Valentina Motta, Contraddittorio antecedente l’instaurazione del rito immediato tipico: una garanzia presidiata dall’interrogatorio dell’indagato, nota a Cassazione penale, in Cassazione penale, Vol. 2/2015, pag. 675-688
IL PREVIO INTERROGATORIO DELL’IMPUTATO
NEL GIUDIZIO IMMEDIATO
SENTENZA Sez. V – C.c.29 gennaio 2014 (dep. 28 marzo 2014), n. 14740 – Pres. Ferrua – Rel. Settembre – P.m. (concl. diff.) – (258959)
[3604/288]GIUDIZIO IMMEDIATO – Decreto di giudizio immediato – Sindacato del giudice del dibattimento – Verifica dell’espletamento del previo interrogatorio dell’indagato – Possibilità – Fattispecie.
(C.p.p. artt. 28, 454, 455,456)
In tema di giudizio immediato, non è abnorme il provvedimento con cui il giudice del dibattimento dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero nel caso in cui non sia da questi dimostrato per (rectius: che) il previo interrogatorio dell’imputato è stato assunto su tutti i fatti storici contestati, indipendentemente dal loro inquadramento giuridico. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l’abnormità del provvedimento di restituzione dell’intero procedimento avente ad oggetto più imputazioni connesse, per alcune delle quali era stato effettuato l’interrogatorio).
RITENUTO IN FATTO - 1. Il Tribunale di Napoli, investito, dal locale Giudice delle indagini preliminari, del giudizio immediato nei confronti di G.S. + 14 per reati fallimentari, con ordinanza del 4/2/2013 ha disposto la restituzione degli atti al Pubblico Ministero, poiché non risultava espletato l’interrogatorio degli imputati per tutte le imputazioni elevate a loro carico (l’interrogatorio era stato omesso per i capi di imputazione in ordine ai quali il Giudice delle indagini preliminari non aveva accolto la richiesta di misura cautelare). Tale omissione, a giudizio del Tribunale, determina una nullità a regime intermedio, che è stata tempestivamente eccepita dai difensori e deve comportare la regressione dell’intero procedimento alla fase delle indagini preliminari, non essendo possibile separare i procedimenti relativi ai fatti non preceduti da interrogatorio, poiché la separazione degli stessi “comporterebbe notevoli difficoltà di verifica della fondatezza dell’accusa”.
2. Contro il provvedimento suddetto ha presentato ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica c/o il Tribunale di Napoli per erronea applicazione degli artt. 453, 18 e 177 c.p.p. e per abnormità del provvedimento. Deduce, in primo luogo, che il controllo sulla sussistenza delle condizioni per l’accesso al rito è demandato al Giudice delle indagini preliminari e che tale controllo è stato in concreto esercitato, in maniera peraltro puntigliosa.
Inoltre, che l’unico controllo possibile da parte del giudice del dibattimento è quello concernente l’espletamento del previo interrogatorio dell’imputato. Iscriviti alla nostra newsletter per avere accesso immediato Se sei già iscritto, inserisci nuovamente la tua email per accedere La verifica della sussistenza della condizione da ultimo richiamata deve essere condotta, però, a giudizio del Pubblico Ministero ricorrente, non con riferimento alle singole imputazioni (vale a dire, con riferimento alle qualificazioni o subqualificazioni operate nel capo d’imputazione) – come erroneamente ritenuto dal Tribunale – ma con riferimento ai “fatti” posti a fondamento di una misura cautelare (nel proc. immediato c.d. cautelare) o dai quali emerge l’evidenza della prova (nel proc. immediato c.d. probatorio). Ciò è in concreto avvenuto, afferma il ricorrente, in quanto gli imputati sono stati interrogati dal Giudice delle indagini preliminari sui fatti loro contestati, anche se per alcuni di essi il giudice della cautela non ha ravvisato la sussistenza delle condizioni per l’emissione della misura (ad eccezione del solo Ze., nei cui confronti non fu adottata alcuna misura e che, per questo motivo, fu invitato a rendere l’interrogatorio dal Pubblico Ministero). L’erroneità dell’iter argomentativo seguito dal Tribunale si apprezza anche considerando, aggiunge il ricorrente, che il Tribunale non ha acquisito gli interrogatori espletati dal Giudice delle indagini preliminari, ma si è limitato ad un raffronto – di natura formale – tra le imputazioni per le quali era stata emessa la misura e quelle prive di supporto cautelare, evitando di esaminare, nel concreto, gli atti che pretendeva di giudicare; inoltre, considerando che nell’impostazione del Tribunale vi è confusione tra i concetti di “gravi indizi di colpevolezza” e di “evidenza della prova” (in quanto il g.i.p. avrebbe potuto non riconoscere, in una prima fase, la sussistenza della gravità indiziaria a fini cautelari e poi, rivalutata la questione, ritenere sufficiente l’evidenza probatoria ai fini del giudizio immediato). In secondo luogo, censura, per abnormità, la decisione di far regredire alla fase delle indagini preliminari l’intero processo, anche per la parte che, secondo lo stesso Tribunale, era stata oggetto di rituale esercizio dell’azione penale. E ciò sul presupposto di una inscindibilità delle posizioni e delle imputazioni, che, secondo il Tribunale, imporrebbe la trattazione unitaria del procedimento, perché l’eventuale separazione di quelle sfuggite all’interrogatorio “comporterebbe notevoli difficoltà di verifica della fondatezza dell’accusa”, laddove l’art. 18 c.p.p., richiamato dal Tribunale, preclude la separazione solo allorché il giudice ritenga la riunione «assolutamente necessaria per l’accertamento dei fatti». 3. Con memorie tempestivamente depositate nella cancelleria di questa Corte i difensori di T.G., B.P., V. S., A.G.G. e F.M. hanno chiesto il rigetto del ricorso del pubblico ministero. I difensori di V.S., A.G. e F.M. rappresentano anche che in data 11-10-2013 e 9/10/2013 è stato notificato agli imputati avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis c.p.p., che, precludendo all’esercizio dell’azione penale nei termini ordinari, costituisce rinuncia implicita da parte del pubblico ministero al giudizio immediato. Il difensore degli ultimi due presenta anche una sorta di ricorso incidentale e solleva questioni che attengono alla violazione dell’art. 453 c.p.p., comma 1, e art. 154 c.p.p., comma 1, nonché questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 c.p.p., comma 2-bis, per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., per essere stato emesso il decreto di giudizio immediato dallo stesso giudice che aveva disposto la misura cautelare a carico degli imputati. CONSIDERATO IN DIRITTO - Il ricorso è inammissibile. 1. In conformità alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, va qui ribadito il principio, certamente fuori discussione, che, una volta disposto il giudizio immediato, il giudice del dibattimento non può sindacare la sussistenza delle condizioni necessarie alla sua adozione, poiché non è previsto dalla disciplina processuale un controllo ulteriore rispetto a quello tipico (art. 455 c.p.p.) attribuito al giudice per le indagini preliminari al momento della decisione sulla richiesta di giudizio immediato. Pertanto, la decisione del giudice dibattimentale che pretendesse di sindacare la sussistenza di quelle condizioni sarebbe affetta da abnormità (nel senso dell’abnormità del provvedimento con il quale il giudice del dibattimento dichiari la nullità per qualsiasi causa del decreto che dispone il giudizio immediato ed ordini la restituzione degli atti al p.m., Sez. IV, n. 46761 del 25/10/2007, 238506; Sez. I, n. 23927 del 14/4/2004, Iorio, Rv. 228995; in relazione alla insindacabilità dei requisiti della “evidenza della prova” e del termine di novanta giorni per promuovere il giudizio immediato, Sez. IV, n. 39597 del 27/6/2007, dep. 26/10/2007, Pierfederici, Rv. 237831; Sez. V, n. 1245 del 21/01/1998, dep. 31/01/1998, Cusani, Rv. 210027; Sez. V, n. 5154 del 19/2/1992, dep. 4/5/1992, Fresta, Rv. 190067). Invero, il riconoscimento della possibilità del giudice del merito di sindacare il provvedimento