare l’indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e del luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per l’ispezione diretta ad accertare l’entità del danno. Entro sessanta giorni dalla ricezione di tale documentazione, l’impresa di assicurazione formula al danneggiato congrua offerta per il risarcimento ovvero comunica specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta. Il termine di sessanta giorni è ridotto a trenta quando il modulo di denuncia sia stato sottoscritto dai conducenti coinvolti nel sinistro. [2]. L’obbligo di proporre al danneggiato congrua offerta per il risarcimento del danno, ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta, sussiste anche per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso. La richiesta di risarcimento deve essere presentata dal danneggiato o dagli aventi diritto con le modalità indicate al comma 1º. La richiesta deve contenere l’indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e la descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro ed essere accompagnata, ai fini dell’accertamento e della valutazione del danno da parte dell’impresa, dai dati relativi all’età, all’attività del danneggiato, al suo reddito, all’entità delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, nonché dalla dichiarazione ai sensi dell’articolo 142, comma 2º, o, in caso di decesso, dallo stato di famiglia della vittima. L’impresa di assicurazione è tenuta a provvedere all’adempimento del predetto obbligo entro novanta giorni dalla ricezione di tale documentazione. [3]. Il danneggiato, pendenti i termini di cui al comma 2º e fatto salvo quanto stabilito al comma 5º non può rifiutare gli accertamenti strettamente necessari alla valutazione del danno alla persona da parte dell’impresa. Qualora ciò accada, i termini di cui al comma 2º sono sospesi. [4]. L’impresa di assicurazione può richiedere ai competenti organi di polizia le informazioni acquisite relativamente alle modalità dell’incidente, alla residenza e al domicilio delle parti e alla targa di immatricolazione o altro analogo segno distintivo, ma è tenuta al rispetto dei termini stabiliti dai commi 1º e 2º, anche in caso di sinistro che abbia determinato sia danni a cose che lesioni personali o il decesso. [5]. In caso di richiesta incompleta l’impresa di assicurazione richiede al danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della stessa le necessarie integrazioni; in tal caso i termini di cui ai commi 1º e 2º, decorrono nuovamente dalla data di ricezione dei dati o dei documenti integrativi. [6]. Se il danneggiato dichiara di accettare la somma offertagli, l’impresa provvede al pagamento entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione. [7]. Entro ugual termine l’impresa corrisponde la somma offerta al danneggiato che abbia comunicato di non accettare l’offerta. La somma in tal modo corrisposta è imputata nella liquidazione definitiva del danno. [8]. Decorsi trenta giorni dalla comunicazione senza che l’interessato abbia fatto pervenire alcuna risposta, l’impresa corrisponde al danneggiato la somma offerta con le stesse modalità, tempi ed effetti di cui al comma 7º. [9]. Agli effetti dell’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo, l’impresa di assicurazione non può opporre al danneggiato l’eventuale inadempimento da parte dell’assicurato dell’obbligo di avviso del sinistro di cui all’articolo 1913 del codice civile. [10]. In caso di sentenza a favore del danneggiato, quando la somma offerta ai sensi dei commi 1º o 2º, sia inferiore alla metà di quella liquidata, al netto di eventuale rivalutazione ed interessi, il giudice trasmette, contestualmente al deposito in cancelleria, copia della sentenza all’ISVAP per gli accertamenti relativi all’osservanza delle disposizioni del presente capo. [11]. L’impresa, quando corrisponde compensi professionali per l’eventuale assistenza prestata da professionisti, è tenuta a richiedere la documentazione probatoria relativa alla prestazione stessa e ad indicarne il corrispettivo separatamente rispetto alle voci di danno nella quietanza di liquidazione. L’impresa, che abbia provveduto direttamente al pagamento dei compensi dovuti al professionista, ne dà comunicazione al danneggiato, indicando l’importo corrisposto”.
18() L’art. 149, comma 6º, codice delle assicurazioni, prevede testualmente che: “in caso di comunicazione dei motivi che impediscono il risarcimento diretto ovvero nel caso di mancata comunicazione di offerta o di diniego di offerta entro i termini previsti dall’art. 148 o di mancato accordo, il danneggiato può proporre l’azione diretta di cui all’art. 145, comma 2º, nei soli confronti della propria impresa di assicurazione. L’impresa di assicurazione del veicolo del responsabile può chiedere di intervenire nel giudizio e può estromettere l’altra impresa, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato ferma restando, in ogni caso, la successiva regolazione dei rapporti tra le imprese medesime secondo quanto previsto nell’ambito del sistema di risarcimento diretto”.
