Giovanni Facci, Ordinamento sportivo e regole d’invalidità del contratto, in Riv. Trim.dir. proc. civ., 2013, p. 237.
Ordinamento sportivo e regole d’invalidità del contratto
Sommario: 1. Premessa. — 2. Le norme dell’ordinamento sportivo e le norme imperative. — 3. Il contratto concluso in violazione di norme regolamentari sportive. — 4. (Segue) il giudizio sulla meritevolezza di tutela degli interessi perseguiti dai contratti sportivi. — 5. (Segue) l’oggetto del contratto. — 6. (Segue) il giudizio sulla meritevolezza e la simulazione del contratto. — 7. (Segue) violazione di norme sportive e validità del contratto. — 8. La violazione dell’art. 4, l. n. 91 del 1981 e la nullità testuale. — 9. La violazione dell’art. 4, l. n. 91 del 1981 e la nullità virtuale. — 10. Conclusioni.
1. Premessa
I contratti stipulati da soggetti appartenenti all’ordinamento sportivo e destinati ad avere efficacia nell’ordinamento statale suscitano particolare interesse nell’ottica del sistema delle invalidità contrattuali. I c.d. contratti sportivi, infatti, hanno originato una singolare elaborazione giurisprudenziale, sia in caso di violazione delle norme previste dalla l. 23 marzo 1981, n. 91, disciplinante il professionismo sportivo, sia in ipotesi di inottemperanza alle disposizioni regolamentari, interne all’ordinamento sportivo; in questo modo, si è posto il problema delle conseguenze derivanti dall’inosservanza di siffatte disposizioni e pertanto della sorte del contratto concluso contravvenendo a questi precetti.
Per questa ragione, appare opportuno, prima di tutto, accertare la natura delle disposizioni che vengono in rilievo nell’ordinamento sportivo, ad iniziare dalle norme della l. n. 91 del 1981, il cui carattere imperativo si evince in prima battuta proprio dalla previsione espressa della nullità (c.d. nullità testuale), contenuta nell’art. 4, comma 1°, riguardante il contratto di lavoro subordinato sportivo. Tale disposizione, infatti, stabilisce che «il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto in forma scritta, a pena di nullità, tra lo sportivo e la società destinataria delle prestazioni sportive».
Al contempo, ulteriori indici dell’imperatività delle norme della l. n. 91 del 1981 sono rinvenibili, ad esempio, nello stesso art. 4, allorchè si prevede l’obbligo di depositare il contratto presso la federazione per l’approvazione (comma 2°); la sostituzione di diritto delle eventuali clausole contenti deroghe peggiorative rispetto al contratto tipo (comma 3°); l’obbligo di prevedere, nel contratto individuale, una clausola che imponga allo sportivo il rispetto «delle istruzioni tecniche e delle prescrizioni impartite per il conseguimento degli scopi agonistici» (comma 4°); il divieto di clausole di non concorrenza o limitative della libertà professionale dello sportivo, per il periodo successivo Iscriviti alla nostra newsletter per avere accesso immediato Se sei già iscritto, inserisci nuovamente la tua email per accedere Dalle disposizioni ricordate, pertanto, si evince non solo il carattere inderogabile delle norme o gli interessi generali tutelati nel caso di specie (2), ma anche l’indisponibilità di tali interessi da parte dei soggetti coinvolti, ad ulteriore conferma del carattere imperativo delle disposizioni della l. n. 91 del 1981 (3). Di conseguenza — stante la natura imperativa dei precetti della l. n. 91 del 1981, nella parte in cui disciplina il contratto di lavoro sportivo — si deve valutare — allorchè la nullità non sia espressamente prevista quale conseguenza della violazione — se il contrasto con la norma imperativa determini, ai sensi dell’art. 1418, comma 1°, c.c., la nullità del contratto oppure provochi una conseguenza diversa; la parte finale dell’art. 1418, comma 1°, c.c., infatti, contiene un’eccezione, che consente di escludere la nullità del contratto, nonostante la violazione della norma imperativa. La nullità non è, pertanto, una conseguenza obbligata, ma un esito soltanto possibile della violazione di una norma imperativa, essendo rimesso all’interprete accertare se la trasgressione — alla luce della ratio ispiratrice della norma violata — acquisti rilievo o meno sul piano della nullità (4). 2.Le norme dell’ordinamento sportivo e le norme imperative Le disposizioni interne all’ordinamento sportivo — emanate dalle federazioni quali associazioni con personalità giuridica di diritto privato, secondo la definizione dell’art. 23, d.lgs. 8 gennaio 2004, n. 15 e dell’art. 15, d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242 — si pongono su un piano diverso rispetto alle norme giuridiche e pertanto non sono riconducibili a quest’ultime. Il potere statuario e regolamentare esercitato dalle federazioni sportive, infatti, è espressione del più generale potere di autonomia privata, tanto che l’efficacia delle norme sportive è limitata soltanto all’àmbito del relativo ordinamento, nei riguardi degli organi delle federazioni stesse e degli associati (5). In particolare, le c.d. regole sportive — lungi dal poter essere considerate come fonti del diritto (6) — rappresentano — secondo la s.C. (7) — atti di autonomia organizzativa contrattuale, in relazione ai quali opera frequentemente il richiamo al c.d. contratto normativo (8). Il potere regolamentare, difatti, trae il proprio fondamento giuridico non già da una delega di poteri normativi da parte dello Stato, bensì dalla stessa potestà riconosciuta ad ogni formazione sociale di darsi una serie più o meno completa di regole, al fine di disciplinare i rapporti con i propri associati, anche in vista di futuri e distinti accordi negoziali. Al riguardo, si consideri che l’art. 23, comma 1°, statuto Coni, di cui al d.lgs. 8 gennaio 2004, n. 15, limita espressamente la valenza pubblicistica degli atti delle federazioni sportive alle sole attività espressamente indicate, oltre a quelle previste dalla legge; tra di esse, non rientra la potestà normativa e regolamentare, che pertanto è estranea all’àmbito (limitato) di attività della federazione avente rilevanza pubblicistica. Risulta evidente, così, che le norme sportive — espressione di un potere spettante a qualsiasi istituzione nel proprio àmbito, secondo i canoni dell’autonomia privata — non possono essere assimilate alle norme giuridiche. Ogni istituzione ha il potere di vincolare i soggetti ad essa appartenenti, i quali con la loro adesione manifestano la volontà di sottostare alle regole previste, comprese quelle che disciplinano i futuri eventuali accordi, posti in essere nell’àmbito della corrispondente organizzazione sociale (9). In tal modo, le norme sportive — fondate sul consenso degli appartenenti alle federazioni sportive — sono considerate espressione dell’autonomia privata degli associati. Per questa ragione, stante la natura prettamente negoziale, deve escludersi che l’inosservanza della norma regolamentare o statutaria dell’ordinamento sportivo possa divenire rilevante sotto il profilo della violazione di legge, con conseguente nullità del contratto, ai sensi dell’art. 1418, comma 1°, c.c. (10). 3.Il contratto concluso in violazione di norme regolamentari sportive. La natura negoziale delle norme regolamentari dell’ordinamento sportivo, espressione dell’autonomia privata delle federazioni, pone la questione dell’efficacia al cospetto dell’ordinamento statale, di un contratto concluso in violazione delle regole dell’ordinamento sportivo. Il problema, in passato, si è posto soprattutto con riguardo alla validità degli accordi aventi ad oggetto il c.d. vincolo sportivo, conclusi senza l’osservanza delle norme regolamentari interne all’ordinamento sportivo. A tal proposito, si può ricordare che il vincolo sportivo è stato gradualmente abolito per gli sportivi professionisti con l’entrata in vigore della l. n. 91 del 1981, mentre persiste, seppur con notevoli limitazioni rispetto al passato, per gli sportivi dilettanti (11). Nello specifico, il vincolo sportivo era un legame tra società ed atleta, in forza del quale la prima acquisiva un diritto di credito ad una prestazione negativa da parte del secondo; in particolare, la prestazione consisteva nel non svolgere attività sportiva per un’associazione sportiva diversa da quella per la quale il giocatore era vincolato e tesserato (12). La conseguenza era un assoggettamento dell’atleta alla volontà della società sportiva, la quale, anche contro la volontà dello stesso giocatore, poteva decidere del suo trasferimento ad altra società sportiva (13). Gli accordi tra società aventi ad oggetto il c.d. vincolo sportivo — a cui si attribuiva un contenuto economico patrimoniale (14) — erano del tutto estranei al rapporto contrattuale di lavoro tra l’atleta e la società sportiva e così anche alla cessione del contratto di lavoro dello sportivo professionista, espressamente disciplinato dal legislatore con l’art. 5 della l. n. 91 del 1981 (15). Siffatti accordi — in virtù della piena legittimità riconosciuta al vincolo sportivo, confermata anche dall’art. 16 della l. n. 91 del 1981 (16) — sono stati considerati astrattamente leciti per l’ordinamento generale dello Stato, come fattispecie contrattuale atipica (17). Nel caso, tuttavia, di accordo concluso con violazione di norme contenute nei regolamenti dell’ordinamento sportivo, si è ritenuto che dette violazioni non potessero «non riflettersi sulla validità del contratto anche per l’ordinamento dello Stato, poiché se esse non ne determinavano direttamente la nullità per violazione di norme imperative (I co., art. 1418 c.c.), incidevano necessariamente sulla funzionalità del contratto medesimo ed in particolare sulla sua idoneità a realizzare un interesse meritevole di tutela, secondo l’ordinamento giuridico». In altre parole, si è ritenuto che venisse meno la meritevolezza della tutela dell’interesse perseguito dai contraenti, ai sensi dell’art. 1322 c.c., allorchè l’accordo fosse stato realizzato in frode alle regole dell’ordinamento sportivo (18). Per questa ragione, si è affermata, ad esempio, la nullità di un accordo di cessione temporanea del vincolo sportivo in violazione delle norme regolamentari riguardanti la consistenza delle compagini delle singole società sportive nonché l’osservanza delle prescrizioni formali richieste dalle norme interne sportive (19). Al contempo, si è affermata la nullità del contratto atipico di cessione di cartellini di alcuni giocatori, in violazione delle disposizioni interne, secondo le quali il vincolo sportivo dei giocatori può sussistere unicamente nei confronti delle società sportive e non a favore di persone fisiche (20). 