del g.i.p. – che abbia accolto la richiesta di giudizio immediato avanzata dal p.m. – risulterebbe in contrasto con quelle «esigenze di celerità e di risparmio di risorse processuali» che caratterizzano il rito (confr. C. cost., ord. n. 371 del 2002; C. cost., ord. n. del 1992). Questa Corte, conformemente alla previsione normativa, ha anche ribadito, però, che residua, in capo al giudice del dibattimento, e quindi anche in sede di legittimità, un potere-dovere di controllo dopo l’ammissione del rito immediato, ed è quello concernente l’espletamento del previo interrogatorio dell’indagato (ex multis, Cass., n. 6989 del 10/1/2011). Il problema che si pone in concreto è quello di stabilire, pertanto, se sia stato espletato l’interrogatorio degli imputati. Al quesito è stato dato dal Tribunale, correttamente, risposta negativa, giacché l’interrogatorio di cui all’art. 453 c.p.p., per dirsi espletato, deve riguardare tutti i fatti di reato addebitati all’imputato, e non solo una parte di essi. Pertanto, ove i fatti storici, indipendentemente dal loro inquadramento giuridico, siano diversi, su tutti deve espletarsi, previamente, l’interrogatorio in questione. Il giudizio immediato, infatti, in omaggio a esigenze di celerità del procedimento, sacrifica il diritto dell’indagato all’udienza preliminare ed ha, come logico contrapposto, il diritto di quest’ultimo al previo interrogatorio, funzionale sia alla verifica della evidenza della prova, sia al completo dispiegarsi del diritto di difesa. Per assolvere compiutamente a questa duplice funzione l’interrogatorio dell’indagato non può prescindere, però, dalla completa contestazione degli addebiti e dalla connessa facoltà, per l’indagato, di esporre compiutamente le proprie difese, giacché solo la contestazione, in forma esaustiva, dell’accusa consente all’interessato di interloquire in maniera significativa sui fatti oggetto di giudizio. A questa conclusione conducono anche evidenti esigenze di equità e l’esigenza di evitare facili aggiramenti della normativa, se, di fronte ad una molteplicità di addebiti, fosse consentito al titolare dell’azione penale di interrogare l’accusato solo per una parte di essi – magari di rilievo marginale – e promuovere, per tutti, il giudizio immediato. Nel caso di specie gli imputati sono stati rinviati a giudizio, omessa l’udienza preliminare, per una serie di reati tra loro connessi, ma tra loro distanti sotto l’aspetto materiale e psicologico (associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, estorsione, corruzione, ricorso abusivo al credito, ecc,) senza che fossero stati interrogati, dal Giudice delle indagini preliminari o dal Pubblico Ministero, su tutti. Solo assertiva e tautologica è l’affermazione del pubblico ministero ricorrente che gli imputati sono stati compiutamente interrogati (nel senso dianzi precisato), giacchè nessuna prova, in merito, è stata fornita al giudice del dibattimento, nè a questa Corte, come si evince sia dal tenore dell’ordinanza impugnata, sia dal tenore del ricorso proposto a questa Corte. Infatti, lo stesso ricorrente si duole che il giudice del dibattimento non abbia previamente acquisito, per formulare il giudizio di sua competenza, gli interrogatori degli imputati (effettuati dal g.i.p.), ma non afferma che la loro acquisizione fosse stata richiesta dalla pubblica accusa e disattesa dal giudicante, nè che gli interrogatori abbiano avuto ad oggetto tutte le imputazioni per cui è processo. Anzi, affermando che gli interrogatori furono espletati, dal g.i.p., solo sui fatti per cui era stata accolta la richiesta di misura cautelare, ammette che l’incombente non riguardò tutti i reati, ma solo quelli per cui furono applicate le misure. Deve qui allora ribadirsi che, essendo obbligo del Pubblico Ministero di promuovere il giudizio immediato solo quando siano venute ad esistenza tutte le condizioni richieste dall’art. 453 c.p.p., per il giudizio speciale, è suo onere dimostrare che interrogatorio ha avuto luogo, sia perché grava su di lui l’obbligo di rispetto della normativa processuale, sia perché spesso solo lui è in condizione di dimostrare che la principale condizione richiesta dall’art. 453 cit. si è verificata (per iniziativa sua o del Giudice delle indagini preliminari). Tanto non è avvenuto, per cui il primo motivo di doglianza va senz’altro disatteso. 2. è infondato anche il secondo motivo. Quando l’interrogatorio ha riguardato solo alcune delle imputazioni elevate a carico dell’imputato, sovviene, per il giudice, la regola dell’art. 18 c.p.p., secondo cui deve essere disposta la separazione dei procedimenti, salvo che il giudice ritenga la riunione assolutamente necessaria per l’accertamento dei fatti. Nel caso di specie il Tribunale di Napoli ha ritenuto che il decreto di giudizio immediato fosse affetto da nullità parziale (perché l’interrogatorio non aveva riguardato tutte le imputazioni) ed ha disposto la regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari. Ciò ha fatto, però, non perché ha ritenuto la “riunione assolutamente necessaria per l’accertamento dei fatti”, ma perché ha ritenuto che la separazione dei procedimenti “comporterebbe notevoli difficoltà di verifica della fondatezza dell’accusa”. Si tratta di motivazione errata, giacché la separazione dei procedimenti è esclusa, nella voluntas legis, dalla impraticabilità dell’opzione in considerazione dei riflessi, gravemente negativi, sull’accertamento dei fatti, e non per le “difficoltà” di verifica della fondatezza dell’accusa. Tuttavia, il provvedimento non è abnorme, non ponendosi fuori dell’ordinamento (il Tribunale ha esercitato un potere a lui spettante), né determinando una stasi processuale, per cui non è consentito decretare il suo annullamento. La non impugnabilità, per il resto, del provvedimento in questione comporta che il ricorso del pubblico ministero è, sotto l’aspetto in esame, inammissibile. 3. Le questioni sollevate da A.G.G. e F. M. non possono essere prese in alcuna considerazione, posto che non esiste il “ricorso incidentale” di Cassazione. IL CONTRADDITTORIO ANTECEDENTE L’INSTAURAZIONE DEL RITO IMMEDIATO TIPICO: UNA GARANZIA PRESIDIATA DALL’INTERROGATORIO DELL’INDAGATO Cross-Examination following the Typical Immediate Trial: a Guarantee that Is Safeguarded by the Examination of the Suspect L’Autore trae spunto dalla decisione della suprema Corte e analizza il presupposto del giudizio immediato, consistente nel previo interrogatorio dell’indagato sui fatti dai quali emerge l’evidenza della prova. Particolare rilievo è dato al ruolo del rito speciale nello scenario del giusto processo. The author draws on the Supreme Court’s judgment to analyze the precondition of the immediate trial, consisting of the previous questioning of the accused on the facts underlying clear evidence. Particular prominence is given to the role of the immediate trial in the due process of law scenario. (Traduzione in inglese a cura dell’Autrice) di Valentina Motta Università degli Studi di Torino Sommario 1. Il quadro d’indagine. ― 2. Previo interrogatorio: conditio sine qua non per l’accesso al rito speciale. ― 3. Il giudizio immediato tipico nello scenario del giusto processo: economia processuale e garanzie difensive. 1. IL QUADRO D’INDAGINE Al vaglio della quinta sezione penale della suprema Corte è sottoposto un caso concernente l’espletamento del previo interrogatorio dell’imputato quale condizione legittimante l’instaurazione del giudizio immediato. Investito del rito speciale dal giudice per le indagini preliminari, il giudice dibattimentale ha disposto con ordinanza la restituzione degli atti al pubblico ministero, ritenendo che fosse stato omesso l’interrogatorio per alcuni dei reati connessi addebitati agli imputati. In particolare, il tribunale, rilevando che gli imputati erano stati interrogati solo sui capi d’imputazione in ordine ai quali era stata applicata misura cautelare, ha dichiarato la nullità parziale del decreto di giudizio immediato e la regressione dell’intero procedimento alla fase delle indagini preliminari, stante la ritenuta impraticabilità della separazione dei procedimenti per i fatti non preceduti da interrogatorio, in considerazione delle notevoli difficoltà di verifica di fondatezza dell’accusa. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso il pubblico ministero, denunciando l’erronea applicazione degli artt. 453, 18 e 177 del codice di rito. In primis, viene dedotto che la sussistenza dell’interrogatorio quale presupposto di accesso al rito speciale era stata erroneamente negata dal tribunale, in quanto gli imputati, pur non essendo stati sentiti rispetto alle singole imputazioni, erano stati interrogati in ordine alla generalità dei fatti loro contestati, anche se per alcuni di essi non era stata ravvisata la necessità di applicare misure cautelari. Nel respingere tale censura, la suprema Corte ribadisce che l’interrogatorio, per dirsi espletato, deve avere ad oggetto la totalità dei fatti di reato addebitati all’imputato, e puntualizza che grava sul pubblico ministero l’onere di provare la sussistenza di tale presupposto legittimante. Tanto nel caso di specie non sarebbe avvenuto, in quanto gli imputati sarebbero stati interrogati limitatamente ad alcuni dei reati connessi loro contestati, con grave lesione del loro diritto di difesa (1). Altro profilo di censura del ricorrente si è cristallizzato nella asserita abnormità dell’ordinanza del giudice del merito, dalla quale è dipesa la regressione dell’intero procedimento alla fase d’indagine, in ragione della ritenuta impraticabilità della separazione ex art. 18 c.p.p. rispetto alle imputazioni sfuggite all’interrogatorio. La denuncia in esame lamenta l’ingiustificata stasi processuale conseguente al provvedimento suddetto, in contrasto con l’art. 177 c.p.p., espressione del principio di tassatività e fondamento del divieto di configurabilità di ipotesi di nullità non previste dal legislatore. Più precisamente, l’abnormità andrebbe riferita alla declaratoria di nullità del decreto di rito immediato, che ha comportato la regressione alla fase di indagine anche di quella parte del processo oggetto di rituale esercizio dell’azione penale. Il vizio denunciato viene connesso dal ricorrente all’erronea applicazione della disciplina in materia di separazione, che preclude quest’ultima solo qualora il giudice ritenga la riunione assolutamente necessaria per l’accertamento dei fatti. Per contro, nel caso di specie, il giudice del merito avrebbe imposto la trattazione unitaria dei procedimenti in ragione di una giustificazione non contemplata dal dettato normativo e inerente le notevoli difficoltà di verifica di fondatezza dell’accusa. Sulla prima censura, la decisione in commento mostra di recepire la posizione del Tribunale, condividendo la declaratoria di nullità del decreto di rito immediato conseguente all’omissione dell’interrogatorio (2). Quanto al motivo concernente la mancata separazione dei procedimenti, la suprema Corte, pur ritenendo erroneamente applicato l’art. 18 c.p.p., esclude l’abnormità dell’ordinanza da cui è dipesa la regressione del procedimento alla fase d’indagine. La censura viene respinta in quanto il provvedimento, benché adottato contra legem, viene ritenuto espressione di un potere spettante al giudice che lo ha emesso, né tale da determinare un’ingiustificata stasi processuale. Così delineato l’ambito di analisi, pare interessante ragionare sulle conclusioni cui è pervenuto il giudice di legittimità alla luce di una breve riflessione incentrata sull’appartenenza del rito immediato al più ampio scenario dei riti speciali (3), dove a regnare sovrano è il compromesso tra speditezza e garanzie processuali. Le varie ipotesi di giudizi speciali, in effetti, pur nella loro diversità ed autonomia, perseguono una comune ricerca di celerità ed efficienza, finalità di non semplice contemperamento con le garanzie difensive (4). Il rito speciale che ci occupa si colloca tra quelli di anticipazione dibattimentale (5), che implicano una contrazione della durata delle indagini, e comporta il sacrificio dell’udienza preliminare (6). Finalità tipica del rito in esame è l’economia processuale (7), oggi particolarmente valorizzata in virtù della previsione a livello costituzionale del principio della ragionevole durata del processo, in sintonia con le convenzioni internazionali (8). Più in particolare, è possibile collocare il rito immediato tra i giudizi speciali “dell’alternativa accusatoria”, alla luce del tasso di accusatorietà che lo contraddistingue con riferimento alla prova della responsabilità, che si forma in contraddittorio tra le parti (9). In ragione delle delineate peculiarità del rito, espressione del bilanciamento tra esigenze di celerità e tutela di garanzie proprie del sistema accusatorio (10)e del giusto processo, indefettibile risulta l’interrogatorio dell’imputato. Tale presupposto, in effetti, inglobando la duplice funzione di verifica dell’evidenza probatoria e di garanzia del diritto di difesa (11), risponde a finalità deflattive nel contestuale rispetto di diritti costituzionalmente tutelati. Invero, è proprio in questa condizione di accesso al rito immediato che si cristallizza la garanzia del contraddittorio, dal momento che l’interrogatorio consente all’imputato di far valere le proprie ragioni e di evidenziare gli elementi a proprio discarico. Alla luce di tali considerazioni sistematiche, appaiono condivisibili le conclusioni della suprema Corte, la cui ratio pare poggiare sull’esigenza di garantire un rito speciale idoneo a rispondere alle esigenze di economia processuale, senza sacrificare il diritto di difesa ed il contraddittorio, garanzie irrinunciabili nel quadro dei valori costituzionali e sovranazionali. 2. PREVIO INTERROGATORIO: CONDITIO SINE QUA NON PER L’ACCESSO AL RITO SPECIALE Irrinunciabile presidio di garanzia nell’economia del giudizio immediato tipico (12), l’interrogatorio dell’imputato si colloca, unitamente all’evidenza probatoria ed al requisito temporale di cui all’art. 454, comma 1, c.p.p., tra i presupposti di accesso al rito (13). Tale specificazione si mostra doverosa in seguito alle modifiche apportate alla disciplina codicistica dalla l. n. 125/2008, che ha affiancato la nuova figura del giudizio immediato “custodiale” (14)a quella “classica” già a disposizione dell’accusa (15). L’intervento legislativo, inoltre, ha generato un radicale cambiamento nel rito speciale che ci occupa, trasformandolo da discrezionale in obbligatorio (16). Tuttavia, la novella non ha inciso sulla struttura del giudizio immediato ordinario, caratterizzata dalla previsione di condizioni di accesso tali da perseguire contestualmente la tipica finalità di economia processuale e la tutela del contraddittorio. In questa prospettiva, particolare rilievo assume il previo interrogatorio dell’imputato, contemplato dall’art. 453, comma 1, del codice di rito: la norma impone all’organo dell’accusa di formulare richiesta di rito immediato solo dopo aver espletato l’interrogatorio sui fatti dai quali emerge l’evidenza della prova o, quantomeno, dopo avere vanamente invitato la persona sottoposta alle indagini a presentarsi (purché la stessa non si sia presentata a causa di un legittimo impedimento o non si tratti di persona irreperibile). La pregnanza del presupposto in relazione alla garanzia del diritto di difesa scaturisce dalla funzione tipica che lo stesso assolve, in quanto sede atta a garantire il contraddittorio tra le parti, consentendo alla persona sottoposta alle indagini di contrapporre la propria versione dei fatti alla ricostruzione offerta dal pubblico ministero e di far valere la propria linea difensiva (17). La Corte di cassazione valorizza l’interrogatorio quale strumento difensivo (18), statuendo che lo stesso, nel caso di specie, non può ritenersi correttamente espletato in quanto agli imputati sono stati contestati solo alcuni dei fatti di reato addebitati, con conseguente