19() Si veda sul punto Bona, ult. op. cit., p. 1198, il quale riporta le considerazioni critiche svolte dalla Giunta dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura nel documento su RC auto del 2 luglio 2005, le dichiarazioni rilasciate nel comunicato stampa del 28 luglio 2005 dal Presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Milano, nonché il comunicato stampa del 29 luglio 2005 del Consiglio Nazionale Forense.
20() In data 27 luglio 2005, la X Commissione Attività produttive, commercio e turismo della Camera dei Deputati, esaminando il testo della proposta di legge C. 3632 Lettieri, titolata “Disposizioni in materia di responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti”, esprimeva parere negativo sulla suddetta proposta di riforma legislativa in quanto era previsto nella stessa l’esclusione degli avvocati dalla fase stragiudiziale del risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli. Nello specifico, rilevava la X Commissione che le regole di cui all’art. 7, comma 22º, della proposta di Legge Lettieri, secondo cui “Qualora l’assicuratore non osservi i termini, le procedure e le modalità indicate dal presente articolo, l’assicurato può avvalersi della consulenza e dell’assistenza di uno o più professionisti di sua fiducia, i cui compensi professionali sono imputati all’impresa assicuratrice” dovevano essere “meglio valutate anche alla luce di quanto statuito dalla Corte di Cassazione nella recente sentenza n. 11606 del 3 maggio 2005 che, nell’ambito del risarcimento del danno derivante dalla circolazione stradale, ha ribadito il fondamentale principio della uguaglianza e del contraddittorio tra le parti”.
21() Cfr. Mannacio, Indennizzo diretto: il salto nel buio, in www.altalex.com.
22() Al contrario, nell’azione diretta ex art. 148, comma 11º, del codice delle assicurazioni, è previsto che l’impresa assicuratrice del dannegiante debba liquidare i compensi per l’eventuale assistenza professionale prestata al danneggiato da professionisti.
Nella precedente formulazione dello schema di d.p.r. attuativo (il testo è consultabile in www.altalex.com) era invece previsto che: “ai fini dell’offerta di risarcimento del danno formulata dall’impresa, non sono considerati danni accessori le spese sostenute dal danneggiato per consulenza o assistenza professionale diversa da quella medico-legale”.
23() Cfr. il documento del Ministero dello Sviluppo economico del 30 giugno 2006 in www.governo.it/GovernoInforma/documenti_ministeri/bersani_def.dpf.
24() Così nel documento dell’Esecutivo del 30 giugno 2006, cit.
Su punto vedi altresì Cuocci, La disciplina della responsabilità civile automobilistica nel codice delle assicurazioni private, cit., p. 388 e ss., la quale, al fine di evidenziare gli effetti positivi del sistema di risarcimento diretto, evidenzia – a suo dire – anomalie nell’azione diretta ex art. 148 del codice delle assicurazione. L’A., in particolare, afferma che nel sistema ex art. 148 del codice delle assicurazioni “la separazione tra chi paga effettivamente il premio e chi riceve la prestazione genera una serie di problemi di non facile soluzione. Lo svantaggio informativo dell’impresa – legato alla terzietà dell’indennizzato – pone due aspetti particolarmente problematici: da un lato, l’impresa è costretta ad aumentare i caricamenti, non potendo conoscere ex ante l’ammontare dell’onere risarcitorio; dall’altro genera seri problemi di moral hazard del danneggiato che, in fase di liquidazione del danno, potrebbe tendere a sovrastimare i danni (specie in caso di danno alla persona) ed alimentare il contenzioso.
25() Vitali, Un’analisi economica del problema della responsabilità civile in Italia, in Banca impresa e società, 2003, p. 440.
26() Cuocci, ult. op. cit., p. 389.