4. (Segue) il giudizio sulla meritevolezza di tutela degli interessi perseguiti dai contratti sportivi. I precedenti sopra ricordati — nell’affermare l’invalidità di accordi di cessione del c.d. vincolo sportivo, effettuati in violazione delle norme interne all’ordinamento sportivo — hanno impiegato il giudizio di meritevolezza degli interessi perseguiti dai contraenti, ai sensi dell’art. 1322 c.c. In particolare, tali accordi di cessione sono stati considerati —con ogni probabilità più per la difficoltà di inquadrare giuridicamente il vincolo sportivo che per una vera e propria autonomia negoziale dell’accordo di cessione (21) — come negozi atipici, astrattamente leciti per l’ordinamento statale, ma immeritevoli di tutela, in quanto conclusi in violazione delle norme interne all’ordinamento sportivo (22). A questo proposito, è opportuno evidenziare che il giudizio di meritevolezza nel disegno originale del codice doveva limitare l’autonomia privata, non solo in negativo ma pure in positivo, dovendo la scelta contrattuale, anche se di per sé non illecita, perseguire un ulteriore compito sociale attivo (23). Tale prospettiva — in quanto in linea con le idee del legislatore del tempo e perfettamente adeguata ai caratteri dell’ordinamento fascista e corporativista — è apparsa così non più accettabile, nel sistema attuale retto dalla Carta costituzionale ispirata alle idee della liberal e social democrazia (24), tanto che si è persino proposta una lettura abrogativa della disposizione (25). In tal modo, l’origine della disposizione — intrisa di connotati ideologici, con conseguente difficile inquadramento del principio di rilevanza e di utilità sociale (26)— ha determinato letture discordanti del requisito della meritevolezza con riguardo sia all’oggetto della valutazione, sia ai criteri da utilizzare (27). Nel contesto dei contratti sportivi, comunque, non pare in dubbio la sussistenza di una specifica positiva utilità sociale del contratto, in virtù degli interessi coinvolti (28), fermo restando che è fortemente dibattuta la consistenza e l’autonomia di tale valutazione, rispetto al controllo sulla liceità del contratto (29). Allo stesso modo, se la meritevolezza viene riferita all’astratto schema regolamentare — al fine di accertare se esso sussista (30) e se sia accettabile sul piano giuridico (31)— appare evidente l’esito positivo della valutazione, in virtù della tipicità sociale di tali contratti (se non addirittura normativa, come risulta con riguardo alle fattispecie di cui agli artt. 4 e 5 della l. n. 91 del 1981) (32). Nel contesto in esame, pertanto, i precedenti di legittimità richiamati sembrano utilizzare il giudizio di meritevolezza in senso negativo, per verificare se si è in presenza di interessi illeciti, contrari all’ordinamento giuridico; così facendo, si attribuisce al giudizio di meritevolezza —seguendo la ricostruzione fortemente sostenuta in dottrina (33)— un significato coincidente con quello di liceità del contratto. Tale rilievo, nell’àmbito qui considerato, appare confermato dalla circostanza che la nullità del contratto viene affermata in virtù di una riscontrata frode alle norme regolamentari sportive, che determina così l’illiceità dell’accordo e quindi la non meritevolezza della tutela dell’interesse perseguito dalle parti. Alla luce della predetta ricostruzione giurisprudenziale, emergerebbe, però, un significato autonomo del giudizio di meritevolezza di cui all’art. 1322 c.c., rispetto alla valutazione di liceità della causa del contratto di cui all’art. 1343 c.c.; infatti, la non meritevolezza di tutela deriverebbe dalla contrarietà del contratto atipico sportivo alle regole che non assumono la consistenza di legge, la cui violazione non consentirebbe infatti di pronunciare la nullità ai sensi dell’art. 1418 c.c. oppure ai sensi dell’art. 1343 c.c., per contrarietà della causa a norme imperative o all’ordine pubblico od al buon costume (34). In altre parole, nelle ricostruzioni giurisprudenziali ricordate, il requisito della meritevolezza viene valutato utilizzando, non solo il parametro delle norme imperative, ma anche indici ulteriori, rappresentati nel caso di specie dalle regole dell’ordinamento sportivo (35). Appare evidente, così, il rischio che — seppure mediante il riferimento alla meritevolezza — si ponga in essere una sorta di equiparazione tra le regole c.d. sportive e le norme imperative; infatti, l’inosservanza delle norme sportive — nonostante esse siano frutto dell’autonomia privata delle parti e siano vincolanti per i soli appartenenti all’ordinamento sportivo — determina la medesima conseguenza, prevista per la contrarietà del contratto a norme imperative (36). 5. (Segue) l’oggetto del contratto. L’enfatizzazione del ruolo assegnato all’art. 1322 c.c. è di tutta evidenza: non solo, si può dubitare dell’atipicità dei contratti di cessione del vincolo sportivo (37), ma le vicende giurisprudenziali ricordate in precedenza possono essere oggetto di una diversa ricostruzione. Tale differente ricostruzione — che prescinde dal requisito di meritevolezza dell’art. 1322 c.c. che, nel contesto in esame, sembra porre una sorta di equiparazione tra norme sportive e norme imperative, come tale inaccettabile — è incentrata sul profilo dell’oggetto del contratto. Si ponga, ad esempio, il caso dell’accordo volto a costituire un vincolo sportivo a favore di una persona fisica, anziché a favore di un’associazione sportiva affiliata alla federazione; in tale ipotesi, potrebbe ravvisarsi un vizio dell’oggetto del contratto, rappresentato dall’impossibilità di attuare la prestazione negoziale (38). In tal modo, si passerebbe da un giudizio di valore, quale quello di meritevolezza ad un giudizio di fatto, quale quello sulla possibilità dell’oggetto del contratto (39). Il vincolo sportivo oggetto di trasferimento, infatti, sorge in base alle norme dell’ordinamento sportivo, per effetto del tesseramento ad una società sportiva (40); pertanto, non può sussistere nei confronti di una persona fisica. In questo contesto, la violazione delle prescrizioni dell’ordinamento sportivo si traduce così — come evidenziato dagli stessi giudici di legittimità — in un ostacolo alla concreta attuazione della vicenda contrattuale nell’ordinamento sportivo dove, per volontà delle parti e per la sua stessa natura, il contratto è destinato a spiegare i suoi effetti (41); la conseguenza è che il contratto concluso in contrasto con tali prescrizioni determina la nullità per impossibilità di fatto dell’oggetto del contratto (42). Una possibile ulteriore diversa lettura della vicenda — relativa al contratto diretto a costituire la titolarità del cartellino di un atleta in capo ad una persona fisica — può condurre a ravvisare un’ipotesi di oggetto illecito, anziché impossibile (43). Potrebbe riscontrarsi, infatti, un contrasto con princìpi di ordine pubblico, se si ammettesse che la titolarità di diritti legati all’atleta possano essere riconosciuti anche a terzi estranei al rapporto che lega il giocatore alla società; costoro verrebbero così a disporre direttamente dell’attività sportiva del giocatore, a prescindere dall’esistenza di un rapporto di lavoro tra le parti (44). A tal proposito, anche la stessa Corte di giustizia europea, nelle pronunce sulla libera circolazione degli atleti professionisti (45), ha decisamente negato che le prestazioni professionali dei giocatori possano costituire oggetto di diritti diversi da quelli normalmente scaturenti da una logica lavorativa. In tal modo, viene confermato il disfavore verso il fenomeno del c.d. vincolo di appartenenza di un atleta alla società od associazione sportiva che a maggior ragione diviene del tutto inaccettabile – per le conseguenze che ne deriverebbero in termini di compatibilità con il sistema costituzionale e con il principio di libertà di esercizio dell’attività sportiva (46) – se tale vincolo dovesse instaurarsi non più a favore di una società sportiva bensì di una persona fisica. La conseguenza pertanto sarebbe l’illiceità dell’oggetto — e quindi del contratto — e non la semplice nullità dell’accordo per impossibilità dell’oggetto. La distinzione può comportare conseguenze significative, tenuto conto che il contratto illecito (per illiceità dell’oggetto o per immeritevolezza degli interessi, se il giudizio di meritevolezza viene a coincidere con quello di liceità) (47) ha una disciplina diversa rispetto al contratto nullo ma non illecito (perché ad esempio l’oggetto è impossibile e non illecito). In altre parole, viene in rilievo la differenza tra il contratto nullo perché illegale ed il contratto nullo perché illecito (48). In particolare, la disciplina del contratto illecito può essere deteriore rispetto alla disciplina riservata al negozio nullo perché illegale, come confermato, ad esempio, dal disposto dell’art. 1972 c.c., in tema di transazione su un titolo nullo, dall’art. 2126 c.c., in tema di nullità del contratto di lavoro, oppure dall’art. 1417 c.c., in tema di prova della simulazione. 6. (Segue) il giudizio sulla meritevolezza e la simulazione del contratto. Il giudizio di meritevolezza, di cui all’art. 1322, comma 2°, c.c., è stato impiegato dai giudici di legittimità (49) anche in ipotesi di simulazione relativa del corrispettivo della cessione di un contratto di un giocatore calciatore professionista, effettuata ai sensi dell’art. 5, l. n. 91 del 1981, comma 2°. Tale disposizione legislativa prevede la possibilità di cedere, prima della scadenza, il contratto di lavoro da una società all’altra, con il consenso del giocatore e nel rispetto delle modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali (50). Nel caso di specie, era stata effettuata — in conformità alle prescrizioni federali — una cessione del contratto di un atleta da una società all’altra; contestualmente con diverso contratto (dissimulato) — non conforme alle prescrizioni interne (in quanto privo delle necessarie sottoscrizioni e non depositato) — era stato pattuito un importo assai superiore rispetto a quello risultante dal contratto simulato. Nel ritenere invalido l’accordo, i giudici di legittimità hanno motivato facendo riferimento alla non «meritevolezza della tutela dell’interesse perseguito dai contraenti», a causa della «frode alle regole dell’ordinamento sportivo» e dell’inosservanza «delle prescrizioni formali all’uopo richieste» (51). Nella vicenda sopra descritta, risulta evidente, ancora una volta, l’enfatizzazionedel giudizio di meritevolezza e del controllo ex art. 1322 c.c. del contratto posto in essere in frode alle regole sportive (52). Nel caso di specie, infatti, si è in presenza di una simulazione relativa del corrispettivo (per ragioni evidentemente di natura fiscale) in una fattispecie contrattuale (cessione del contratto di lavoro subordinato sportivo), disciplinata dal legislatore all’art. 5, comma 2°, l. n. 91 del 1981. Per questa ragione — fermo restando che la trasgressione di norme fiscali non determina di per sé la nullità del contratto stesso, ai sensi dell’art. 1418, comma 1°, c.c., poiché il sistema tributario contempla già adeguate sanzioni (53) — si deve tenere in considerazione che l’art. 5, comma 2°, l. n. 91 del 1981, rinvia espressamente — per la cessione del contratto — all’osservanza delle «modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali». Al contempo, l’art. 12, l. n. 91 del 1981 (in tema di «norme sul controllo e sulla responsabilità delle federazioni sportive nazionali»), vigente al momento dei fatti, prevedeva l’approvazione da parte delle federazioni sportive nazionali su tutti gli atti concernenti esposizioni finanziarie delle società affiliate. In tal modo — a prescindere dal rinvio del tutto pleonastico al giudizio di meritevolezza di cui all’art. 1322, comma 2°, c.c. — appare chiaro che la vicenda avrebbe dovuto essere oggetto di una diversa valutazione: se