sacrificio del loro diritto di difesa. Affinché il diritto in esame risulti pienamente tutelato, in effetti, occorre che il pubblico ministero contesti la totalità delle prove d’accusa, offrendo all’imputato un’occasione effettiva per esporre le proprie ragioni. Tanto non è avvenuto nel caso sottoposto al nostro esame, in quanto la contestazione della pubblica accusa non ha avuto ad oggetto tutti i reati connessi oggetto della richiesta di rito immediato, bensì solo i capi di imputazione in ordine ai quali il giudice per le indagini preliminari aveva accolto la richiesta di misura cautelare. Come precisato dalla suprema Corte, quanto occorso si pone in contrasto con la normativa processuale, la quale prescrive al pubblico ministero di richiedere il giudizio immediato solo a seguito dell’assolvimento dell’onere probatorio su di lui gravante, in relazione alla sussistenza dei requisiti legittimanti. La prova in discorso deve essere data dall’organo dell’accusa, indipendentemente dall’inquadramento giuridico dei fatti storici contestati. Nel caso che ci occupa, la suddetta dimostrazione, a giudizio della Corte, non è stata fornita dalla pubblica accusa, che si è limitata a dichiarare l’esistenza del presupposto concernente il previo interrogatorio degli imputati, non suffragando tale affermazione con alcuna prova. Per giunta, il pubblico ministero ha espressamente ammesso che l’incombente in esame non ha riguardato tutti i reati addebitati, dichiarando che gli imputati erano stati interrogati genericamente sui “fatti” di reato loro contestati e non sulle singole qualificazioni o sub-qualificazioni operate nel capo d’imputazione. Di qui le considerazioni della suprema Corte in merito all’irrilevanza delle doglianze sollevate dall’organo dell’accusa, volte a censurare l’iter argomentativo del giudice del merito (19). Ad assumere particolare rilievo, piuttosto, il fatto che, nel caso di specie, la richiesta di rito immediato abbia riguardato una pluralità di reati connessi, a cui sarebbe dovuta conseguire una contestazione minuziosa degli addebiti, avente ad oggetto ogni singola imputazione e idonea a garantire l’effettivo esercizio del diritto di difesa agli imputati (20). Alla luce delle suddette considerazioni, la suprema Corte aderisce alla declaratoria di nullità a regime intermedio del decreto di giudizio immediato, statuita dal giudice del merito. Contestualizzando la vicenda in esame all’interno della disciplina codicistica in materia di invalidità, la nullità dichiarata dal giudice dibattimentale è riconducibile alle ipotesi di ordine generale contenute nell’art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p. (21). Più in particolare, l’omissione dell’interrogatorio per alcuni dei reati addebitati determina una nullità a regime intermedio, concernente l’inosservanza delle disposizioni riguardanti l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato. Nel caso di specie, in conformità al dettato normativo di cui all’art. 185, comma 3, c.p.p, la declaratoria di nullità del Tribunale, relativa alla richiesta di rito speciale, ha contaminato la validità del successivo decreto di rito immediato, determinando la regressione del procedimento alla fase d’indagine in cui era stato compiuto l’atto nullo. A giudizio della suprema Corte, l’iter seguito dal giudice dibattimentale risulta corretto. L’ordinanza emanata dal giudice in discorso, in particolare, non sarebbe affetta dal vizio dell’abnormità, in quanto il tribunale, sindacando sull’omissione dell’interrogatorio per alcuni dei reati contestati, avrebbe esercitato un potere a lui spettante. In ordine alla sindacabilità dei presupposti legittimanti il rito immediato, l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di cassazione è fermo nel ritenere che in capo al giudice di merito residui un potere-dovere di verifica della ritualità formale e sostanziale dell’interrogatorio, ponendosi tale requisito a presidio di valori costituzionalmente protetti quali il contraddittorio ed il diritto di difesa. (22) Tanto interessa unicamente la condizione di accesso in esame, dovendosi, per contro, escludere un qualsiasi sindacato spettante al giudice medesimo in riferimento ai due ulteriori presupposti del giudizio immediato, coincidenti con l’evidenza probatoria (23)e con il termine di novanta giorni per la promozione del rito (24). La ratio di tale esclusione è da ravvisarsi nella tutela delle esigenze di celerità processuale che caratterizzano il giudizio speciale (25). Come precisato dalla suprema Corte, pertanto, il provvedimento del giudice dibattimentale concernente la sussistenza dei presupposti legittimanti diversi dall’interrogatorio si porrebbe al di fuori degli schemi processuali, risultando affetto da abnormità in quanto conseguente all’esercizio di un potere non spettante allo stesso. Dunque, l’accoglimento della richiesta formulata dal pubblico ministero in carenza dei presupposti di legge determina la nullità del relativo decreto di giudizio immediato solamente nell’ipotesi in cui difetti, o sia incompleto, l’interrogatorio o l’invito a presentarsi per renderlo (26). Contrariamente, avendo riguardo alla mancanza delle due residue condizioni legittimanti, non è previsto alcun rimedio, con il conseguente potenziamento della discrezionalità dell’organo dell’accusa (27). Venendo al caso di specie, la suprema Corte dichiara legittimo il sindacato esercitato dal giudice dibattimentale, in quanto lo stesso ha riguardato unicamente la sussistenza del requisito concernente il previo interrogatorio degli imputati. L’ordinanza del Tribunale, pertanto, statuendo la nullità del decreto di rito immediato, non si pone al di fuori degli schemi processuali e, di conseguenza, non risulta affetta da abnormità (28). Quanto al profilo inerente la separazione dei procedimenti, il legislatore codifica nell’articolo 453, comma 2, c.p.p. il principio del favor separationis per le ipotesi di connessioni di reati. La norma prescrive, infatti, che quando il reato per cui è richiesto il giudizio immediato risulta connesso con altri reati in ordine ai quali risultino insussistenti i presupposti di accesso al rito, si procede separatamente per gli altri reati e nei confronti degli altri imputati. Di qui la possibilità per il rito speciale di seguire il proprio iter, scindendosi dalle vicende connesse (29). Tanto è da escludersi qualora la separazione dei procedimenti arrechi un grave pregiudizio alle indagini: in tale evenienza, se ritenesse indispensabile mantenere il cumulo processuale, il giudice dovrebbe rigettare la richiesta di rito alternativo, formulata dal pubblico ministero, imponendo la riunione dei procedimenti e statuendo la prevalenza del rito ordinario. Con specifico riferimento al caso che ci occupa, il favor separationis si atteggia quale principio di applicazione generale. Così il pubblico ministero, come il Tribunale e la Suprema corte, infatti, assumono per certa l’astratta applicabilità della separazione alla vicenda di specie, sebbene la stessa esuli dai casi contemplati dall’art. 18 c.p.p. Ciò in quanto, mentre la riunione è condizionata a rigidi requisiti e ad ipotesi tassative, la separazione conosce una generale esperibilità, qualora il giudice la ritenga utile al fine di garantire i principi di celerità e semplificazione della vicenda processuale. Riprendendo il caso in esame, in merito all’impraticabilità della separazione statuita dal Tribunale, il giudice di legittimità dichiara che l’esclusione dell’opzione in discorso non è causa di annullamento del provvedimento del giudice dibattimentale, in quanto lo stesso ha agito nella sfera dei poteri a lui attribuita. Più in particolare, benché la separazione sia stata esclusa per “le notevoli difficoltà di verifica di fondatezza dell’accusa” e non a causa dei riflessi negativi sull’accertamento dei fatti (come prescritto dall’art. 18 del codice di rito), la suprema Corte esclude l’abnormità del provvedimento del Tribunale, ritenendolo affetto unicamente da vizio di motivazione. 