27() L’art. 4 della l. 29 luglio 2003, n. 229 (in Gazz. Uff., 25 agosto 2003, n. 196), titolata “Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione”, prevede che: “1. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di assicurazioni, ai sensi e secondo i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, come sostituito dall’articolo 1 della presente legge, e nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: a) adeguamento della normativa alle disposizioni comunitarie e agli accordi internazionali; b) tutela dei consumatori e, in generale, dei contraenti più deboli, sotto il profilo della trasparenza delle condizioni contrattuali, nonché dell’informativa preliminare, contestuale e successiva alla conclusione del contratto, avendo riguardo anche alla correttezza dei messaggi pubblicitari e del processo di liquidazione dei sinistri, compresi gli aspetti strutturali di tale servizio; c) salvaguardia dell’effettiva concorrenza tra le imprese autorizzate all’esercizio dell’attività assicurativa in Italia o operanti in regime di libertà di prestazioni di servizi; d) previsione di specifici requisiti di accesso e di esercizio per le società di mutua assicurazione esonerate dal pieno rispetto delle norme comunitarie, nonché per le imprese di riassicurazione; e) garanzia di una corretta gestione patrimoniale e finanziaria delle imprese autorizzate all’esercizio dell’attività assicurativa, anche nell’ipotesi di una loro appartenenza ad un gruppo assicurativo, nonché con riferimento alle partecipazioni di imprese assicurative in soggetti esercenti attività connesse a quella assicurativa e di partecipazione di questi ultimi in imprese assicurative; f) armonizzazione della disciplina delle diverse figure di intermediari nell’attività di distribuzione dei servizi assicurativi, compresi i soggetti che, per conto di intermediari, svolgono questa attività nei confronti del pubblico; g) armonizzazione della disciplina sull’esercizio e sulla vigilanza delle imprese di assicurazione e degli intermediari assicurativi alla normativa comunitaria; h) riformulazione dell’apparato sanzionatorio alla luce dei principi generali in materia: 1) affiancando alle ipotesi di ricorso alla sanzione amministrativa pecuniaria nei riguardi di imprese e operatori del settore, la previsione di specifiche sanzioni penali, modulate tra limiti minimi e massimi, nei casi di abusivo esercizio di attività assicurativa, agenziale, mediatizia e peritale da parte di imprese e soggetti non autorizzati o non iscritti ai previsti albi e ruoli ovvero di rifiuto di accesso, opposto ai funzionari dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), agli uffici o alla documentazione relativa alle anzidette attività, anche esercitate in via di fatto o, infine, di truffa assicurativa; 2) prevedendo la facoltà di difesa in giudizio da parte dell’ISVAP, a mezzo dei suoi funzionari, nei ricorsi contro i provvedimenti sanzionatori di cui all’articolo 6 della legge 5 marzo 2001, n. 57; i) riassetto della disciplina dei rapporti tra l’ISVAP e il Governo, in ordine alle procedure di crisi cui sono assoggettate le imprese di assicurazione.
28() Ai sensi dell’art. 3, lett. a), del Codice del consumo, si intende per consumatore: “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”.
29() Sul punto cfr. Quadri, L’incostituzionalità preannunciata dell’indennizzo diretto, cit.
30() Il Consiglio di Stato, sezione consultiva per gli atti normativi, con il parere reso nell’adunanza del 19 dicembre 2005 (tale parere è pubblicato in www.altalex.com), ha ritenuto, in contrasto con il dettato normativo, che la procedura di risarcimento diretto abbia natura facoltativa in quanto demandata all’autonomia negoziale delle parti. Si legge, in particolare, nella relazione che: “Non vi sono difficoltà sistematiche a collocare questo meccanismo di risarcimento “semplificato” nell’area dell’autonomia negoziale delle parti che stipulano il contratto di assicurazione […]”.
Al contrario, invece, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con la Decisione del 1 febbraio 2006 (in www.altalex.com), ha correttamente rilevato come la procedura in argomento abbia in realtà carattere obbligatorio. Nel parere, testualmente si legge che: “[…] Va infatti ricordato che la procedura di risarcimento diretto prevista dall’articolo 149 del codice assume valenza obbligatoria, da assolvere puntualmente prima di poter proporre l’azione civile […]”-
31() Cosi Partisani, L’assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore e dei natanti nel nuovo testo unico assicurativo, cit., p. 775, il quale, per rimediare alla censure di incostituzionalità in argomento, propone di estendere il principio di cui all’art. 143, comma 3º, codice delle assicurazioni (secondo cui: “nel giudizio promosso contro l’impresa è chiamato anche il responsabile del danno”) anche alla procedura di risarcimento diretto.
32() A titolo puramente esemplificativo, rinvio al disposto di cui all’art. 6 della cost. che impone di tutelare le minoranze linguistiche, ovvero alla norma prevista nell’art. 8 della cost. che consente alle confessioni acattoliche di regolare i loro rapporti con lo Stato sulla base di intese differenziate.
33() Cfr., ex plurimus, Morrone, Il custode della ragionevolezza, Milano, 2001; Aa. Vv., Il principio della ragionevolezza nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, Milano, 1994; Cerri, Ragionevolezza delle leggi, in Enc. giur., XXV, 1994; Corasaniti, La ragionevolezza come parametro del giudizio di legittimità costituzionale, in Dir. soc., 1995, p. 1 e ss.; Luther, Ragionevolezza (delle leggi), in Dig. disc. pubbl., XII, Torino, 1997, p. 341 e ss.; Niro, Il controllo della ragionevolezza delle scelte del legislatore, in Foro it., 1998, p. 389 e ss.; Moscarini, Ratio legis e valutazione di ragionevolezza della leggi, Torino, 1956, p. 83 e ss.