l’inosservanza delle norme sportive interne potesse determinare l’invalidità del contratto dissimulato in virtù del richiamo espresso dell’art. 5, comma 2°, l. n. 91 del 1981 o dell’art. 1352 c.c.; ugualmente, se l’inosservanza dell’art. 12, l. n. 91 del 1981 (vigente al momento dell’accordo) potesse determinare l’inefficacia del contratto dissimulato, a causa della mancata approvazione della federazione. Al contempo, tuttavia, la valutazione avrebbe dovuto essere condotta, considerando che — stante la simulazione relativa riguardante il prezzo — il contratto simulato e quello dissimulato non sono due entità distinte bensì due aspetti della medesima operazione negoziale (54). Per questa ragione, si finisce normalmente per riconoscere che i requisiti di sostanza e di forma necessari per la validità del contratto dissimulato, ai sensi dell’art. 1414, comma 2°, c.c., possano sussistere anche nel solo contratto simulato, senza dover essere presenti nell’accordo di simulazione. In caso contrario, ad esempio, sarebbe praticamente irrealizzabile la simulazione di una donazione sotto forma di una vendita, non potendo le parti imporre al notaio di tenere occulto un atto pubblico; in particolare, se si esigesse l’atto pubblico anche per la controdichiarazione — non potendo questa restare occulta — svanirebbe il senso del meccanismo simulatorio (55). La differente ricostruzione della vicenda sopra descritta operata dai giudici di legittimità – che hanno ricondotto il caso al difetto di meritevolezza ex art. 1322 c.c., a causa della frode alle regole dell’ordinamento sportivo — desta, pertanto, perplessità; non solo, infatti, si può dubitare dell’atipicità della fattispecie negoziale, ma il rischio è di valutare le norme sportive – frutto dell’autonomia privata — alla stregua di norme imperative, la cui inosservanza di per sé determina l’invalidità dell’accordo (56). Più in generale, la soluzione della vicenda riflette la dibattuta questione circa i rapporti tra ordinamento statale ed ordinamento sportivo (57). Così facendo, tuttavia, vi è il pericolo di attribuire all’autonomia del secondo anche il potere di istituire regole la cui violazione comporta la nullità del contratto, a prescindere dalle regole generali seguite nell’ordinamento statale; in tal modo, si arriverebbe, però, al paradosso di riconoscere — nel caso di inosservanza dei regolamenti interni alle federazioni — l’operatività di una disciplina della nullità diversa — e più gravosa — rispetto al diritto positivo. 7. (Segue) violazione di norme sportive e validità del contratto. Le norme regolamentari sportive — come si è già evidenziato in precedenza — non sono norme giuridiche, essendo espressione dell’autonomia negoziale delle federazioni, intese come associazioni di diritto privato. La conseguenza — stante la natura negoziale — è che tali norme vincolano soltanto gli appartenenti all’ordinamento sportivo, in virtù del principio di relatività degli effetti del contratto, di cui all’art. 1372 c.c. In alcuni casi, tuttavia, non può escludersi che la violazione di norme regolamentari possa determinare conseguenze sulla validità del contratto, anche se una delle parti sia un soggetto estraneo all’ordinamento sportivo. Si pensi, ad esempio, al caso di un contratto di sponsorizzazione, concluso in violazione di norme della federazione, disciplinanti le modalità di veicolazione — nel contesto sportivo — del messaggio promozionale (come può essere, ad es. l’art. 72, Norme organizzative interne alla Figc, in tema di tenuta di gioco dei calciatori (58), oppure l’art. 137, Regolamento organico della Fip (59), in tema di abbinamento). In ipotesi di questo genere, la violazione delle norme sportive — lungi dall’essere vincolanti per i soggetti estranei all’ordinamento sportivo — determina però l’impossibilità materiale di dare esecuzione, nell’ordinamento sportivo, alla prestazione di cui è creditore lo sponsor nei confronti dello sponsee (60). In tal modo, si può porre la questione della nullità del contratto, ai sensi dell’art. 1436 c.c., per impossibilità di fatto dell’oggetto (veicolazione del messaggio promozionale nell’ordinamento sportivo), nonostante l’estraneità dello sponsor all’ordinamento sportivo (61). Di conseguenza, l’eventuale invalidità del contratto può determinare una responsabilità precontrattuale, ex art. 1338 c.c., a carico dello sponsee, che doveva conoscere la causa d’invalidità; detta nullità — per impossibilità materiale di eseguire la prestazione — non può far ritenere, invece, che le norme sportive siano efficaci anche nei confronti dei soggetti estranei all’ordinamento sportivo, al di là dei rapporti associativi interni alle federazioni. Diversa è l’ipotesi in cui la violazione delle norme sportive non incida sulla possibilità di dare esecuzione alla prestazione contrattuale; in questo caso, la violazione delle norme sportive non dovrebbe produrre alcun effetto sulla validità del contratto, concluso da un soggetto estraneo all’ordinamento sportivo, sempre che si tratti di prestazione lecita. Così ad esempio, si è giustificata la validità di un accordo di mediazione, finalizzato a consentire il trasferimento di un calciatore dilettante da una società all’altra, dietro pagamento di un corrispettivo a favore di un soggetto estraneo all’ordinamento sportivo (62). Nel caso di specie, si è motivato che le norme sportive — nel vietare che possa trarsi direttamente o indirettamente un profitto dall’esercizio dell’attività dilettantistica — non sono vincolanti per i soggetti estranei all’ordinamento sportivo. In questo precedente, comunque, ha assunto un rilievo decisivo — ai fini della validità dell’accordo — la liceità della prestazione, espressamente evidenziata dai giudici, e la conseguente legittimità del compenso per l’attività svolta. Per questa stessa ragione — incentrata sulla liceità della prestazione e sul conseguente diritto ad una controprestazione —si è affermata la validità dell’accordo con cui una società sportiva, per l’opera prestata nella preparazione atletica di un giocatore, si era impegnata al pagamento di un corrispettivo — a favore del prestatore d’opera estraneo all’ordinamento sportivo — al momento della cessione dell’atleta ad una diversa società (63). Più in generale, la liceità della prestazione giustifica la legittimità del diritto al compenso, anche se l’avente diritto è parte dell’ordinamento sportivo; significativa è una recente pronuncia della s.C., che privilegia il diritto al corrispettivo di chi ha prestato l’attività sportiva, sulla base di un accordo con il quale era stato pattuito un compenso, a discapito delle norme regolamentari che invece escludevano l’onerosità delle prestazioni (64). Appare d’altronde in contrasto con l’art. 36 cost. una disposizione dell’ordinamento sportivo che neghi il diritto alla retribuzione a chi svolge con continuità e professionalità l’attività sportiva; di conseguenza, è indubbio che il giudice statale — in una ipotesi come quella in esame — debba intervenire al fine di tutelare i diritti fondamentali del singolo (65). Al contempo, sarebbe iniquo — alla luce anche dell’orientamento della Corte di giustizia (66) — non riconoscere la qualifica di lavoratore ed i conseguenti diritti economici a chi effettua una prestazione sportiva in condizioni di subordinazione, a prescindere dalla circostanza che l’attività sia prestata a favore di una società professionistica oppure formalmente dilettantistica. Il principio è che anche il c.d. professionista di fatto (67) ha diritto a ricevere un’equa retribuzione quale corrispettivo dell’attività sportiva svolta con continuità e professionalità nei riguardi della società di appartenenza; a nulla rileva che il c.d. professionista di fatto non possa essere parte di un contratto di lavoro tipico (68), ai sensi dell’art. 4, l. n. 91 del 1981, riservato esclusivamente a chi consegue la qualifica di professionista, secondo l’art. 2 della stessa legge n. 91 del 1981. La conseguenza è che gli accordi con cui viene pattuito un corrispettivo a favore dell’atleta c.d. professionista di fatto — anche se conclusi in violazione delle norme dell’ordinamento sportivo — sono in genere validi e fanno sorgere il diritto a ricevere il compenso, nonostante l’attività sia svolta nell’àmbito di un contesto formalmente dilettantistico. 8. La violazione dell’art. 4, l. n. 91 del 1981 e la nullità testuale. Significativo è il disposto dell’art. 4, l. 23 marzo 1981, n. 91, che — nel disciplinare il lavoro subordinato dello sportivo professionista — dispone alcune formalità, ai fini della costituzione del rapporto con la società. In particolare, la norma — senza dubbio di natura imperativa (al riguardo si veda il par. n. 1) — prevede non solo la forma scritta a pena di nullità e l’utilizzo dell’accordo tipo predisposto, ma anche l’obbligo del deposito del contratto presso la federazione sportiva per l’approvazione. In altre parole, è previsto un iter procedurale che si articola in tre distinti momenti (tanto che la giurisprudenza di legittimità (69) si è espressa in termini di «fattispecie formale complessa a formazione progressiva»): i) ricorso alla forma scritta; ii) redazione del suddetto contratto sulla base del contratto tipo, che viene concordato dalle organizzazioni di categoria (realizzabile attraverso la sottoscrizione di appositi moduli o formulari); iii) deposito del contratto presso la competente federazione sportiva per consentirne il controllo (70). Siffatti requisiti (forma e utilizzo del contratto tipo predisposto) ed adempimenti (deposito) sono riprodotti anche negli accordi collettivi stipulati dalle federazioni sportive e dai rappresentanti delle categorie interessate, come previsto dallo stesso art. 4, l. n. 91 del 1981. In particolare, l’accordo collettivo tra la Federazione italiana gioco calcio, la Lega nazionale professionisti e l’Associazione italiana calciatori, del 5 settembre 2011, all’art. 2.1, prevede, a pena di nullità, che il contratto individuale tra società e calciatore professionista debba essere redatto sull’apposito modulo conforme al contratto tipo. E’ altresì previsto l’obbligo del deposito entro dieci giorni dalla sottoscrizione, presso la lega competente, che — effettuate le verifiche di sua competenza — deve curarne la trasmissione alla federazione per la relativa approvazione, ai sensi dell’art. 4, l. 23 marzo 1981, n. 91. Analoga previsione è contemplata anche dall’accordo collettivo riguardante i giocatori professionisti di pallacanestro, il quale prevede non solo che la mancanza della forma scritta determina la nullità, ma anche il deposito quale condizione di efficacia, nonché la nullità delle pattuizioni non risultanti dal contratto depositato. Alla luce del quadro normativo sopra indicato, viene generalmente affermata la nullità del contratto di lavoro stipulato tra atleta e società in violazione dell’art. 4, l. n. 91 del 1981 e delle disposizioni previste dall’accordo collettivo, anche se tale contratto contempla condizioni più favorevoli al prestatore di lavoro e quindi all’atleta (71). Si pone però la questione se l’invalidità del contratto – in forma scritta ma non redatto sull’apposito modulo e quindi non depositato – derivi direttamente dall’art. 