3. IL GIUDIZIO IMMEDIATO TIPICO NELLO SCENARIO DEL GIUSTO PROCESSO: ECONOMIA PROCESSUALE E GARANZIE DIFENSIVE L’occasione fornita dalla pronuncia in commento è propizia per accennare ad alcune perplessità emerse in dottrina in ordine alla rispondenza del rito immediato tipico ai principi dell’equo processo, con particolare riferimento all’effettiva garanzia del diritto di difesa. Un primo profilo discusso attiene alla mancata previsione, nella disciplina del rito speciale in esame, della necessità di notificare all’indagato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all’art. 415-bis c.p.p. (30). Ad avviso di parte della dottrina (31), alla mancata applicazione della disposizione in discorso conseguirebbe una indebita compressione delle garanzie difensive, in quanto si avrebbe, oltre al sacrificio dell’udienza preliminare, anche la negazione della possibilità per l’imputato di conoscere, prima del rinvio a giudizio, la totalità degli elementi investigativi che lo riguardano (32). In questa prospettiva, si fa notare come, seguendo alla notifica di cui all’art. 415-bis c.p.p. il deposito della totalità del materiale costituente il risultato delle indagini, alla parte sia concesso espletare uno studio approfondito e meditato in ordine alle strategie difensive da adottare. Tanto non sarebbe garantito in sede di interrogatorio, essendo la comunicazione verbale degli atti investigativi affidata all’autorità procedente e non risultando in alcun modo assicurati, stante l’assenza di espresse sanzioni in proposito, l’an, il quantum né il quomodo dell’espletamento dell’incombente (33). Alla luce di tali considerazioni, la dottrina in discorso si mostra perplessa in ordine alla rispondenza del rito speciale che ci occupa rispetto alla garanzia del diritto di difesa, così come assicurata dai principi dell’equo processo, delineati dal nostro testo costituzionale e dalla Convenzione europea. Più in particolare, fonte di dubbio sarebbe la tutela conferita dal rito immediato tipico all’ esercizio delle garanzie difensive: l’inapplicabilità dell’articolo 415-bis renderebbe inevitabilmente parziale la rispondenza della disciplina in discorso agli standard di tutela richiesti dai canoni del giusto processo. Ai suddetti profili di critica è seguita questione di legittimità costituzionale, sollevata per asserita incostituzionalità dell’articolo 453 c.p.p. in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione (34). Nel dichiarare l’eccezione manifestamente infondata, il giudice delle leggi ha tuttavia ritenuto che le peculiari esigenze di economia processuale, sottese alla disciplina del giudizio immediato tipico, fossero idonee a rendere adeguata – anche alla luce del principio di durata ragionevole dei processi – la particolare conformazione delle modalità di esercizio del diritto di difesa nell’ambito del rito speciale in oggetto (35). In accordo con la Consulta si mostrano la dottrina dominante (36)e la giurisprudenza di legittimità (37). Non manca, tuttavia, chi tuttora ritiene che l’applicabilità dell’art. 415 bis c.p.p. alle ipotesi di rito immediato tipico sarebbe rispettosa della voluntas legis, non ponendosi in contrasto con la ratio del sistema e garantendo un notevole vantaggio in ordine alle chances difensive dell’indagato (38). In una prospettiva di valorizzazione del quadro di garanzie delineato dall’art. 111 Cost. e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la dottrina ha infine dedicato attenzione ad un secondo profilo del rito immediato tipico, concernente l’organo preposto all’espletamento del previo interrogatorio dell’imputato. Più precisamente, a suscitare il dibattito dottrinale è stato il quesito relativo alla possibilità o meno di ritenere integrato il presupposto legittimante in discorso, oltre che dall’interrogatorio del pubblico ministero di cui all’art. 453 c.p.p., da quelli del giudice per le indagini preliminari di cui agli artt. 294 c.p.p (nei confronti del soggetto in vinculis) e 391 c.p.p (in sede di convalida dell’arresto o del fermo). Mentre sul punto la dottrina si mostra divisa, la giurisprudenza di legittimità è unanime nel riconoscere piena validità, per l’instaurazione del rito, agli interrogatori espletati dal giudice per le indagini preliminari di cui sopra, statuendone l’idoneità ad assicurare l’effettivo esercizio del diritto di difesa, così come delineato dai principi del giusto processo (39). L’orientamento della suprema Corte è condiviso dalla dottrina maggioritaria (40). La stessa si mostra concorde nel privilegiare il dato testuale dell’art. 453 c.p.p., riferito genericamente al previo interrogatorio dell’imputato e suffraga ulteriormente la propria tesi osservando che, anche nelle ipotesi di interrogatorio di cui agli artt. 294 e 391 del codice di rito, all’indagato sarebbe assicurato il contraddittorio in ordine all’evidenza probatoria, e risulterebbe, pertanto, legittimo il conseguente sacrificio dell’udienza preliminare Un orientamento dottrinale minoritario (41)nega, invece, l’equipollenza tra l’interrogatorio espletato dalla pubblica accusa e quelli condotti dal giudice per le indagini preliminari, valorizzando il profilo funzionale del presupposto di accesso al rito in discorso: solo l’interrogatorio del pubblico ministero, infatti, sarebbe connotato da una finalità istruttoria idonea a contestare l’evidenza probatoria, risultando, per contro, quelli espletati dal giudice per le indagini preliminari obbedienti a finalità del tutto diverse (42)rispetto a quelle del rito immediato (43) . Alla luce di quanto precede, risulta come il nodo focale delle riflessioni svolte a proposito del giudizio immediato tipico da dottrina e giurisprudenza sia rappresentato dal tentativo di conciliare le peculiarità del rito alternativo con il quadro di garanzie delineato dai principi costituzionali e convenzionali del giusto processo. La tipica finalità acceleratoria del rito che ci occupa, infatti, impone inevitabilmente il sacrificio, o quanto meno la riduzione, di alcune garanzie. Ad avviso di chi scrive, l’articolazione normativa del giudizio immediato tipico assicura un giusto contemperamento tra le finalità di speditezza processuale proprie del rito e la garanzia del diritto di difesa. Con particolare riferimento alla vicenda oggetto della pronuncia che si annota, a presidio dell’equo bilanciamento in parola si collocano i principi di irrinunciabilità e di completezza del previo interrogatorio, fortemente valorizzati dalla Corte di cassazione. La linea interpretativa seguita dai giudici di legittimità non può non essere condivisa: solo l’espletamento dell’interrogatorio su tutti i fatti contestati all’imputato garantisce un effettivo esercizio del diritto difesa e rende il rito speciale conforme ai parametri del giusto processo. (1) Così Sez. VI, 15 aprile 2010, n. 25968, in C.E.D. Cass., n. 247817, rileva la necessità che il preventivo interrogatorio dell’imputato abbia ad oggetto la totalità dei reati connessi addebitati; in caso contrario, è ravvisabile violazione del diritto di difesa, cui consegue nullità a regime intermedio del decreto di rito immediato. In senso conforme, v. Sez. II, 28 settembre 2005, n. 40231, ivi, n. 232768, che sanziona con la medesima previsione di nullità l’omissione del previo interrogatorio quale presupposto legittimante il rito immediato. (2) Del medesimo avviso, C. cost., 18 luglio 2002, n. 371, in Giur. cost., 2002, p. 2744, nel rilevare che l’interrogatorio non può considerarsi validamente espletato se ha riguardato addebiti diversi o ridotti rispetto a quelli oggetto della richiesta di rito immediato. Nel verificare il corretto espletamento, la Corte precisa che al giudice dibattimentale è attribuito, ex art. 178, comma 1, lett. c) c.p.p., il potere di sindacare la ritualità formale e sostanziale del presupposto legittimante concernente l’interrogatorio. Concordano con il giudice delle leggi, ravvisando, in caso di omesso interrogatorio, un’ipotesi