34() La Corte Costituzionale, nei casi in cui è stata chiamata a pronunziarsi sull’incostituzionalità di una norma per eccesso di potere legislativo, pur dando dignità al principio, raramente ha utilizzato lo strumento abrogativo. A tal proposito, cfr., Corte cost., 7 maggio 1996, n. 146, in Mass. Giust. civ., 199, 801: “la l. 10 luglio 1991, n. 201, che ha graduato nel tempo l’attuazione della normativa comunitaria (regolamento Cee, n. 856/84) in tema di prelievo supplementare delle quantità di latte eccedenti la quota di produzione assegnata all’Italia e ha imputato alla gestione finanziaria dell’Aima le conseguenze economiche della responsabilità assunta dallo Stato verso la Comunità in relazione a tale ritardo, è una scelta legislativa volta ad evitare che, nelle more della trattativa condotta dal Governo con gli organi comunitari, ricadessero sui singoli produttori le conseguenze della responsabilità che lo Stato aveva ritenuto di assumere verso la Comunità. La norma non può pertanto dirsi incostituzionale in relazione all’art. 3 cost. per eccesso di potere legislativo, perché avrebbe perseguito un fine diverso da quello desumibile dal suo contenuto dispositivo o, comunque, viziato sul piano della ragionevolezza”; Corte cost., 2 febbraio 1988, n. 123, in Giur. cost., 1988, I, 374: “l’art. unico l. 9 maggio 1984, n. 118, la quale, intitolata come legge di interpretazione autentica della l. 24 maggio 1970, n. 336, dichiara applicabili i benefici combattentistici con effetto dalla data stabilita dalle norme istitutive di benefici stessi anche nei confronti dei trattamenti a carico dell’assicurazione generale per invalidità, vecchiaia e superstiti, non è incostituzionale per violazione degli art. 101, comma 2º; e 104, comma 1º, cost. sotto il profilo dell’eccesso di potere legislativo, per aver fatto ricorso allo strumento dell’interpretazione autentica (pertanto, conferendo alla norma efficacia retroattiva) in una situazione di mancanza di interpretazioni discordanti; infatti – anche a prescindere dalla considerazione che nella specie la linea interpretativa della Corte suprema di Cassazione è stata spesso disattesa dai giudici di merito, sicché il contrasto interpretativo può tutt’al più costituire un indice di riconoscimento della legge come interpretativa – la sussistenza di orientamenti giurisprudenziali in senso opposto all’interpretazione autentica non impedisce al legislatore di imporre, in base a determinate scelte politiche, un certo significato normativo a precedenti disposizioni e ciò anche per la considerazione che la legge di interpretazione autentica non si distingue dalla legge innovativa con effetto retroattivo, e questa è costituzionalmente legittima, quando non superi i limiti stabiliti dall’art. 25 cost. in materia penale o da altre norme costituzionali”.
35() Segnalo che analoga questione in tema di manifesta disparità di trattamento rilevante ex art. 3 della cost. si è posta in ambito Inail riguardo ai soggetti che abbiano subito un danno biologico in seguito ad infortunio sul lavoro. Secondo la disciplina del d.lgs. 38/2000 a tali soggetti spetterebbe un risarcimento inferiore rispetto agli altri danneggiati ragion per cui, onde evitare di rimettere la questione al giudice delle leggi ed attuando il principio di uguaglianza ex art. 3 della cost., la nostra giurisprudenza accorda al danneggiato da infortunio sul lavoro anche il risarcimento del c.d. “danno differenziale”: cfr., Greco, Il danno differenziale, in La in Resp. civ., 629 e ss., nota a Tar Lombardia, 27 luglio 2005, n. 3438 e Trib. Monza, 16 giugno 2005, n. 1818.
36() Quadri, L’incostituzionalità preannunciata dell’indennizzo diretto, cit.
37() Cfr., L’assicurazione italiana, i dati significativi 2005, in www.ania.it.
38() Siracusano, Galati, Tranchina, Zappalà, Diritto processuale penale, I, Milano, 1996, p. 219.
39() Cass., 12 ottobre 1998, n. 10090, in Giust. civ., 1999, I, p. 422; Trib. Bologna, 20 dicembre 1999, in Arch. circolaz., 2000, p. 863, con nota di Bonazzi.
40() Gallone, Le spese di assistenza stragiudiziale nel codice delle assicurazioni, cit., p. 123, afferma sul punto che: “il confronto epistolare, nonché quello dialettico, richiedono tempo e specifica preparazione, per cui spesso è effettivamente necessario l’intervento di un mandatario professionalmente qualificato che svolga un’equilibrata difesa degli interessi della vittima”.