4, l. n. 91 del 1981 oppure eventualmente dall’art. 1352 c.c., a causa dell’inosservanza della forma convenzionale di cui all’accordo collettivo (72). Significativa è la motivazione dei giudici di legittimità relativa ad una vicenda riguardante scritture riportanti condizioni migliorative per un calciatore professionista, rispetto a quanto previsto dal contratto depositato. Nel caso di specie — nell’escludersi che l’art. 4, l. n. 91 del 1981, abbia come finalità solo quella di evitare clausole peggiorative a danno dei dipendenti — la nullità testuale (art. 1418, comma 3°, c.c.) prevista dall’art. 4 viene riferita non solo al requisito della forma scritta ma anche alle ulteriori prescrizioni formali (utilizzo del contratto tipo e deposito). Si ritiene, infatti, che, in caso contrario (73), sarebbe frustrata la ratio della disposizione, volta a consentire l’approvazione del contratto (art. 4, comma 2°) ed i controlli delle federazioni (art. 12), che persistono anche secondo la nuova formulazione dell’art. 12, l. n. 91 del 1981, come sostituito dall’art. 4, comma 2°, d.l. 20 settembre 1996, n. 485 (74). Siffatta impostazione — nell’estendere la previsione della nullità testuale anche al caso del mancato utilizzo del contratto tipo e del mancato deposito — pone in secondo piano, rendendolo inutile, l’accertamento dell’invalidità ai sensi dell’art. 1352 c.c., per l’inosservanza della forma convenzionale complessa imposta ad substantiam dall’accordo collettivo. Una ricostruzione incentrata sulla nullità testuale prevista dal legislatore — e non sulla violazione di una forma volontaria voluta per la validità del contratto — permette così di superare gli esiti assai discordanti circa le conseguenze dell’inosservanza delle prescrizioni convenzionali di forma (75). Al contempo, tale ricostruzione rende irrilevante la questione circa una possibile rinuncia delle parti all’obbligo di rispetto della forma convenzionale, voluta, implicitamente, con la redazione di un accordo, in forma scritta, ma non conforme al contratto tipo. Il principio generale della libertà di forme, infatti, determina una interpretazione di stretto diritto del patto sulla forma, tanto che si ritiene che esso possa essere modificato o risolto in modo non formale, anche per fatti concludenti (76). Senza contare, inoltre, che se la nullità scaturisce dalla legge (art. 4, l. n. 91 del 1981), e non invece da una forma convenzionale ex art. 1352 c.c., le differenze si manifestano anche sul piano processuale, considerando che — in ipotesi di violazione dell’accordo sulla forma — si dubita che l’invalidità possa essere rilevata d’ufficio, potendo essere fatta valere soltanto dalle parti medesime (77). 9. La violazione dell’art. 4, l. n. 91 del 1981 e la nullità virtuale. Una lettura differente — rispetto a quanto evidenziato nel par. precedente — dell’art. 4, l. n. 91 del 1981, porta a ritenere che la nullità testuale si riferisca soltanto alla mancata adozione della forma scritta. In particolare, la collocazione dell’inciso «a pena di nullità», sùbito dopo la previsione dell’adozione della forma scritta ad substantiam — piuttosto che all’inizio della disposizione o sùbito dopo la statuizione concernente la conformità del contratto individuale al c.d. contratto tipo — pone in luce l’intenzione del legislatore di sanzionare la sola ipotesi di mancanza della forma scritta e non anche il mancato utilizzo del contratto tipo collettivo (78). A conferma dell’assunto, vi è il rilievo che le norme di carattere proibitivo sanzionatorio, quale quella in oggetto, debbono essere valutate secondo un canone di stretta interpretazione; a ciò si aggiunga che una previsione della nullità — estesa anche alla mancata adozione del c.d. contratto tipo — renderebbe forse inutile il disposto dell’art. 4, comma 3°, dove è prevista la sostituzione ope legis delle clausole integranti deroghe peggiorative con quelle corrispondenti al contratto tipo (79). Tale impostazione — volta a limitare la previsione espressa della nullità (art. 1418, comma 3°, c.c.) di cui all’art. 4, l. n. 91 del 1981 alla sola inosservanza del requisito della forma scritta — è stata seguìta da un precedente di legittimità, in una vicenda riguardante la validità o meno di un accordo circa un premio promozione a favore di giocatori di calcio professionisti, non previsto nel contratto depositato (80). In tal modo, la violazione dei precetti relativi alla conformità al contratto tipo ed al deposito presso la federazione è stata ricondotta all’art. 1418, comma 1°, c.c., trattandosi di norme imperative (al riguardo si veda il par. n. 1) e non al comma 3° dello stesso art. 1418 c.c. Nello specifico, nel valutare se la violazione possa determinare la nullità (virtuale) del contratto oppure se la legge disponga diversamente, si è valorizzata la riserva finale del comma 1° dell’art. 1418 c.c.; si è così ritenuto che questo sia uno dei casi in cui il legislatore ha disposto diversamente, in quanto alla federazione sportiva nazionale è demandato espressamente il potere di approvare il contratto. Tale approvazione — valutata alla luce dell’art. 4 e dell’art. 12, l. n. 91 del 1981 — viene considerata come il tipico atto nel quale si esprime la funzione amministrativa di controllo (in senso ampio) successivo alla conclusione del contratto, ma condizionante l’efficacia dello stesso. Per questa ragione, si ravvisa una sorta di condizione legale condicio iuris, poiché l’evento dal quale dipende la produzione degli effetti è esterno alla fattispecie costitutiva, già perfezionatasi in tutti i suoi elementi (81). Viene così in rilievo il c.d. criterio del minimo mezzo, secondo il quale la nullità per contrarietà a norma imperativa, ai sensi dell’art. 1418, comma 1°, c.c., è esclusa se l’esigenza perseguita dal legislatore mediante la previsione di uno specifico rimedio — diverso dalla nullità — sia compiutamente realizzata con l’irrogazione di una specifica sanzione o più in generale con l’applicazione del rimedio previsto (82). Nel caso di specie, secondo la predetta ricostruzione, la legge ha disposto diversamente rispetto alla nullità del contratto, in quanto ha assicurato l’effettività della norma violata con la previsione di un rimedio distinto dall’invalidità qual è l’inefficacia del contratto. Alla luce di tale ricostruzione — che rende anch’essa irrilevante l’accertamento dell’invalidità ai sensi dell’art. 1352 c.c. — la stipulazione senza l’osservanza della forma scritta determina la nullità dell’atto, ai sensi dell’art. 1418, comma 3°, c.c. La conformità al contratto tipo e l’obbligo del deposito, invece, sono adempimenti funzionali ad ottenere l’approvazione. La conseguenza è che l’inosservanza delle suddette previsioni determina non la nullità, bensì l’inefficacia del contratto (83), a causa della mancata approvazione dello stesso da parte della federazione (84). 10. Conclusioni. L’elaborazione giurisprudenziale formatasi in tema d’invalidità del contratto sportivo, concluso in violazione di norme interne all’ordinamento federale, appare conseguenza del tradizionalmente difficile inquadramento delle federazioni sportive e della loro attività. E’ noto, infatti, che gli interpreti si sono interrogati a lungo sulla natura giuridica sia delle federazioni sia degli atti emanati dalle stesse (85). In particolare, la ricostruzione giurisprudenziale esaminata — nell’equiparare di fatto le norme dell’ordinamento sportivo alle norme imperative e nel considerare la frode all’ordinamento sportivo alla stregua della frode alla legge, come se le norme interne fossero espressione di una potestà normativa delegata dal legislatore statale (86) — sembra riflettere una concezione pubblicistica delle federazioni, ormai del tutto superata. Tale concezione era condizionata dalla qualifica di organi del Coni (ente avente natura pubblicistica) attribuita alle stesse federazioni dal legislatore con la l. n. 426 del 1942, oggi abrogata, nonché dalla previsione della valenza pubblicistica di specifici aspetti dell’attività federale, riconosciuta dall’art. 15, comma 1°, d.lgs. n. 242 del 1999, tutt’ora vigente, nonché dai controlli sull’attività delle federazioni da parte del Coni, come previsto nello statuto del Coni A sèguito dell’intervento legislativo di cui al d.lgs. 242 del 1999, tuttavia, il riconoscimento espresso della natura privatistica delle federazioni sportive nazionali dovrebbe rappresentare un indice sicuro anche della natura privatistica delle norme emanate dalle stesse federazioni. A ciò si aggiunga che la potestà normativa e regolamentare delle federazioni non rientra nell’àmbito limitato di attività a cui viene riconosciuta valenza pubblicistica, ai sensi dell’art. 23, comma 1°, statuto Coni, di cui al d.lgs. 8 gennaio 2004, n. 15. Per questa ragione, il potere statuario e regolamentare delle federazioni sportive deve essere ricondotto al più generale potere di autonomia privata che l’ordinamento giuridico statale riconosce ad ogni formazione sociale, così come confermato anche dal recente intervento della Corte costituzionale, in tema di autonomia dell’ordinamento sportivo e legittimità della giustizia associativa (87). Al contempo, le norme sportive — in quanto espressione dell’autonomia privata e fondate sul consenso degli appartenenti alle federazioni — sono efficaci e vincolanti nei confronti dei soli associati; tale rilievo non può essere smentito dalle ipotesi — del tutto eccezionali — in cui le norme interne incidano (determinandone l’invalidità) sui contratti conclusi dai soggetti estranei all’ordinamento sportivo. In casi di questo genere, infatti, l’inosservanza delle norme sportive — che non possono certo considerarsi vincolanti per i soggetti estranei all’ordinamento sportivo — può impedire l’esecuzione della prestazione contrattuale nell’ordinamento sportivo, provocando di conseguenza un’impossibilità di fatto della prestazione (88). L’invalidità del contratto può essere dichiarata, pertanto, a causa dell’impossibilità materiale di esecuzione della prestazione e non per un efficacia delle norme regolamentari, al di là dei rapporti associativi interni alle federazioni, come se si trattasse di atti normativi, aventi natura pubblicistica (89). In altre parole, non appare in discussione, allo stato, la natura negoziale delle prescrizioni regolamentari e la conseguente efficacia per le sole parti dell’ordinamento sportivo, in virtù del principio di relatività degli effetti del contratto. Ad ulteriore conferma della natura pattizia delle norme sportive, vi è l’intervento del legislatore di cui alla l. 17 ottobre 2003, n. 280 (90), che — nel dettare disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva e nell’indicare le materie demandate alla competenza interna del sistema di giustizia sportiva e quelle riservate al giudice statale — ha espressamente riservato proprio alla giustizia associativa sportiva anche questioni che hanno per oggetto l’osservanza e l’applicazione di norme regolamentari, organizzative e statuarie dell’ordinamento sportivo (91). Per questa ragione, appare del tutto azzardata ogni ricostruzione giurisprudenziale che, di fatto, finisce per ritenere invalido il contratto, per il contrasto in sé con norme interne