di nullità (ex art. 178, comma 1, lett. c) c.p.p.) della richiesta di rito immediato per violazione del diritto di difesa, sia la dottrina che la giurisprudenza maggioritaria di legittimità. Con riferimento alla prima, v. Illuminati, Giudizio immediato, in AA.VV., I riti differenziati nel nuovo processo penale, Giuffrè, 1990, p. 139 ss.; Marzo, I giudizi immediati, Cedam, 2012, p. 80 ss.; Claudiani, Messeri, Il giudizio immediato, Giuffrè, 2012, p. 82; quanto alla seconda, in senso conforme: Sez. II, 28 settembre 2005, n. 40231, in questa rivista, 2006, p. 3727; Sez. V, 21 gennaio 1998, n. 1245, in C.E.D. Cass., n. 210028. In senso difforme: Sez. III, 5 febbraio 2008, n. 12141, in questa rivista, 2009, p. 2087; Sez. III, 25 ottobre 2007, n. 46761, ivi, n. 238506, a sostegno di un recente orientamento che esclude totalmente la sindacabilità del decreto di giudizio immediato da parte del giudice dibattimentale. Si ritiene infatti abnorme (in quanto determinante un’indebita regressione del procedimento) il provvedimento con il quale il giudice medesimo dichiari la nullità, per qualsiasi causa, del decreto che dispone il giudizio e ordini la restituzione degli atti al pubblico ministero, in quanto non previsto dalla disciplina processuale un ulteriore controllo rispetto a quello tipico (ex art. 455 c.p.p.) attribuito al giudice delle indagini preliminari al momento della decisione sulla richiesta di rito immediato. (3) Per un approfondimento, Bene, Il giudizio immediato, Edizioni Scientifiche Italiane, 2000, p. 127 ss.; Orlandi, Procedimenti speciali, in AA.VV., Compendio di procedura penale, a cura di Conso e Grevi, Cedam, 2012, p. 663 ss. (4) V. Bargi, La ragionevole durata del processo tra efficienza e garanzia, in AA. VV., Processo penale e costituzione, a cura di Dinacci, Giuffrè, 2010, p. 470 ss.; Claudiani, Messeri, Il giudizio immediato, cit., p. 17 ss., in cui si evidenzia la diversità tra i giudizi speciali in ragione dell’essenzialità delle garanzie sacrificate, distinguendo tra: giudizi che vedono eliminate garanzie meramente procedurali, mantenendo la totalità delle sostanziali chance difensive quali oralità e contraddittorio nella formazione della prova (rito immediato e rito direttissimo); altri, nei quali il venir meno delle garanzie attiene alla sostanza del diritto alla prova (rito abbreviato e decreto penale); altri ancora che, oltre alla sottrazione della totalità delle garanzie suddette, vedono il sacrificio dell’integralità della cognizione di merito del giudice (patteggiamento). (5) Cfr. Rivello, voce Giudizio immediato, in Enc. dir., Annali, vol. III, Giuffrè, 2010, p. 468 ss.; Siracusano, voce Giudizio immediato, in Dig. d. pen., vol. V Agg., Utet, 2010, p. 399. (6) Il sacrificio dell’udienza preliminare è connesso al presupposto dell’evidenza probatoria. La prova evidente, nel rito immediato, non è quella che dà la certezza della condanna, bensì quella che dimostra la fondatezza della richiesta di rinvio a giudizio, in modo tale da far apparire inutile l’udienza preliminare, anche se il quadro probatorio risulta suscettibile di modificazioni decisive nel corso del giudizio. In tal senso, v.: Sez. III, 7 dicembre 2007, n. 579, in questa rivista, 2009, p. 1143; Sez. III, 2 marzo 2001, n. 15833, in C.E.D. Cass., n. 218674; Sez. V, 21 gennaio 1998, n. 1245, ivi, n. 210028; Sez. I, 15 aprile 1993, n. 5355, ivi, n. 194220. V. inoltre Sez. un., 6 dicembre 1991, n. 22, Di Stefano, in questa rivista, 1992, p. 1767. (7) Sez. IV, 25 ottobre 2007, n. 46761, in C.E.D. Cass., n. 238506. Nella medesima direzione, C. cost., 18 luglio 2002, n. 371, cit., p. 2744. 8) Sul tema, in dottrina si veda Gambini, La scommessa dei riti alternativi, in AA.VV., La ragionevole durata del processo. Garanzia ed efficienza della giustizia penale, a cura di Kostoris, Giappichelli, 2005, p. 39. L’autrice evidenzia come i procedimenti semplificati, per realizzare effettivamente la finalità di economia processuale, debbano essere convenienti per l’imputato, mostrandosi rispondente agli interessi difensivi del medesimo una conclusione anticipata del procedimento. Si precisa che difficilmente un rito alternativo potrà apparire conveniente per l’imputato, se l’iter ordinario, di regola, non rispetta tempi ragionevoli. 9) Cfr. NAPPI, Guida al nuovo codice di procedura penale, Giuffrè, 1992, p. 12 e Rivello, Il giudizio immediato, Cedam, 1993, p. 33. Si distingue il rito immediato dai giudizi speciali “dell’alternativa inquisitoria”, che presentano pregnanti deroghe ai principi cardine del sistema accusatorio, in particolare al contraddittorio nella formazione della prova e alla pubblicità nella celebrazione del giudizio. (10) Illuminante in tal senso, Rivello, Il giudizio immediato, cit., p. 66. (11) V. C. cost., 29 gennaio 2004, n. 52, in www.cortecostituzionale.it; C. cost., 16 aprile 2003, n. 127, in Giur. cost., 2003, p. 966. In tali pronunce, il giudice delle leggi statuisce che le garanzie difensive sono assicurate dalla struttura del rito immediato, la quale contempla l’interrogatorio tra gli indefettibili presupposti di accesso al rito speciale. In senso conforme in dottrina, si veda Giunchedi, Questioni irrisolte e prospettive di riforma del giudizio immediato “tipico”, in Giur. it., 2002, V, c. 1116; Giunchedi, voce Interrogatorio, in Dig. d. pen., vol. II, Agg., Utet, 2004, p. 483 ss. (12) Del medesimo avviso, C. cost., 12 aprile 2002, n. 120, in Giur. cost., 2002, p. 3017 ss., con osservazione di Fiorio, Scelta del rito, giudizio immediato e garanzie difensive. In argomento, in dottrina, si veda Gabrielli, In tema di giudizio immediato: interrogatorio, in Giur. it., 2010, p. 1695. (13) I presupposti legittimanti il rito immediato tipico a richiesta dell’accusa, in conformità alla direttiva n. 44 della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, sono elencati negli artt. 453 ss. del codice di rito. Le condizioni necessarie affinché il pubblico ministero possa legittimamente richiedere il rito sono tre: la prova evidente, l’invito della persona sottoposta alle indagini a presentarsi per rendere interrogatorio ed il termine di novanta giorni dall’iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p. Per un approfondimento sul tema, v. BENE, Il giudizio immediato, cit., p. 157. (14) Il nuovo modello processuale ha fatto seguito alle modifiche apportate al giudizio immediato ordinario dal d.l. 23 maggio 2008, n. 92, conv. in l. 24 luglio 2008, n. 125. La novella è stata introdotta con la finalità di inserire una forma di priorità per i processi aventi ad oggetto fatti che destano particolare allarme sociale. La nuova figura di rito immediato presenta condizioni legittimanti differenti rispetto a quelle del giudizio immediato classico. Sul punto, v. Valentini, La poliedrica identità del nuovo giudizio immediato, in AA.VV., Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, a cura di Mazza e Viganò, Giappichelli, 2008, p. 301. (15) Il giudizio immediato tipico, al pari di quello custodiale, è ad iniziativa della pubblica accusa. Tale profilo rappresenta uno dei punti di contatto tra i due modelli processuali, unitamente alla perseguita finalità di economia processuale. Quanto ai punti di rottura tra i due riti speciali, significative si mostrano le differenze strutturali e funzionali. Di qui l’insorgenza di un acceso dibattito in dottrina in ordine all’autonomia ed alla eterogeneità del nuovo rito custodiale rispetto al giudizio immediato ordinario. Per un approfondimento, v. Valentini, La poliedrica identità del nuovo giudizio immediato, cit., p. 290. (16) Sull’effettiva portata dell’obbligatorietà, la giurisprudenza di legittimità non si mostra unanime. Alcune pronunce sostengono che in capo all’organo dell’accusa permanga un potere discrezionale di scelta del rito, anche a seguito della modifica legislativa del 2008. In tal senso, v. Sez. II, 4 febbraio 2010, n. 7822, in Dir. pen. proc., 2010, p. 1455, con nota di Bene, Equivoco sulla