41() Peccenini, La responsabilità civile per la circolazione dei veicoli, in La responsabilità civile, a cura di Alpa-Bessone, Torino, 1987, II, p. 728; Giannini, Il danno da sinistro stradale, Milano, 1983, p. 33, secondo i quali l’assistenza del professionista sarebbe necessaria solo in caso di contrasto tra le parti in ordine all’an ed al quantum debeatur, ovvero qualora il calcolo del risarcimento fosse complesso ovvero laddove la compagnia d’assicurazione non provvedesse a risarcire il danno malgrado l’assoluta inesistenza di divergenza di fatto.
42() Cass., 31 maggio 2005, n. 11606, in La in Resp. civ., 2006, p. 114 e ss., con nota di Incagnoli, La tutela del danneggiato nella speciale procedura del danno da circolazione stradale: “in tema di assicurazione obbligatoria per la r.c.a., visto che l’istituto assicuratore non solo è economicamente più forte, ma anche tecnicamente organizzato e professionalmente attrezzato per affrontare tutte le problematiche in materia di risarcimento del danno da circolazione stradale, attesa la complessità e molteplicità dei principi regolatori della materia, previsti nella speciale procedura per il risarcimento del danno, il danneggiato ha diritto, in ragione del suo diritto di difesa costituzionalmente garantito, di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di composizione bonaria della vertenza, ad ottenere il rimborso delle relative spese legali. Tutto ciò anche per le attività stragiudiziali svolte dal professionista prima del decorso del temine di sessanta giorni imposto dal legislatore per la proponibilità della domanda, ed indipendentemente dalla proposizione di quest’ultima”; Giud. di pace Bologna, 31 luglio 1997, in Arch. circolaz., 1998, p. 56: “le spese sostenute per assistenza stragiudiziale sono da ricomprendersi nella specie del danno emergente in quanto detta assistenza sia stata utile e abbia rivestito finalità conciliative; l’organo giudicante dovrà valutare la serietà, l’impegno e la professionalità riscontrate, non potendosi assumere sempre e comunque l’opera di assistenza svolta come voce risarcibile se non dopo un esame preciso del contesto generale in cui l’agenzia abbia operato”; Pret. Milano, 25 settembre 1979, in Arch. circolaz., 1979, p. 959: “l’assicuratore della responsabilità civile autoveicoli è tenuto a risarcire al danneggiato in sinistro stradale anche le spese da lui sostenute per assistenza legale nella fase stragiudiziale, a seguito della richiesta ex art. 22 l. 24 dicembre 1969, n. 990”; Trib. Treviso, 29 giugno 1996, in Arch. circolaz., 1998, p. 56; Giud. di pace Bologna, 3 aprile 1997, in Arch. circolaz., 1998, p. 56; Giud. di pace Firenze, 14 aprile 1997, in Riv. giur. circolaz. e trasp., 1997, p. 1059. In dottrina, ex plurimus, Gallone, Le spese di assistenza stragiudiziale nel codice delle assicurazioni, cit., p. 123 e ss.
43() L’art. 5 l. 5 marzo 2001, n. 57, titolata “disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati”, prevede: “[…] Per i sinistri con soli danni a cose la richiesta di risarcimento, presentata secondo le modalità indicate nell’articolo 22 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, e successive modificazioni, deve essere corredata dalla denuncia secondo il modulo di cui all’articolo 5 del presente decreto-legge e recare l’indicazione del luogo, dei giorni e delle ore in cui le cose danneggiate sono disponibili per l’ispezione diretta ad accertare l’entità del danno. Entro sessanta giorni dalla ricezione di tale documentazione, l’assicuratore formula al danneggiato congrua offerta per il risarcimento ovvero comunica i motivi per i quali non ritiene di fare offerta. Il termine di sessanta giorni è ridotto a trenta quando il modulo di denuncia sia stato sottoscritto dai conducenti coinvolti nel sinistro. L’obbligo di proporre al danneggiato congrua offerta per il risarcimento del danno, ovvero di comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta, sussiste anche per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso. La richiesta di risarcimento deve essere presentata dal danneggiato o dagli aventi diritto con le modalità indicate al comma 1º. La richiesta deve contenere la descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro ed essere accompagnata, ai fini dell’accertamento e della valutazione del danno da parte dell’impresa, dai dati relativi all’età, all’attività del danneggiato, al suo reddito, all’entità delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti o, in caso di decesso, dal certificato di morte. L’assicuratore è tenuto a provvedere all’adempimento del predetto obbligo entro novanta giorni dalla ricezione di tale documentazione […]”.
Da quanto precede si evince che è dato all’assicuratore uno spatium deliberandi di 60 giorni per procedere al bonario risarcimento del danno, allo scopo di evitare allo stesso assicuratore ulteriori costi quali, appunto, quelli derivanti dall’esercizio dell’azione giudiziaria per il risarcimento del danno.