all’ordinamento sportivo; senza contare, inoltre, che quando è una norma imperativa ad essere violata, la nullità – in virtù della riserva finale dell’art. 1418, comma 1°, c.c. – non rappresenta il risultato obbligato ma un esito soltanto possibile (92). Di conseguenza, sarebbe ancor più paradossale se l’invalidità del contratto potesse derivare in modo pressoché automatico dall’inosservanza delle norme interne all’ordinamento sportivo. Al contempo, anche l’impiego del giudizio di meritevolezza avviene, nel contesto in esame, in modo per lo più improprio. Si può dubitare, infatti, dell’effettiva atipicità dell’accordo negoziale, nei precedenti giurisprudenziali che richiamano l’art. 1322 c.c., al fine di dichiarare l’invalidità del contratto concluso in violazione delle norme sportive (93); inoltre, tali precedenti — nell’utilizzare il giudizio di meritevolezza in senso negativo per verificare se si è in presenza di interessi illeciti, contrari all’ordinamento giuridico — finiscono sempre per valutare il requisito della meritevolezza utilizzando, non il parametro delle norme imperative, dell’ordine pubblico o del buon costume, ma indici ulteriori, rappresentati dalle regole dell’ordinamento sportivo, espressione dell’autonomia negoziale (94). Il rischio è così di equiparare, di fatto, un atto di autonomia privata ad una norma imperativa (95). Si deve considerare, invece, che i regolamenti sportivi — frutto dell’autonomia privata — sono generalmente ricondotti alla figura del c.d. contratto normativo (96), inteso come strumento di autodisciplina degli interessi privati, in vista della conclusione di futuri contratti. Nel contratto normativo, infatti, si manifesta la potestà che ogni nucleo sociale ha di darsi una particolare disciplina giuridica di regole, coesistenti ma autonome rispetto all’ordinamento statale, anche se con un àmbito di applicazione circoscritto dal punto di vista dei soggetti destinatari (97). I contratti normativi, pertanto, non costituiscono fonti di produzione di norme giuridiche, perché le regole concordate sulla futura conclusione di contratti — non essendo emanate dallo Stato o da soggetti cui lo Stato abbia delegato il potere legislativo — esplicano effetti soltanto nei confronti di coloro che le hanno pattuite; in altre parole, le regole provengono dai contraenti stessi. In tal modo, la violazione del contratto normativo — attuata attraverso la conclusione di un contratto particolare difforme — consiste nell’inadempimento dell’obbligazione di contrarre in un certo modo e pertanto nell’inadempimento di un’obbligazione di fare (incoercibile) (98). Davanti a tale inadempimento, la concezione classica attribuisce al contratto normativo un’efficacia meramente obbligatoria; di conseguenza, si nega al contratto normativo efficacia cogente, tale da penetrare nel contenuto del contratto singolo anche contro la volontà delle parti (99). In caso contrario, infatti, si finirebbe per teorizzare uno schema di sostituzione legale di clausole, analogo a quello delineato dall’art. 1339 c.c., ma in assenza di un’espressa previsione di legge. Senza contare, inoltre, che anche chi attribuisce, comunque, efficacia reale o dispositiva al contratto normativo riconosce che tale efficacia sia impedita da un successivo accordo a ciò rivolto, cosicché le parti consensualmente possono escludere dal contenuto del contratto particolare quelle clausole predisposte in precedenza, in vista di esso (100). Più in generale si nega che il contratto particolare — difforme rispetto al contratto normativo — sia di per sé invalidabile od inefficace; si ritiene, invece, che lo stesso si perfezioni e sia regolato dalle clausole pattuite dalle parti, in base al principio che la volontà particolare manifestata nel negozio singolo prevale su quella generale espressa nel contratto normativo (101). L’inadempimento del contratto normativo, in ogni caso, non rimane privo di conseguenze; in particolare, nel contesto in esame, l’inosservanza dei regolamenti sportivi — intesi quali accordi riconducibili al contratto normativo — determina in primis l’applicazione dei provvedimenti sanzionatori e disciplinari previsti dall’ordinamento sportivo, in caso di inosservanza di norme regolamentari interne. A ciò si aggiunga che l’inosservanza di una convenzione di forma (102), eventualmente prevista dal regolamento interno all’ordinamento sportivo, deve essere valutata ai sensi dell’art. 1352 c.c., fatto salvo il principio generale della libertà di forme che determina un’interpretazione di stretto diritto dell’accordo (103). Più rilevante — ai fini della valutazione dell’invalidità del contratto concluso in violazione di norme sportive — è comunque l’ipotesi già ricordata in cui l’inosservanza delle prescrizioni regolamentari determini un ostacolo alla concreta attuazione della vicenda contrattuale nell’ordinamento sportivo. In altre parole, può accadere che l’inosservanza nel contratto particolare delle norme regolamentari provochi un’impossibilità oggettiva ed assoluta di eseguire la prestazione contrattuale, da svolgersi all’interno dell’ordinamento sportivo; così, ad esempio, è significativo il caso del contratto di sponsorizzazione concluso dalle parti in contrasto con le norme interne all’ordinamento sportivo, disciplinanti, a livello generale, le modalità di veicolazione del messaggio promozionale dello sponsee (104). In tale ipotesi, l’inosservanza delle norme federali in tema di sponsorizzazione può comportare l’impossibilità assoluta di realizzare la prestazione contrattuale nell’àmbito dell’ordinamento sportivo, con conseguente nullità del contratto per impossibilità dell’oggetto, ferma restando, comunque, la responsabilità precontrattuale, ex art. 1338 c.c., a carico della parte che conosceva o doveva conoscere l’impossibilità. La prestazione può essere materialmente ineseguibile anche nella ricorrente eventualità di accordo volto a costituire la titolarità di un cartellino in capo ad una persona fisica; è ravvisabile, infatti, una impossibilità oggettiva di eseguire la prestazione poiché il tesseramento — atto prodromico alla formazione del cartellino — può costituirsi soltanto a favore di una associazione o società sportiva. A ciò si aggiunga che la vicenda può essere oggetto di una diversa lettura volta a ravvisare un oggetto illecito anziché impossibile; in caso contrario, infatti, si arriverebbe al risultato inaccettabile — perchè in contrasto con il sistema costituzionale e con il principio di libertà di esercizio dell’attività sportiva (105) — di ammettere la costituzione di un vincolo di appartenenza di un atleta a favore di una persona fisica. Deve escludersi, comunque, che ogni inosservanza di una norma sportiva possa determinare una impossibilità materiale di attuare la prestazione contrattuale nell’ordinamento sportivo; significative, ad esempio, sono le ipotesi in cui – a fronte di un’attività lecita prestata con continuità e professionalità – sia pattuito un corrispettivo, nonostante il regolamento sportivo lo escluda. Nel caso di specie, l’avvenuta esecuzione della prestazione fa sorgere il diritto al pagamento; in questo senso, va interpretato il recente arresto di legittimità (106), che — nel riflettere l’ambigua posizione dei c.d. professionisti di fatto — riconosce il diritto al compenso a chi, con continuità e professionalità, abbia svolto l’attività sportiva, a prescindere da quanto previsto nei regolamenti federali. Se si ragionasse diversamente si arriverebbe ad un risultato del tutto inaccettabile: ritenere che il contratto tra soggetti dell’ordinamento sportivo sia retto da norme diverse rispetto al diritto positivo. L’autonomia riconosciuta all’ordinamento sportivo, tuttavia, non può comportare che l’inosservanza dei regolamenti interni alle federazioni sportive — espressione dell’autonomia negoziale — possa determinare di per sé l’invalidità del contratto. E’ evidente, invece, che davanti al giudice civile — quale giudice naturale della controversia riguardante rapporti patrimoniali tra appartenenti all’ordinamento sportivo (riservata alla giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell’art. 3, l. 280 del 2003) — l’inosservanza di norme regolamentari debba essere valutata alla stregua di un inadempimento contrattuale, fatta salva l’ipotesi in cui il legislatore abbia espressamente considerato il rispetto delle norme regolamentari quale condizione di efficacia dell’accordo. Questo, ad esempio, è il caso dell’art. 5, comma 2°, l. 91 del 1981, dove il legislatore — nel disciplinare la cessione del contratto di lavoro da una società ad un’altra — ha richiamato oltre al consenso dell’«altra parte» — e quindi dello sportivo — anche l’osservanza delle «modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali». In questa ipotesi, pertanto, il rispetto delle norme sportive — nonostante l’estraneità alle norme imperative — condiziona direttamente l’efficacia del contratto di cessione. Tale previsione legislativa, d’altro canto, potrebbe confermare — se mai ve ne fosse bisogno — che la violazione delle norme sportive in sé e per sé non inficia la validità o l’efficacia del contratto; il disposto dell’art. 5, comma 2°, infatti, starebbe a dimostrare la necessità di un’espressa previsione legislativa, affinchè le norme regolamentari possano incidere sull’efficacia di un accordo, quale quello di cessione. In caso contrario, quanto previsto dall’art. 5, comma 2° — circa l’osservanza delle «modalità fissate dalle federazioni sportive nazionali» — sarebbe del tutto inutile. Più in generale, le norme regolamentari sportive — come quelle di ogni altro ordinamento giuridico a cui è riconosciuta autonomia — dovrebbero operare su di un piano ed in un àmbito del tutto distinto rispetto a quello riservato alle norme di legge dello Stato (107). Può accadere, tuttavia, che le norme regolamentari interne alle federazioni e le leggi emanate dallo Stato — nonostante siano destinate a coesistere ciascuna nel proprio ordinamento, secondo i princìpi di autonomia e di originarietà, caratterizzanti la nota teoria istituzionalistica della pluralità degli ordinamenti giuridici (108) — rischino talvolta di sovrapporsi. A tal proposito, è significativa una vicenda riguardante un contratto di mandato tra agente di calciatori (ma anche avvocato) ed un calciatore (109); tale mandato — avente ad oggetto l’attività di assistenza e la rappresentanza del giocatore nella definizione del contratto di prestazione sportiva con società professionistica — conteneva disposizioni in contrasto con le norme regolamentari interne alla federazione, quali la previsione della durata e la misura del compenso a favore del procuratore. Nel caso di specie, l’avvocato nonché agente di calciatori aveva fatto valere la domanda davanti al giudice civile, invocando altresì che l’attività professionale fosse stata esercitata quale avvocato e non quale procuratore sportivo. Il giudice civile adìto — ritenendo l’avvocato\procuratore sportivo comunque soggetto alle disposizioni federali — giunge alla conclusione dell’invalidità del contratto, sotto il profilo della meritevolezza ex art. 1322, comma 2°, in virtù del contrasto con le norme dell’ordinamento sportivo. Una diversa impostazione della vicenda — coerente con il principio della piena separazione ed autonomia tra i distinti ordinamenti giuridici — avrebbe, invece, dovuto accertare se l’accordo fosse valido, alla stregua delle norme e dei princìpi generali dell’ordinamento statale, davanti al cui giudice è stata avanzata la domanda di pagamento del corrispettivo per l’attività svolta dall’avvocato\procuratore sportivo. Contestualmente, su di un piano differente, avrebbero dovuto manifestarsi gli effetti dell’autorità dell’ordinamento sportivo: sanzionando a livello disciplinare la conclusione di un accordo, in violazione di norme regolamentari interne, che le parti, invece, si erano impegnate a rispettare, con l’adesione alla federazione. Giovanni Facci Ricercatore di diritto privato nell’Università di Bologna 1 () Per un commento all’art. 4, l. n. 91 del 1981, M. De Cristofaro, Società e sportivi professionisti, Legge 23 marzo 1981, n. 91, in Nuove leggi civili comm., 1983, p. 573. 