obbligatorietà dei riti alternativi. Del medesimo avviso in dottrina, Lorusso-Ricci, Le novità del “pacchetto sicurezza” (seconda parte). I profili processuali, ivi, 2008, p. 1485. (17) Sulle funzioni dell’interrogatorio, Giunchedi, Questioni irrisolte e prospettive di riforma nel giudizio immediato “tipico”, cit., p. 1116; Aprile, I riti speciali davanti al giudice dibattimentale: giudizio immediato, giudizio direttissimo con eventuale rito abbreviato, applicazione della pena su richiesta, in Giur. merito, 1999, p. 162. (18) V. Bene, Il giudizio immediato, cit., p. 71. (19) Lo stesso, ad avviso del ricorrente, risulterebbe errato in quanto il tribunale si sarebbe limitato ad un raffronto formale tra le imputazioni per le quali era stata emessa misura cautelare, non avendo acquisito gli interrogatori espletati dal giudice per le indagini preliminari e mancando di esaminare gli atti da giudicare. (20) Sulla nullità del decreto di giudizio immediato in seguito all’omissione del previo interrogatorio dell’imputato in ordine ad un reato connesso, v. Sez. VI, 15 aprile 2010, n. 25968, in C.E.D. Cass., n. 247817. (21) V. C. cost., 18 luglio 2002, n. 371, cit., p. 2744. Sul punto, v. altresì, Orlandi, Procedimenti speciali, cit., p. 726. (22) In ordine alla sindacabilità sul corretto espletamento del previo interrogatorio, v. Sez. VI, 10 gennaio 2011, n. 6989, in C.E.D. Cass., n. 249463; Sez. III, 5 febbraio 2008, n. 12141, ivi, n. 239334; Sez. III, 25 ottobre 2007, n. 46761, ivi, n. 238506; Sez. IV, 27 giugno 2007, n. 39537, ivi, n. 237831; Sez. I, 14 aprile 2004, n. 23127, ivi, n. 228995. (23) In tema di insindacabilità, a pena di abnormità, in capo al giudice dibattimentale in riferimento all’evidenza della prova, v. Sez. IV, 10 dicembre 2013, n. 1520, in C.E.D. Cass., n. 258489; Sez. I, 14 luglio 2000, n. 9553, ivi, n. 216813; Sez. V, 21 gennaio 1998, n. 1245, ivi, n. 210028. In tali pronunce, la Corte precisa che la verifica sulla sussistenza dell’evidenza della prova spetta esclusivamente al giudice per le indagini preliminari e che l’eventuale carenza del presupposto in discorso non può determinare la regressione del procedimento ad una fase precedente, non integrando alcuna nullità.Del medesimo avviso C. cost., 22 dicembre 1992, n. 482 in Giur. cost., 1992, p. 4357, con la quale il giudice delle leggi ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità del combinato disposto degli artt. 453, 456 e 458 c.p.p. in riferimento all’art. 24 cost., nella parte in cui non prevedono che il giudice del dibattimento possa dichiarare l’inammissibilità del rito immediato quando manchi l’evidenza probatoria. Nella medesima direzione, in dottrina, Marzo, I giudizi immediati, cit., p. 79. L’autrice chiarisce che l’insindacabilità in discorso discende dal fatto che il giudice dibattimentale non potrebbe saggiare, in sede di merito, un requisito eminentemente valutativo, quale risulta l’evidenza probatoria. Il presupposto in discorso, infatti, presupporrebbe la conoscenza di atti d’indagine dei quali il giudice del merito, di norma, non dispone. (24) V. Sez. III, 28 marzo 2013, n. 31728, in C.E.D. Cass., n. 256733; Sez. VI, 10 gennaio 2011, n. 6989, ivi, n. 249463; Sez. III, 5 febbraio 2008, n. 12141, ivi, n. 239334, nelle quali la suprema Corte precisa che l’unico controllo che residua in capo al giudice dibattimentale è quello concernete il previo interrogatorio dell’imputato. (25) Sul contrasto tra sindacato del giudice dibattimentale in ordine alla sussistenza dei presupposti legittimanti e le esigenze di speditezza e di risparmio di risorse processuali tipiche del rito immediato si veda: C. cost., 18 luglio 2002, n. 371, cit., p. 2744. (26) Per un approfondimento v. Claudiani, Messeri, Il giudizio immediato, cit., p. 214. (27) Con particolare riferimento all’ipotesi nella quale il giudice per le indagini preliminari abbia erroneamente disposto il rito immediato , nel mancato rispetto del termine dei novanta giorni per la promozione del giudizio, si veda: Sez. III, 4 ottobre 2007, n. 41579, in questa rivista, 2008, p. 4263; Sez. I, 27 maggio 2004, n. 26305, ivi, 2005, p. 887; Sez. III, 26 settembre 1995, n. 273, ivi, 1997, p. 117. Tali pronunce sono espressione dell’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità, fermo nel precisare che il mancato rispetto del presupposto temporale in discorso non comporta nullità, bensì mera irregolarità inidonea a produrre conseguenze sugli atti processuali successivi. Tanto in quanto, la carenza del requisito temporale non sarebbe riconducibile né alla previsione di cui alla lettera c) dell’art. 178 c.p.p. (dato che la mancanza del contraddittorio in sede di delibazione della richiesta del pubblico ministero, da parte del giudice, non influisce sul merito dell’azione penale), né alla lettera b) della medesima disposizione (non risultando compromessa l’iniziativa dell’accusa nell’esercizio dell’azione penale). (28) Per una precisa definizione di abnormità, v. Sez. VI, 5 maggio 2008, n. 4209, in C.E.D. Cass., n. 242093; Sez. VI, 28 marzo 2007, in http://www.altalex.com/index.php?idstr=20&idnot=37029; Sez. un., 24 novembre 1999, Magnani, in questa rivista, 2000, p. 1569. In senso conforme, Sez. un., 10 dicembre 1997, Di Battista, ivi, 1998, p. 1607. (29) V. Orlandi, Procedimenti speciali, cit., p. 725. (30) L’avviso in discorso, previsto a pena di nullità per le ipotesi di ordinario esercizio dell’azione penale, è stato introdotto dall’art. 17, comma 2, della l. 16 dicembre 1999, n. 479 (c.d. “ Legge Carotti”). L’art. 415-bis c.p.p assolve ad una funzione informativa, rispondente all’esigenza di garantire all’indagato un’effettiva possibilità di esercizio del proprio diritto di difesa, in un momento antecedente l’esercizio dell’azione penale: siffatto strumento consente, infatti, di evitare che il materiale raccolto dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, a carico dell’inquisito, abbia valenza inequivoca. L’apporto difensivo, in effetti, potrebbe determinare la pubblica accusa a richiedere l’archiviazione, esclusa prima facie. In argomento v. Amodio, Lineamenti sulla riforma, in AA.VV., Giudice unico e garanzie difensive, a cura di Amodio e Galantini, Giuffrè, 2001, p. 26; Giordano, Indagini: dimezzato il pm, in Guida dir., 2000, p. 34; Verdoliva, L’avviso all’indagato di conclusione delle indagini, in AA.VV., Le recenti modifiche al codice di procedura penale, vol. I, a cura di Kalb, Giuffrè, 2000, p. 71-81. (31) In tal senso v. Marzo, Il giudizio immediato, cit., p. 21; Iafisco, Avviso di chiusura delle indagini preliminari e giudizio immediato: la Corte costituzionale riduce gli ambiti del giusto processo, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2003, p. 511; Nuzzo, La Corte costituzionale esclude l’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei procedimenti speciali, in questa rivista, 2002, p. 3736 ss. (32) Più precisamente, la censura si fonda sul rilievo che al mancato deposito della documentazione relativa alle indagini, prescritto dall’art. 415-bis, non equivarrebbe la tutela apprestata da alcun altro incombente, né la contestazione verbale degli elementi e delle fonti prova contenuta nell’invito a comparire (ex art. 375, comma 3, c.p.p.) potrebbe costituire idoneo surrogato: l’esercizio del diritto di difesa, infatti, non sarebbe parimenti garantito. (33) Di qui l’asserita inevitabile disparità del grado di consapevolezza della valutazione in ordine alla strategia difensiva da avviare: mentre le iniziative difensive intraprese a seguito di notifica dell’avviso ex art. 415-bis c.p.p sarebbero frutto di preventiva e meditata conoscenza delle investigazioni, quelle conseguenti l’invito a rendere interrogatorio sorgerebbero sulla base di scarni riferimenti imposti dall’articolo 375, comma 3, c.p.p, ovvero di altri atti eventualmente emersi nel corso dell’espletamento dell’audizione. (34) Sul punto, v. Trib. La Spezia, 8 giugno 2011, in Ind. pen., 2001, p. 883 ss., con nota di