44() Cfr. la motivazione di Cass., 31 maggio 2005, n. 11606, cit.
45() Vedi ancora la motivazione di Cass., 31 maggio 2005, n. 11606, cit.
46() Vedi Partisani, L’assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore e dei natanti nel nuovo testo unico assicurativo, cit., p. 782.
47() Cfr., Cass., 31 maggio 2005, n. 11606, cit.
48() Trib. Bologna, 1 febbraio 2000, in Arch. circolaz., 2000, p. 863; Giud. di Pace Bologna, 23 marzo 1998, in Arch. circolaz., 1999, p. 794; Pret. Milano, 25 settembre 1979, in Arch. circolaz., 1979, p. 959. Contra, Cass., 26 gennaio 1968, n. 253, in Mass. Giust. civ., 1968, p. 124, secondo la quale le spese di assistenza legale sarebbero una conseguenza mediata ed indiretta del danno ma rappresenterebbero pur sempre un normale effetto dell’illecito: “in tema di responsabilità per fatto illecito extracontrattuale il risarcimento può essere anche esteso ai danni mediati ed indiretti, purché costituiscano effetti normali del fatto illecito, rientrando nella serie delle conseguenze normali cui esso dà origine. In tale ambito debbono ritenersi comprese le spese sostenute dalla persona offesa dal reato per l’opportuna assistenza legale da parte di un avvocato durante il corso del processo penale iniziato a carico del responsabile, anche se non vi sia stata costituzione di parte civile e l’azione penale sia stata successivamente dichiarata improcedibile perché estinto il reato per amnistia.”.
49() Partisani, ult. op. cit., p. 782.
50() Anche nei precedenti in cui è stato riconosciuto il risarcimento delle spese legali stragiudiziali la causalità ha svolto un ruolo determinante per la loro ammissibilità. Cfr., Giud. di Pace di Bologna, 31 luglio 1997, in Arch. circolaz., 1998, p. 56: “le spese sostenute per assistenza stragiudiziale sono da ricomprendersi nella specie del danno emergente in quanto detta assistenza sia stata utile e abbia rivestito finalità conciliative; l’organo giudicante dovrà valutare la serietà, l’impegno e la professionalità riscontrate, non potendosi assumere sempre e comunque l’opera di assistenza svolta come voce risarcibile se non dopo un esame preciso del contesto generale in cui l’agenzia abbia operato”.
51() Nel codice penale il rapporto di causalità trova regolamentazione nell’art. 40 (“Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione o omissione. Non impedire un evento, che si ha l’obbligo di impedire, equivale a cagionarlo”) e nell’art. 41 (“Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra la azione od omissione e l’evento. Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento. In tal caso, se l’azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sé reato, si applica la pena per questo stabilita. Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui”).
52() Franzoni, Dei fatti illeciti, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, diretto da Galgano, Bologna-Roma, 1993, sub art. 2043, p. 84 e ss.
53() Gorla, Sulla cosiddetta causalità giuridica: “fatto dannoso e conseguenze”, in Riv. dir. comm., 1951, p. 409, testualmente affermava: “il presupposto dell’art. 1223, e della sua applicazione al caso concreto, è che sia già stato risolto il problema della responsabilità (consistente, questa, nel dovere di risarcire i danni) e che si tratti soltanto di stabilire il contenuto della responsabilità; che si sia già stabilito che una persona deve rispondere delle conseguenze di un dato fatto (fonte di danno) e che si tratti di stabilire di quali conseguenze di tal fatto (danno) si debba rispondere”.
54() Si considera causa di un evento ogni antecedente senza il quale l’evento stesso non si sarebbe verificato. Tale teoria, elaborata dal criminologo tedesco Von Buri (Von Buri, Uber Kausalitat und Veranwortung, Lipsia, 1873, p. 757) è stata accolta dalla nostra giurisprudenza civile. Si ricordano, a tal proposito, tra le tante, Cass., sez. un., 7 giugno 1933, n. 2093, in Foro amm., 1933, p. 135; Cass., 15 febbraio 1986, n. 4644, in Arch. circolaz., 1977, p. 318; Cass., 3 dicembre 1983, n. 7237, in Foro it., 1984, I, c. 60: “in tema di responsabilità per fatto illecito, il nesso di causalità tra un comportamento antigiuridico ed evento dannoso cessa in virtù del sopraggiungere di un altro fatto, idoneo da solo a determinare l’evento, che può essere anche del danneggiato e consistere anche in un comportamento omissivo, sempre, però, che si ricolleghi ad un obbligo giuridico di impedire l’evento. Non può, pertanto, riconoscersi tale efficacia interruttiva alla mancata proposizione da parte del danneggiato di una azione giudiziaria diretta ad impedire gli effetti dannosi già causati da un fatto altrui, non essendo configurabile alcun dovere di esplicare un’attività gravosa, dispendiosa e di esito incerto, ancorché ciò rientri nelle facoltà dell’interessato, peraltro inidonea ad impedire il danno”.