2() Sull’interesse generale al corretto svolgimento della pratica sportiva e delle competizioni agonistiche, sotteso all’art. 4, l. n. 91 del 1981, anche il parere dell’Alta corte di giustizia, Pres. Chieppa, Rel. Luciani, del 3 dicembre 2010, in http://www.coni.it/fileadmin/arbitrato/Parere_3-2010.pdf. 3() Sui diversi indirizzi ricostruttivi circa i tratti qualificanti la norma imperativa, tra gli altri, Nuzzo, voce Negozio giuridico, IV) Negozio illecito, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1990, p. 5; Ferrara,Teoria del negozio illecito, Milano, 1970, p. 25; Betti,Teoria generale del negozio giuridico, in Trattato dir. civ. it., diretto da Vassalli, Torino, 1960, 6, p. 389. Sul graduale spostamento dell’attenzione — al fine della verifica dell’imperatività della disposizione violata — non tanto sul carattere inderogabile della norma o dell’interesse generale tutelato, quanto sull’indisponibilità da parte dei privati dell’interesse protetto e della relativa tutela, che di conseguenza dovrebbe rappresentare un indice sicuro della sua imperatività (Mantovani,Le nullità e il contratto nullo, in Trattato del contratto, diretto da Roppo, IV, Rimedi, a cura di Gentili, Milano, 2006, p. 43; A. Albanese, Violazione di norme imperative e nullità del contratto, Napoli, 2003, p. 57). 4() Sulle diverse interpretazione dell’ultima parte dell’art. 1418, comma 1°, c.c., si segnala la ricostruzione secondo la quale l’ultima parte del comma 1° conduce ad escludere la nullità quando ciò risulti dalla ratio della disposizione violata (De Nova, Il contratto contrario a norme imperative, in Riv. crit. dir. priv., 1985, p. 440; Villa, Contratto e violazione di norme imperative, Milano, 1993, p. 80; G. B. Ferri, Appunti sulla validità del contratto, in Riv. dir. comm., 1996, 1, p. 385; Id., Ordine pubblico, buon costume e teoria del contratto, Milano, 1970, p. 163; Mantovani, Divieti legislativi e nullità del contratto, in Nuova giur. civ. comm., 1987, II, p. 69; Gitti,Il contratto in frode alla legge: itinerari della giurisprudenza, in Riv. crit. dir. priv., 1989, p. 793; Passagnoli, Nullità speciali, Milano, 1995, p. 43). Parte della dottrina, invece, nega all’interprete un siffatto potere discrezionale, volto a delimitare l’area della nullità non espressamente prevista dalla legge (nello specifico, A. Albanese, Violazione di norme imperative e nullità del contratto, cit., p. 97. Al riguardo anche Castronovo, La responsabilità precontrattuale, in Manuale di diritto privato europeo, II, Milano, 2007, p. 344; D’Amico, Regole di validità e di comportamento nella formazione del contratto, in Riv. dir. civ., 2002, p. 56). Evidenzia, comunque, come — a dispetto dei diversi approcci teorici — i risultati pratici a cui approdano le diverse ricostruzioni siano in larga misura convergenti, Roppo, La nullità virtuale del contratto dopo la sentenza Rordorf, in Danno e resp., 2008, p. 545. Al riguardo, anche D’Adda, Nullità parziale e tecniche di adattamento del contratto, Padova, 2008, p. 155. 5() Cass., 23 febbraio 2004, n. 3545, in Contratti, 2004, p. 881; Cass., 4 marzo 1999, n.1855, in Mass. Giust. civ., 1999, p. 495; Cass., 3 aprile 1987, n. 3218, in Giust. civ., 1987, I, p. 1678; Cass., 28 luglio 1981, n. 4845, in Giust. civ., 1982, p. 2411; Cass., 11 febbraio 1978, n. 625. Sul punto anche Castronovo, Pluralità degli ordinamenti, autonomia sportiva e responsabilità civile, in Eur. dir. priv., 2008, p. 547. 6() Significativa di come, invece, un giudice statale abbia deciso secondo le regole dell’ordinamento sportivo è Trib. Crotone, 17 giugno 1993, inedita e citata in Castronovo, Pluralità degli ordinamenti, autonomia sportiva e responsabilità civile, cit., p. 555, pronunciata a séguito di incidenti verificatisi nello stadio di Crotone, a causa di tifosi della società calcistica del Palermo. 7() Al riguardo, Cass., 3 agosto 2007, n. 17067, in Mass. Giust. civ., 2007, f. 7-8. 8() Cass., 28 luglio 1981, n. 4845, cit.; Cass., 5 aprile 1993, n. 4063, in Foro it., 1994, I, c. 136. Sul contratto normativo, Messineo, Il contratto in genere, in Trattato dir. civ., diretto da Cicu e Messineo, XXI, 1, Milano, 1973, p. 653, il quale espressamente richiama il contratto normativo per l’ordinamento sportivo a p. 658, nota 12. 9() Cass., 28 luglio 1981, n. 4845, cit. Al riguardo, si segnala anche la motivazione di Cass., sez. un., 23 marzo 2004, n. 5775, in Giust. civ., 2005, I, p. 1625. 10() Cass., 28 luglio 1981, n. 4845, in Giust. civ., 1982, p. 2411, la quale censura la pronuncia di merito che «ha deciso la causa, sul riflesso che la nullità della norma sportiva si estendeva immediatamente all’ordinamento dello Stato e ne ha quindi dedotto la nullità del contratto di cessione del giocatore anche per quest’ultimo ordinamento». Su tale pronuncia e più in generale sulla natura giuridica delle norme sportive, Alpa, L’ordinamento sportivo tra autonomia e Costituzione, in Il caso Genoa, alla ricerca di un giudice, Torino, 2005, p. 35. 11() Si rimanda, tra gli altri, a Minervini, Il trasferimento del giocatore di calcio, in Rass. dir. civ., 1984, p. 1065; Bruno, I soggetti dell’attività sportiva, in Manuale di diritto dello sport, a cura di Di Nella, Napoli, 2010, p. 162; Liotta–Santoro, Lezioni di diritto sportivo, Milano, 2009, p. 70; Ferraro, La natura giuridica del vincolo sportivo, in Riv. dir. sport., 1987, p. 3; Pagliara, La libertà contrattuale dell’atleta professionista, in Riv. dir. sport., 1990, p. 12. 12() Sulle diverse ricostruzioni riguardanti il c.d. vincolo sportivo si segnala, Minervini, Il trasferimento del giocatore di calcio, cit., p. 1079. Al riguardo anche Bigiavi, L’associazione calcio Torino e il disastro di Superga, in Giur. it., 1951, IV, c. 88; F. Bianchi D’Urso, Riflessioni sulla natura giuridica del vincolo, in Dir. e giur., 1979, p. 1; Nuovo, Intervento al “Convegno Il vincolo tra atleta e società”, Milano 28–29 maggio 1966, in Riv. dir. sport., 1966, p. 124; Tosetto–Manescalchi, Profili giuridici del fenomeno sportivo con speciale riguardo alla natura giuridica del rapporto tra associazione calcistiche e calciatori, in Foro pad., 1953, III, c. 49. 13() Al riguardo Stincardini, La cessione del contratto: dalla disciplina codicistica alle peculiari ipotesi di applicazione in ambito calcistico, in Riv. dir. econ. sport., 2008, p. 130. 14() Cass., 28 luglio 1981, n. 4845, cit. 15() Sulla rapporto tra la cessione del contratto ed il vincolo sportivo, tra gli altri Ferrari, in L. 23 marzo 1981, n. 91, sub art. 6, in Nuove leggi civili comm., 1983, p. 600. 16() Al riguardo, Cass., 28 luglio 1981, n. 4845, cit., evidenzia come l’art. 16, l. n. 91 del 1981, con riguardo al vincolo sportivo, «lungi dal sanzionarne la nullità per il passato, lo ha espressamente riconosciuto valido ed operante anche per l’ordinamento dello Stato fino ai cinque anni successivi all’entrata in vigore della nuova disciplina». 17() Sul difficile inquadramento della fattispecie nelle tradizionali categorie del diritto dei contratti, Bruno, I soggetti dell’attività sportiva, cit., p. 162. In senso critico circa la ricostruzione della cessione del vincolo sportivo come contratto atipico, Minervini, Il trasferimento del giocatore di calcio, cit., p. 1080. 18() Cass., 28 luglio 1981, n. 4845, cit.; Cass., 5 gennaio 1994, n. 75, in Giust. civ., 1994, I, p. 1230. 19() Cass., 28 luglio 1981, n. 4845, cit.; nel caso di specie è stato violato il divieto di avere più di quattro giocatori in prestito; l’atto non era stato sottoscritto dai legali rappresentanti delle società e dal giocatore né era stato depositato presso la lega di appartenenza. 20() In tal senso, Cass., 5 gennaio 1994, n. 75, cit. Sul cartellino quale documento che rappresenta il diritto di utilizzazione sportiva dell’atleta e costituisce il valore economico delle prestazioni professionali del medesimo, così che è assoggettabile ad esecuzione forzata e a misura cautelare, Trib. Brindisi, 30 novembre 1990, in Riv. dir. sport., 1992, p. 115. 21() Sulle diverse ricostruzioni giuridiche del vincolo sportivo e sui dubbi che si sia in presenza di una fattispecie atipica, Minervini, Il trasferimento del giocatore di calcio, cit., p. 1079, il quale — nel considerare il vincolo sportivo come diritto di credito ad una prestazione negativa — propende ad identificare la cessione del vincolo negli stessi contratti traslativi, idonei a trasferire tanto le situazioni reali quanto quelle creditorie. Più in generale, sulla causalità della cessione del credito, quale espressione del principio della causalità del negozio traslativo, con esclusione così dell’autonomia negoziale della cessione, G. Minervini, Lo sconto bancario, Ristampa della Scuola di perfezionamento in diritto civile dell’Università di Camerino, Napoli, 1993, p. 18; Cicala, Il negozio di cessione del contratto, Napoli, 1962, p. 132; Perlingieri, Della cessione dei crediti, in Comm. c.c., a cura di Scialoja e Branca, Bologna–Roma, 1982, p. 29. 22() Cass., 28 luglio 1981, n. 4845, cit.; Cass., 5 gennaio 1994, n. 75, cit. 23() Al riguardo, Breccia, Causa, Il contratto in generale, III, in Trattato dir. priv., diretto da Bessone, XIII, Torino, 1999, p. 89; tra gli altri, Costanza, Meritevolezza degli interessi ed equilibrio contrattuale, in Contr. e impr., 1987, p. 427; Sicchiero, La distinzione tra meritevolezza e liceità del contratto atipico, in Contr. e impr., 2004, p. 547. 24() G. B. Ferri, Meritevolezza dell’interesse e utilità sociale, in Riv. dir. comm., 1971, p. 91; Roppo, Il contratto, Milano, 2011, p. 402. 25() Guarneri, Meritevolezza dell’interesse e utilità sociale del controllo, in Riv. dir. civ., 1994, I, p. 814. 26() Sulla difficile lettura della Relazione n. 603 al codice, Sicchiero, La distinzione tra meritevolezza e liceità del contratto atipico, cit., p. 545; G. B. Ferri, Meritevolezza dell’interesse e utilità sociale, cit., p. 91. Per una ampia ed elegante critica dei fondamenti ideologici del principio di utilità o rilevanza sociale, Gorla, Il contratto, Milano, 1955, I, p. 224. 