Caprara, Rilievi di legittimità costituzionale dell’art. 453 c.p.p.L’asserita incostituzionalità avrebbe riguardo alla violazione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e del diritto di difesa (art. 24 Cost.), stante l’operatività dell’avviso di cui all’art. 415 rispetto alle sole ipotesi di esercizio ordinario dell’azione penale e di citazione diretta a giudizio. Più specificatamente, la censura andrebbe riferita alla mancata applicazione della norma in parola al rito immediato ,in quanto rito speciale, anche avendo riguardo alla previsione di cui all’art.550 c.p.p.: di non semplice comprensione sarebbe, infatti, la ratio dell’ espressa applicazione dell’avviso di conclusione delle indagini alle ipotesi di citazione diretta a giudizio, e la previsione di cui al secondo comma dell’art. 552 c.p.p. che sanziona, in termini di nullità, il decreto di citazione a giudizio che non sia preceduto dall’avviso de quo. (35) V. C. cost., 16 maggio 2002, n. 203, in Giur. cost., 2002, p. 1601, con nota critica di Spangher, Solo un obiter dictum in tema di applicabilità dell’art.415-bis?. La Corte dichiara che il confronto tra le opportunità di esercizio del diritto di difesa conseguenti all’avviso di conclusione delle indagini preliminari e quelle offerte dalla disciplina del giudizio immediato deve essere condotto tenendo presenti gli specifici presupposti e la peculiare struttura del rito alternativo. Quanto alle censure in merito all’asserita disparità di trattamento, la violazione dell’art. 3 Cost. è da escludersi, stante la ragionevolezza della conformazione delle modalità di esercizio del diritto di difesa alle esigenze di celerità e semplificazione che ispirano il rito immediato. Il giudice delle leggi precisa, altresì, che il contraddittorio preventivo sull’esercizio dell’azione penale deve ritenersi garantito dal previo interrogatorio dell’imputato, che offre una copertura normativa funzionalmente corrispondente a quella dell’art. 415-bis. (36) In tal senso v. Leo, sub art. 415-bis, in Codice di procedura penale commentato, a cura di Giarda e Spangher, Ipsoa, 2001, p. 554; Riccio, Giusto processo: quando il giudice di merito decide di non decidere, in Dir. e giust., 2002, p. 13; Salvi, Luci ed ombre di un convulso fine di legislatura, in Leg. pen., 2001, p. 491; Manzione, Quale processo dopo la “legge Carotti”?, in Leg. pen., 2000, p. 248; Nuzzo, L’avviso di conclusione delle indagini preliminari ovvero una garanzia incompiuta per l’inquisito, in questa rivista, 2001, p. 683.La suddetta dottrina esclude l’applicabilità dell’art. 415-bis al rito immediato (ravvisando l’equipollenza tra avviso di chiusura delle indagini e previo interrogatorio), facendo leva sulle esigenze di risparmio di risorse processuali che lo connotano e sul dato letterale del codice di rito: quest’ultimo, infatti, impone l’onere di cui all’art. 415-bis esclusivamente in ambito di procedimento ordinario e di casi di citazione diretta a giudizio. In tali ipotesi, l’inadempimento dell’onere in discorso è espressamente sanzionato, con la nullità della richiesta di rinvio a giudizio, dagli articoli 416, comma 1, e 552, comma 2, del codice di rito. Di qui, ad avviso della dottrina in esame, ad ostare ad un’interpretazione estensiva dell’articolo 415-bis, ed alla conseguente applicazione di sanzioni in caso di inadempimento, sarebbe, altresì, il principio di tassatività in tema di nullità. (37) Sull’esclusione dell’applicabilità dell’art. 415-bis al rito immediato, v. Sez. IV, 14 febbraio 2007, n. 11983, in C.E.D. Cass., n. 236283; Sez. VI, 24 febbraio 2003, n. 18151, ivi, n. 225530; Sez. V, 27 novembre 2002, .ivi, n. 226429.Più in generale, in tema di inapplicabilità dell’avviso di chiusura delle indagini ai riti alternativi, nel rispetto della tipica finalità di economia processuale, v. Sez. III, 7 luglio 2000, n. 2696, in Riv. pen., 2001, p. 417; Sez. I, 13 giugno 2000, in C.E.D. Cass., n. 216171. (38) Per un approfondimento, v. Caprioli, Nuovi epiloghi della fase investigativa: procedimenti contro ignoti e avviso di conclusione delle indagini preliminari, in AA.VV., Il processo penale dopo le riforme del giudice unico, a cura di Peroni, Cedam, 2000, p. 274; Mennuni, L’avviso di conclusione delle indagini preliminari nei procedimenti alternativi, in Dir. pen. proc., 2002, p. 619; Verdoliva, L’avviso all’indagato di conclusione delle indagini, cit., p. 80. Ad avviso di tale dottrina, la previsione dell’avviso di chiusura delle indagini porterebbe il magistrato a dare conto delle proprie determinazioni in ordine agli elementi del fatto e, altresì, all’evidenza della prova. Di qui la valorizzazione delle garanzie difensive, nel recupero di un contraddittorio non presente prima dell’introduzione dell’art 415-bis: la mancanza di tale disposizione, infatti, imponeva al giudice per le indagini preliminari di decidere sulla richiesta di giudizio immediato senza la presenza delle parti e senza informare preventivamente l’indagato. (39) La giurisprudenza di legittimità è unanime nell’equiparare i diversi interrogatori in parola, facendo leva sia sul dato strettamente letterale dell’art. 453 del codice di rito, sia sulla funzione degli interrogatori in questione. È stato evidenziato, invero, che la norma in discorso si riferisce genericamente all’interrogatorio, senza ulteriori specificazioni, e che tutte le tipologie di interrogatorio in esame, indipendentemente dall’organo preposto all’espletamento, offrono all’indagato la possibilità di esercitare il diritto di difesa, contestando l’evidenza probatoria profilata dall’accusa.Sull’equipollenza tra l’interrogatorio del pubblico ministero e quelli del giudice per le indagini preliminari di cui agli artt. 294 e 391 c.p.p. , v. Sez. II, 18 gennaio 2012, 17007, in C.E.D. Cass., n. 252820; Sez. II, 7 ottobre 2010, n. 39534, in C.E.D. Cass., n. 248873; Sez. III, 2 dicembre 2009, n. 3668, in questa rivista, 2001, p. 1278; Sez. III, 20 novembre 2009, n. 44883, in Giur. it., 2010, p. 1694; Sez. IV, 13 gennaio 1998, n. 319, in questa rivista, 1999, p. 1860; Sez. VI, 11 febbraio 1994, n. 9748, ivi, 1996, p. 850; Sez. VI, 30 ottobre 1992, n. 11625, in C.E.D. Cass., n. 192899. (40) In tal senso, v. Paolozzi, Profili strutturali del giudizio immediato, in AA.VV., I giudizi semplificati, a cura di Gaito, Cedam, 1989, p. 224; Rivello, Il giudizio immediato, cit., p. 162; Selvaggi, Giudizio immediato, in Dig. d. pen., 2000, p. 557; Macchia, Giudizio direttissimo e giudizio immediato, in Giust. pen., 1990, III, c. 335. (41) Per un approfondimento, v. Gaito, Il giudizio direttissimo e il giudizio immediato, in AA.VV., I giudizi semplificati, a cura dello stesso, Cedam, 1989, p. 197; Illuminati, Il giudizio immediato, cit., p. 713. (42) Più specificatamente, ad avviso della dottrina in questione, gli interrogatori espletati dal giudice per le indagini preliminari non consentirebbero un’effettiva contestazione dell’evidenza probatoria, risultando rispondenti a diverse finalità. In particolare: l’interrogatorio di cui all’art. 294 c.p.p. obbedirebbe alla finalità espressamente prevista al terzo comma della norma medesima, essendo finalizzato alla valutazione, da parte del giudice, della permanenza delle condizioni di applicabilità e delle esigenze cautelari previste dai precedenti artt. 273, 274 e 275 c.p.p.; quello di cui all’art. 391 c.p.p. perseguirebbe la differente finalità di verifica, sempre da parte del giudice, della sussistenza delle condizioni che legittimano l’arresto. (43) La ratio della tesi dottrinale in discorso poggia sulla necessità di garantire all’indagato un effettivo esercizio del suo diritto di difesa, rispondente ai principi del giusto processo. Tanto non sarebbe assicurato ammettendo l’equipollenza tra i diversi interrogatori in esame, in quanto solo quello condotto dalla pubblica accusa risponderebbe alle finalità richieste dal rito immediato, consentendo una specifica contestazione in ordine all’evidenza della prova.Contenuto Riservato!