55() Secondo tale concezione, che è correttiva della conditio sine qua non, non è sufficiente aver voluto o essersi figurati l’evento, ma è necessario essersi figurati o aver voluto il particolare svolgimento causale che ha portato dalla condotta all’evento, e da questo al danno. Sull’argomento, cfr. Monateri, ult. op. cit., p. 148 ed ivi riferimenti bibliografici.
56() Si considerano causa di un evento solo quelle condotte che, secondo un giudizio ex ante, risultino adeguate a produrre un altro evento sulla base dell’id quod plerumque accidit (cfr., Von Kries, Uber der Begriff der Wahrsheinlichkeit und Moglicheit und ihre Bedeutung im strafrecht, in Zeitschrift ges. strw., 1989). Cass., 10 maggio 2000, n. 5962, in Mass. Giust. civ., 2000, p. 981: “un evento dannoso è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (cosiddetta teoria della conditio sine qua non): ma nel contempo non è sufficiente tale relazione causale per determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi, all’interno delle serie causali così determinate, dare rilievo a quelle soltanto che, nel momento in cui si produce l’evento causante non appaiano del tutto inverosimili (cosiddetta teoria della causalità adeguata o della regolarità causale, la quale in realtà, oltre che una teoria causale, è anche una teoria dell’imputazione del danno). Più in particolare l’incidenza eziologia delle “cause antecedenti” va valutata, per un verso, nel quadro dei presupposti condizionanti (per cui deve trattarsi di “antecedente necessario” dell’evento dannoso, a questo legato da un rapporto di causazione normale e non straordinario) e, per altro verso, in coordinazione con il principio della “causalità efficiente”, che contemperando la regola della “equivalenza causale”, espunge appunto le cause antecedenti dalla serie causale (facendole scadere al rango di mere occasioni) in presenza di un fatto sopravvenuto di per sé idoneo a determinare il determinarsi dell’evento anche senza quegli antecedenti”.
57() Si fa riferimento alla ratio della norma violata onde delimitare qual è l’ambito delle conseguenze che devono essere ricondotte ad una certa condotta: cfr., Monateri, ult. op. cit., p. 149.
58() Secondo tale modello un antecedente può essere configurato come condizione necessaria solo a patto che esso rientri nel novero di quegli antecedenti che, sulla base di una successione regolare conforme ad una legge dotata di validità scientifica (c.d. legge generale di copertura), porti ad eventi del tipo di quello verificatosi in concreto: Stella, Leggi scientifiche e spiegazione causale, Milano, 1975, p. 100.
59() Secondo tale concezione, quel che conta per il diritto penale è che l’evento cagionato sia opera dell’uomo: cfr., Fiandaca e Musco, Diritto penale, Bologna, 1995, p. 213.
60() Franzoni, ult. op. cit., p. 90.
61() Franzoni, Il danno risarcibile, cit., p. 12, chiarisce affermando che con la prima operazione si accerta la sussistenza del danno patrimoniale, con la seconda si stima il valore di quel danno.
62() La regola delle conseguenze immediate e dirette per selezionare tutte le conseguenze economiche dipendenti dal fatto-evento è stata elaborata da Pothier, e, stata inserita nel code Napoléon, è giunta fino al codice civile vigente: cfr., Franzoni, ult. op. cit., p. 16.
63() Cfr., per tutti, Franzoni, Dei fatti illeciti, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, diretto da Galgano, Bologna-Roma, 1993, sub art. 2056, p. 772.
64() Tale norma dispone: “le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento”.
65() Cass., 15 ottobre 1999, n. 11629, in Giust. civ., 2000, I, p. 46; in Danno e resp., 2000, p. 101, 257, con nota di Troiano, Responsabilità della banca per inadempimento di un ordine di bonifico e problema di danni risarcibili; in Foro it., 2000, I, c. 1917, con nota di Scoditti, Danni conseguenza e rapporto di causalità; in Corriere giur., 2000, p. 902, con nota di Lascilfari, Causalità scientifica e causalità giuridica tra imputazione del fatto e risarcimento del danno; in Arch. civ., 2000, p. 1239, con nota di D’Alessandro, Le nuove frontiere del danno e la “logica dei probabili”; in Resp. civ., 2000, p. 1021, con nota di Monnosi, Prova dell’inadempimento e liquidazione del danno: “in tema di risarcimento del danno, il rapporto tra comportamento ed evento e tra questo e il danno muta a seconda che il danno sia un elemento della fattispecie o un suo effetto e deve conseguentemente distinguersi il nesso che sussiste tra comportamento ed evento, affinché possa configurarsi a monte una responsabilità – come avviene in materia di illecito extracontrattuale – e il nesso che collegando l’evento al danno, consente l’imputazione delle singole conseguenze dannose ed ha la funzione di delimitare a valle i confini della responsabilità […]”.