27() Parte della dottrina ha finito per attribuire al giudizio di meritevolezza un significato coincidente a quello di liceità (G. B. Ferri, Tipicità negoziale e interessi meritevoli di tutela nel contratto di utilizzazione di cassette di sicurezza, in Riv. dir. comm., 1988, I, p. 342. Al riguardo anche Stolfi, Teoria del negozio giuridico, Padova, 1961, p. 29) e ha negato un autonomia operativa all’art. 1322, assorbito dalle norme degli artt. 1343 e 1418 c.c. (Di Majo, Il controllo giudiziale sulle condizioni generali di contratto, in Riv. dir. comm., 1970, 1, p. 212 nota 73; Palermo, Funzione illecita e autonomia privata, Milano, 1970, p. 175). Su un piano diverso si pone la tesi di chi — evidenziando il differente e più ampio àmbito del giudizio di meritevolezza rispetto a quello di liceità di cui all’art. 1343 c.c. — attribuisce al primo il compito di verificare se il contratto abbia una causa oppure manchi (Galgano, Il contratto, Padova, 2007, p. 145); oppure — facendosi operare il giudizio di meritevolezza a livello di tipo e cioè di schema negoziale astrattamente considerato — se lo schema astratto elaborato dai privati sia accettabile sul piano giuridico, tenuto conto dell’assenza di una preventiva opera di tipizzazione legislativa, intesa come mera predisposizione di schemi; in tal modo, attraverso la valutazione di meritevolezza si viene a determinare, in caso di esito positivo, la giuridicizzazione del contratto privo di una specifica disciplina positiva (Gazzoni, Manuale didiritto privato, Napoli, 2001, p. 796; Id.,Atipicità del contratto, giuridicità del vincolo e funzionalizzazione degli interessi, in Riv. dir. civ., 1978, I, p. 52). 28() Federico, L’elaborazione giurisprudenziale del controllo di meritevolezza degli interessi dedotti nei contratti c.d. sportivi, in Fenomeno sportivo e ordinamento giuridico, Napoli, 2009, p. 375. 29() Breccia, Causa, cit., p. 91; Roppo, Il contratto, cit., p. 402; sul controllo, invece, che il giudice deve esercitare, non solo in senso negativo, per accertare se si tratta di interessi illeciti, ma anche in senso positivo, per verificare se gli interessi perseguiti dalle parti sono «meritevoli di tutela» (e potrà non ritenerli tali anche se si tratta di interessi leciti), si segnala Galgano, Il contratto, cit., p. 145; al riguardo anche Bianca, Il contratto, Milano, 2000, p. 459. 30() Galgano, Il contratto, cit., p. 145 31() Gazzoni, Manuale di diritto privato, cit., p. 796; Id.,Atipicità del contratto, giuridicità del vincolo e funzionalizzazione degli interessi, cit., p. 52. 32() Lo evidenzia, Federico, L’elaborazione giurisprudenziale del controllo di meritevolezza degli interessi dedotti nei contratti c.d. sportivi, cit., p. 381. 33() Roppo,Il contratto, cit., p. 403; G. B. Ferri, Tipicità negoziale e interessi meritevoli di tutela nel contratto di utilizzazione di cassette di sicurezza, cit., p. 342; Stolfi, Teoria del negozio giuridico, cit., p. 29 nota 1; Di Majo, Il controllo giudiziale sulle condizioni generali di contratto, cit., p. 212 nota 73; Palermo, Funzione illecita e autonomia privata, cit., p. 175. 34() Sicchiero, La distinzione tra meritevolezza e liceità del contratto atipico, cit., p. 547. 35() Secondo Sicchiero, La distinzione tra meritevolezza e liceità del contratto atipico, cit., p. 549, il giudizio di meritevolezza diventa una clausola generale di controllo del contratto, al pari del giudizio di buona fede, dovendosi verificare che la selezione degli interessi in base ai quali si distingue il contratto atipico meritevole da quello immeritevole corrisponda ad una valutazione non irrazionale. 36() Lo mette in evidenza, Federico, L’elaborazione giurisprudenziale del controllo di meritevolezza degli interessi dedotti nei contratti c.d. sportivi, cit., p. 372. 37() A tal proposito, si veda la nota 21. 38() Vitale, Ordinamento sportivo e meritevolezza dell’interesse, in Rass. dir. civ., 1996, I, p. 192. 39() Vitale, Ordinamento sportivo e meritevolezza dell’interesse, cit., p. 191. 40() Minervini, Il trasferimento del giocatore di calcio, cit., p. 1065. 41() Cass., 5 gennaio 1994, n. 75, cit. 42() Vitale, Ordinamento sportivo e meritevolezza dell’interesse, cit., p. 192. L’impossibilità dell’oggetto del contratto pare caratterizzare la motivazione di Trib. Spoleto, 20 febbraio 1997, in Rass. giur. umbra, 1997, p. 417, secondo la quale «il contratto tipico di compravendita del titolo sportivo da un’associazione calcistica è nullo per impossibilità dell’oggetto in considerazione della incedibilità del titolo sancita nei regolamenti della F.i.g.c». 43() Caringella, Tratta dei giocatori e profili di meritevolezza sociale, in Riv. dir. sport., 1994, p. 670; Federico, L’elaborazione giurisprudenziale del controllo di meritevolezza degli interessi dedotti nei contratti c.d. sportivi, cit., p. 387; R. Pardolesi, in nota a Cass., 5 gennaio 1994, n. 75, in Foro it., 1994, I, c. 413. 44() Cass., 5 gennaio 1994, n. 75, cit. Su una recente controversia riguardante i diritti vantati da una persona fisica sul cartellino di un giocatore, si veda la pronuncia del Tribunale arbitrale dello sport, con sede a Losanna, riportata anche da Favella, I rapporto tra agenti di calciatori e società sportive. Lo spunto offerto dalla vicenda Udinese vs. Citerszpiler, in Riv. dir. econ. sport, 2009, p. 129. 45() In particolare il c.d. caso Bosman di cui Corte di giustizia 15 dicembre 1995, n. 415, inGiust. civ., 1996, I, p. 601; su ulteriori interventi della Corte di giustizia nel settore dello sport, si segnala Musumarra, Il rapporto di lavoro sportivo, in Diritto dello sport, a cura di Coccia–De Silvestri–Forlenza–Fumagalli–Musumarra–Selli, Firenze, 2010, p. 222; Amato, La libera circolazione degli sportivi nell’Unione Europea, in Lineamenti di diritto sportivo, Milano, 2008, p. 197. 46() Al riguardo, Bruno, I soggetti dell’attività sportiva, cit., p. 162; Caringella, Tratta dei giocatori e profili di meritevolezza sociale, cit., p. 670. 47() Per tutti, G. B. Ferri, Tipicità negoziale e interessi meritevoli di tutela nel contratto di utilizzazione di cassette di sicurezza, cit., p. 342. 48() Sulla tradizionale e discussa distinzione tra contratto illecito e contratto illegale, Betti, Teoria generale del negozio giuridico, ristampa II ed., Napoli, 1994, p. 114. Al riguardo anche De Nova, Il contratto contrario a norme imperative, cit., p. 439; Galgano, Il negozio giuridico, in Trattato dir. civ.e comm., già diretto da Cicu–Messineo–Mengoni, continuato da Schlesinger, Milano, 2002, p. 280; Id., Il contratto, cit., p. 289; Gentili,Le invalidità, in I contratti in generale, a cura di Gabrielli, II, Torino, 2006, p. 1407; Roppo, Il contratto, cit., p. 747; Breccia, Il contratto illecito, in Il contratto in generale, III, in Trattato dir. priv., diretto da Bessone, Torino, 1999, p. 120; Franzoni, Della nullità del contratto, in Galgano, Peccenini, Franzoni, Memmo, Cavallo Borgia, Simulazione, nullità del contratto, Annullabilità del contratto, in Comm. c.c., a cura di Scialoja e Branca, Bologna–Roma, 1998, p. 206; Gazzoni, Manuale di diritto privato, cit., p. 924; Mariconda,Le cause di nullità, in I contratti in generale. Effetti, invalidità e risoluzione del contratto, diretto da G. Alpa e M. Bessone, in Giur. sist. dir. civ. comm., Torino, 1991, p. 372. 49() Cass., 23 febbraio 2004, n. 3545, cit. 50() Sulla cessione del contratto di lavoro sportivo, si segnala Galgano, La compravendita di calciatori, in Contr. e impr., 2001, p. 1; Id., Compravendita di calciatori: il corrispettivo pagato dall’acquirente è, dunque, il prezzo della cessione, in Contr. e impr., 2002, p. 440. Al riguardo anche Albanese, Della cessione del contratto, in Comm. c.c., a cura di Scialoja e Branca, Bologna–Roma, 2009, sub art. 1406, p. 247. 51() Cass., 23 febbraio 2004, n. 3545, cit. 52() Lo evidenzia Federico, L’elaborazione giurisprudenziale del controllo di meritevolezza degli interessi dedotti nei contratti c.d. sportivi, cit., p. 384. 53() Al riguardo, Cass., 18 marzo 2008, n. 7282, in Mass. Giust. civ., 2008, p. 434; Cass., 28 febbraio 2007, n. 4785, in Vita not., 2007, p. 815; Cass., 22 luglio 2004, n. 13621, in Mass. Giust. civ., 2004, f. 7-8; Cass., 5 novembre 1999, n. 12327, in Mass. Giust. civ., 1999, p. 2195. In dottrina, di recente, Giuliani, Elusione fiscale, frode alla legge e causa concreta del contratto, in Contr. e impr., 2007, p. 455. 54() Bianca, Il contratto, in Diritto civ., III, cit., p. 704. 55() Al riguardo, Galgano, Il contratto, cit., p. 365; Roppo, Il contratto, cit., p. 657; Gazzoni, Manuale di diritto privato, cit., p. 912. Sul punto, Sacco, in Sacco e De Nova, Il contratto, I, in Trattato dir.civ., diretto da Sacco, Torino, 1993, p. 533. Escludono il meccanismo simulatorio in relazione agli atti la cui rilevanza giuridica dipenda esclusivamente dall’osservanza di un determinato comportamento o di una determinata formalità Bianca, Il contratto, cit., p. 702; Tommaseo, Sul patto di simulazione del prezzo nei contratti solenni, in Giur. it., 1989, I, c. 563. 56() Federico, L’elaborazione giurisprudenziale del controllo di meritevolezza degli interessi dedotti nei contratti c.d. sportivi, cit., p. 384, sottolinea come la vicenda denoti una sostanziale valutazione delle regole sportive come norme di altro ordinamento giuridico, retto da princìpi diversi da quelli che caratterizzano la disciplina del contratto in generale 57() Sul punto anche Alpa, L’ordinamento sportivo tra autonomia e Costituzione, in Il caso Genoa, alla ricerca di un giudice, Torino, 2005, p. 25. 58() Le norme organizzative della Federazione italiana gioco calcio sono consultabili al sito: http://www.figc.it/it/93/3817/Norme.shtml . 59() Il regolamento organico Fip è consultabile al sito: http://www.fip.it/public/statuto/regolamento%20organico.pdf. 60() Gli arbitri, ad esempio, potrebbero impedire ad una squadra di calcio di scendere in campo con una tenuta da gioco, che viola quanto previsto dall’art. 72 norme organizzative interne alla Figc, in tema di tenuta di gioco dei calciatori. 61() Lo sponsor, comunque, è considerato un soggetto rilevante per l’ordinamento sportivo, come testimoniato dalla tendenza a riconoscere la legittimazione dello sponsor ad impugnare, davanti agli Organi della federazione sportiva, un provvedimento federale sanzionatorio (come ad esempio una retrocessione) nei confronti dello sponsee. Al riguardo, Pret. Brindisi, 30 luglio 1985, in Riv. dir. sport., 1986, p. 327; Cass., sez. un., 26 ottobre 1989, n. 4399, in Giur. it., 1990, I, c. 1282. In dottrina, M. Bianca, L’autonomia dell’ordinamento sportivo e il ruolo dello sponsor, in Fenomeno sportivo e ordinamento giuridico, Napoli, 2009, p. 543; Filosto, Contratto di sponsorizzazione e provvedimenti federali, in Contr. e impr., 2006, p. 1002. 62() Cass., 24 settembre 1994, n. 7856, in Giur. it., 1995, I, 1, c. 1014. 63() Cass., 3 aprile 1987, n. 3218, in Giust. civ., 1987, I, p. 1678. 64() Cass., 27 gennaio 2010, n. 1713, in Mass. Giust. civ., 2010, p. 111; nel caso di specie, un’associazione sportiva dilettantistica si era obbligata a riconoscere un compenso nei confronti di un allenatore, in violazione delle norme sportive vigenti, che prevedevano che gli allenatori svolgessero la propria attività a titolo gratuito e avessero diritto soltanto ad un rimborso spese purché pattuito per iscritto. Al riguardo, si è ribadito come non abbia alcuna base normativa «l’assunto che qualsivoglia violazione delle regole dell’ordinamento sportivo comporti tout court la nullità dei contratti conclusi tra società o associazioni e sportivi»; in particolare, si è confermata la pronuncia di merito che ha escluso la nullità dell’accordo, sia per la «mancata osservanza della forma vincolata — non potendo la violazione di una disposizione regolamentare trovare sanzione nell’ordinamento statale, governato dal principio generale della libertà delle forme — sia la nullità per la pattuizione di un compenso, non violando l’onerosità della prestazione alcuna norma imperativa». 65() Al riguardo, Galgano, Deontologia forense e pluralità degli ordinamenti giuridici, in Contr. e impr., 2011, p. 292, evidenzia come l’autonomia degli ordinamenti giuridici, non statuali, trovi un evidente limite allorchè siano violati i diritti fondamentali del singolo, nella formazione sociale in cui si svolge la sua personalità. Al riguardo anche Ruotolo, Giustizia sportiva e Costituzione, in Riv. dir. sport., 1998, p. 407; Vidiri, Autonomia dell’ordinamento sportivo: natura privata delle federazioni e riparto della giurisdizione, in Giust. civ., 2011, p. 1759. 66() Corte giust., 11 aprile 2000, n. 51, in Riv. dir. sport., 2001, p. 434. 67() Sulle problematiche connesse allo status di professionista di fatto, Agrifoglio, Diritto comunitario, diritto interno e classificazione dei contratti: il contratto di lavoro sportivo punto d’incontro tra ordinamenti, in Eur. dir. priv., 2011, p. 257; Dentici,Il lavoro sportivo tra professionismo e dilettantismo: profili di diritto interno e comunitario, in Eur. dir. priv., 2009, p. 1059;Sferrazza,Il rapporto di lavoro del calciatore dilettante, in Dir. lav., 2006, 1, p. 415. 68() Liotta Santoro, Lezioni di diritto sportivo, cit., p. 56. 69() Cass., 4 marzo 1999, n. 1855, cit. 70() Vidiri, Contrattodi lavoro dello sportivo professionista, patti aggiunti e forma ad substantiam, in Giust. civ., 1999, p. 1615; Id.,Sulla forma scritta del contratto di lavoro sportivo, in Giust. civ., 1993, p. 683. 71() Cass. civ., sez. lav., 4 marzo 1999, n. 1855, cit.; Cass. civ., sez. lav., 12 ottobre 1999, n. 11462, cit. Riconosce, invece, validità ed efficacia ai contratti intercorsi tra società italiane ed atleti, nonostante essi siano diversi rispetto al contratto tipo, il tribunale arbitrale (Fat) della Federazione internazionale pallacanestro (Fiba), avente sede in Ginevra, il quale decide le controversie «ex aequo et bono» (Fat, 15 maggio 2009, 0024/08, Sakellariou, Dimitropoulos v/ Avellino BC; Fat, 13 febbraio 2009, 0012/08, Burlacu v/Avellino BC; Fat 4 dicembre 2008, 0006/08, Thomas, Priority Sports & Scotti v/ S.S. Basket Napoli s.r.l.; tutte le decisioni sono pubblicate sul sito della Fiba). 72() Le regole in materia di formalismo convenzionale, infatti, possono derivare non solo da un accordo individuale sulla forma tra le parti del contratto, ma anche da una disposizione contemplata in un contratto collettivo: Cass., 14 maggio 1996, n. 4471, in Giust. civ., 1997, I, p. 169; Cass., 28 novembre 1994, n. 10121, in Dir. giur. agr., 1995, p. 343; Cass., 13 giugno 1990, n. 5731, in Orient. giur. lav., 1990, p. 72. 73() Per una diversa lettura della nullità testuale dell’art. 4, si veda comunque il par. successivo. 74() Sull’obbligo — ai sensi del dell’art. 4, comma 2°, l. 91 del 1981 — di invio dei contratti alla federazione per l’approvazione, si segnala anche l’Alta corte di giustizia sportiva, Pres. e rel. Chieppa, parere 2\2010, del 30 luglio 2010, pubblicata sul sito del Coni: http://www.coni.it/index.php?7475. 75() Lo ricorda Federico, L’elaborazione giurisprudenziale del controllo di meritevolezza degli interessi dedotti nei contratti c.d.d. sportivi, cit., p. 386. Sui diversi inquadramenti circa il trattamento giuridico dell’ipotesi di difetto della forma convenzionale, si segnala Di Giovanni, La forma, in I contratti in generale, in Trattato dei contratti, a cura di Gabrielli, II, Torino, 2006, p. 911; Liserre, Il formalismo volontario, in Il contratto in generale, III, in Tratt. dir. priv., diretto da Bessone, XIII, Torino, 1999, p. 475; Bianca, Diritto civile, cit., p. 306; Roppo, Il contratto, cit., p. 238; Cerdonio Chiaromonte, Questioni irrisolte intorno ai patti sulla forma di futuri contratti, in Riv. dir. civ., 2004, p. 241. 76() Galgano,Il contratto, cit., p. 98; Bianca, Diritto civile, cit., p. 307. 77() Al riguardo, Di Giovanni, La forma, cit., p. 922; Roppo, Il contratto, cit., p. 238; Vidiri, Contratto di lavoro dello sportivo professionista, patti aggiunti e forma ad substantiam, in Giust. civ., 1999, p. 1616 nota 13. 78() Caringella, Brevi considerazioni in tema di forma del contratto di lavoro sportivo, in Riv.dir. sport., 1994, p. 686. In giurisprudenza, anche Trib. Perugia, 21 maggio 1993, in Riv. dir. sport., 1993, I, p. 2837. 79() Caringella, Brevi considerazioni in tema di forma del contratto di lavoro sportivo, cit., p. 688. 80() Cass. civ., sez. lav., 12 ottobre 1999, n. 11462, cit.; in questo senso è orientata anche l’Alta corte di giustizia sportiva, Pres. e rel. Chieppa, nel parere n. 2\2010, del 30 luglio 2010, cit. 81() In questo senso, sia pure implicitamente, si è espressa Cass., 23 aprile 1998, n. 4207, in Mass. Giust. civ., 1998, p. 874. Il potere di approvazione pare persistere, nonostante la l. 18 novembre 1996, n. 586 abbia modificato notevolmente l’originaria formulazione dell’art. 12, decapitandone il contenuto; è rimasto inalterato, infatti, il disposto dell’art. 4, l. 91 del 1981, il cui comma 2° prevede espressamente l’approvazione del contratto da parte delle federazioni. In senso dubitativo, invece, Pardolesi,Sull’efficacia dell’accordo (sportivo) dissimulato nell’ordinamento statale, in Corr. giur., 2004, p. 895; in senso diverso Cass. civ., sez. lav., 4 marzo 1999, n. 1855, cit. 82() Sul c.d. criterio del minimo mezzo, si segnala De Nova, Il contratto contrario a norme imperative, cit., p. 446; Villa, Contratto e violazione di norme imperative, cit., p. 131. 83() Sulla distinzione tra invalidità del contratto ed inefficacia, tra gli altri, A. di Majo, La nullità e i suoi confini, in Il contratto in generale, VII, a cura di A. di Majo-G.B. Ferri-Franzoni, in Trattato dir. priv., diretto da Bessone, XIII, Torino, 2002, p. 58; Galgano, Il contratto, cit., p. 351; Roppo, Il contratto, cit., p. 688. 84() Cass. civ., sez. lav., 12 ottobre 1999, n. 11462, cit.. 85() Al riguardo l’excursus di Vidiri, Autonomia dell’ordinamento sportivo: natura privata delle federazioni e riparto della giurisdizione, in Giust. civ., 2011, p. 1759. 86() Al riguardo il precedente di Cass., 3 luglio 1968, n. 2228, in Riv. dir. sport., 1968, p. 151. 87() Corte cost., 11 febbraio 2011, n. 49, in Giust. civ., 2011, p. 1145 88() Significativo è il caso del contratto di sponsorizzazione, concluso in violazione delle norme regolamentari, su cui ci si soffermerà nella continuazione. 89() Sul punto, invece, Liotta-Santoro, Lezioni di diritto sportivo, cit., p. 22. 90() Per un ampia disamina della l. n. 280 del 2003, si segnala Colagrande, Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, in Nuove leggi civ. comm., 2004, p. 705. Sul d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito dalla l. n. 280 del 2003, si segnala il commento di De Marzo, Ordinamento statale e ordinamento sportivo tra spinte autonomistiche e valori costituzionali, in Corr. giur., 2003, p. 1265. 91() Romano, L’organizzazione dell’attività sportiva, in Manuale di diritto dello sport, cit., p. 119. 92() Il rapporto di regola ed eccezione tra la prima parte dell’art. 1418 c.c. e la riserva finale dello stesso comma 1°, infatti, è fortemente attenuato, in virtù dell’ampio potere discrezionale normalmente riconosciuto all’interprete al quale è riconosciuta la responsabilità di delimitare l’area della nullità non espressamente prevista dal legislatore (lo sottolinea De Nova, Il contratto contrario a norme imperative, cit., p. 442; Mantovani, Le nullità e il contratto nullo, cit., p. 44; Gitti, Il contratto in frode alla legge: itinerari di giurisprudenza, cit., p. 797). 93() Questo è ad esempio il caso di Cass., 23 febbraio 2004, n. 3545, cit. 94() Al riguardo, Sicchiero, La distinzione tra meritevolezza e liceità del contratto atipico, cit., p. 549. 95() In questo senso, anche Caringella, Tratta dei giocatori e profili di meritevolezza sociale, cit., p. 666. 96() In particolare, Cass., 28 luglio 1981, n. 4845, cit.; Cass., 5 aprile 1993, n. 4063, cit.; in dottrina, Messineo, Il contratto in genere, cit., p. 658 nota 12, espressamente richiama il contratto normativo per l’ordinamento sportivo. 97() Al riguardo, Messineo, Il contratto in genere, cit., p. 657; sul contratto normativo come fenomeno di autonomia privata, ampiamente Guglielmetti, I contratti normativi, Padova, 1969, p. 39. 98() Messineo, Il contratto in genere, cit., p. 667. 99() Sul punto ampiamente, Gitti,Contratti regolamentari e normativi, Padova, 1994, p. 40; D’Arcangelo, Il contratto normativo, in Obblig. e contr., 2008, p. 62. 100() Gitti,Contratti regolamentari e normativi, cit., p. 41, il quale ammette che il contratto normativo possa avere efficacia reale intesa essa come non necessità che le clausole con esso predisposte entrino a far parte del contenuto dei successivi contratti particolari, né che esse siano espressamente riprodotte o richiamate, tenuto conto dell’effetto integrativo rispetto ai successivi singoli contratti. 101() Guglielmetti, I contratti normativi, cit., p. 147; al riguardo anche Maiorca, voce Normativo (contratto), in Dig., Torino, 1995. 102() Sui rapporti tra il patto sulla forma ed il contratto normativo, Messineo, Il contratto in genere, cit., p. 670; Guglielmetti, I contratti normativi, cit., p. 120 nota 122 e la bibliografia ivi indicata. 103() Ritengono modificabile il patto sulla forma, anche per fatti concludenti, Galgano,Il contratto, cit., p. 198; Bianca, Diritto civile, cit., p. 307. 104() Tale ipotesi viene in rilievo anche per dimostrare che le norme sportive possono incidere anche sui contratti conclusi da soggetti estranei all’ordinamento sportivo, nonostante le norme sportive non siano certo vincolanti per essi. 105() Al riguardo, Bruno, I soggetti dell’attività sportiva, cit., p. 162; Caringella, Tratta dei giocatori e profili di meritevolezza sociale, cit., p. 670. 106() Cass., 27 gennaio 2010, n. 1713, cit. 107() Sul punto, particolarmente efficace è lo scritto di Galgano, Deontologia forense e pluralità degli ordinamenti giuridici, cit., p. 291. 108() Al riguardo, Galgano, Deontologia forense e pluralità degli ordinamenti giuridici, cit., p. 292. Sulla teoria istituzionalistica della pluralità degli ordinamenti giuridici, dovuta a Santi Romano, (L’ordinamento giuridico, Firenze, 1946) ed in particolare sull’ordinamento sportivo nell’àmbito della pluralità degli ordinamenti, si segnala Cesarini-Sforza, Il diritto dei privati, Milano, 1963, p. 56; M.S.Giannini, Prime osservazioni sugli ordinamenti giuridici sportivi, in Riv. dir. sport., 1949, p. 13; più di recente, Sanino-Verde, Il diritto sportivo, Padova, 2011, p. 10. 109() Trib. Udine, 16 gennaio 2006, in Contratti, 2007, p. 31. Contenuto Riservato!