66() Franzoni, Il danno al patrimonio, in Il dir. priv. oggi, a cura di Cendon, Milano, 1996, p. 72 e 73. Carbone, Il rapporto di causalità, in La responsabilità civile 1988-1996, a cura di Alpa-Bessone, Torino, 1997, p. 55, ritiene che le norme di cui agli artt. 1223, 1226 1227 c.c. (operanti giusto il richiamo contenuto nell’art. 2056 c.c. anche per la determinazione del danno extracontrattuale) hanno la funzione di adeguare il risarcimento al danno effettivamente subito dal danneggiato.
67() Franzoni, Dei fatti illeciti, cit., p. 773; Salvi, Responsabilità extracontrattuale, in Enc. del dir., 1256; Visintini, Trattato breve della responsabilità civile. Fatti illeciti. Inadempimento. Danno risarcibile, Padova, 1996, p. 581 e ss.
68() Franzoni, Il danno risarcibile, cit., p. 24, riporta, sul punto, come esempio il caso di un tamponamento di un veicolo in cui il danneggiato, anziché custodirlo in un luogo chiuso, lo parcheggia all’aperto, così da provocare l’ossidazione dell’intera carrozzeria. Il tale ipotesi, l’ossidazione della carrozzeria è un danno che resta nella sfera del danneggiato poiché non rappresenta uno sviluppo normale della originaria sequela causale.
69() Il danno evitabile è quello che non richiede un’attività abnorme, straordinaria e particolarmente onerosa per la vittima: cfr., Cass., 16 ottobre 1974, n. 2884, in Mass. Foro it., 1974.
70() L’art. 148, comma 11º, del codice delle assicurazioni private, testualmente prevede: “l’impresa, quando corrisponde compensi professionali per l’eventuale assistenza prestata da professionisti, è tenuta a richiedere la documentazione probatoria relativa alla prestazione stessa e ad indicarne il corrispettivo separatamente rispetto alle voci di danno nella quietanza di liquidazione. L’impresa, che abbia provveduto direttamente al pagamento dei compensi dovuti al professionista, ne dà comunicazione al danneggiato, indicando l’importo corrisposto”.
71() Così testualmente Partisani, ult. op. cit., p. 783 e 784. L’A. osserva inoltre che anche nelle procedure risarcitorie ex art. 148 del codice delle assicurazioni deve escludersi una risarcibilità in re ipsa delle spese stragiudiziali in quanto anche in tale ipotesi il danneggiato è ammesso a provare che senza l’ausilio del professionista non sarebbe stato raggiunto l’accordo transattivo con la compagnia d’assicurazione.
72() Norme proibitive sono, ad es., l’art. 1501, comma 2º, c.c., dove è sancito che il termine per il riscatto “non può essere maggiore di due anni nella vendita di beni mobili e di cinque anni in quelladi beni immobili”, oppure l’art. 1573 c.c., secondo cui la locazione “non può stipularsi per un periodo superiore ai trenta anni”.
73() Sui rapporti tra norme proibitive ed obbligazioni negative rinvio a Greco, L’obbligazione negativa, in Le obbligazioni, I, L’obbligazione in generale, a cura di Franzoni, Torino, 2004, pag. 1553 e ss. Vedi, inoltre, Saracini E Toffoletto, Il contratto di agenzia, in Comm. cod. civ. Schlesinger, Milano, 1996, p. 216 e ss.
74() Sul punto si segnala che anche qualora il danneggiato non accettasse la somma offerta dall’impresa di assicurazione, ciò non inciderebbe sull’eventuale pagamento delle spese di consulenza o assistenza professionale. Difatti, ai sensi dell’art. 150, comma 5º, del codice delle assicurazioni, l’impresa di assicurazione dovrà comunque corrispondere al danneggiato che abbia comunicato di non accettare l’offerta, o che non abbia fatto pervenire alcuna risposta il risarcimento precedentemente offerto, la somma in precedenza individuata ed offerta, venendosi a creare in tal modo una sorta di circolo vizioso.
75() Si segnala, sul punto, il testo della recente proposta di legge Atto della Camera n. 1211 presentato dal deputato Siliquini (consultabile in www.senato.it/leg/15/BTG/Schede/Ddliter/25953.htm) che prevede l’abrogazione degli artt. 149 e 150 del Codice della assicurazioni.