Considerazioni sulla natura oggettiva o soggettiva delle cause di esclusione della punibilità previste dai condoni fiscali

Andrea Perini, Considerazioni sulla natura oggettiva o soggettiva delle cause di esclusione della punibilità previste dai condoni fiscali, in Rass. Tributaria, 2003, 3, 937

Considerazioni sulla natura oggettiva o soggettiva delle cause di esclusione della punibilità previste dai condoni fiscali

SOMMARIO: 1. Note introduttive – 2. Art. 119 e art. 182 del codice penale: quale la disciplina applicabile alle cause di esclusione della punibilità? – 2.1. L’ambiguità del dato normativo – 2.2. La tesi che ritiene applicabile la disciplina prevista dall’art. 182 del codice penale: conseguenze – 2.3. La tesi che ritiene applicabile la disciplina prevista dall’art. 119 del codice penale: conseguenze – 3. Una prima ipotesi interpretativa: natura oggettiva della cosiddetta “dichiarazione integrativa” (art. 8) e natura soggettiva degli altri condoni fiscali – 4. Natura soggettiva delle cause di esclusione della punibilità previste dagli artt. 9 e 15 della Finanziaria e profili di potenziale incostituzionalità – 5. Note conclusive

1. Note introduttive I condoni fiscali introdotti dalla recente “Legge finanziaria” (L. n. 289/2002, così come modificata dalla L. n. 27/2003) pongono certamente molteplici questioni ermeneutiche capaci di mettere a dura prova le capacità esegetiche dell’interprete. Le asperità del dato normativo, inoltre, crescono ulteriormente allorquando ci si accosta ai profili penali di tali condoni, un vero microsistema di norme seriamente candidato a rappresentare il “buco nero” della nebulosa “perdonistica” voluta dal legislatore fiscale. E ciò con buona pace del principio di determinatezza e di precisione che dovrebbe sempre guidare il conio di norme penali.

In questo scenario, denso di incertezze e di perplessità, uno degli argomenti certamente più controversi è quello della efficacia oggettiva o soggettiva delle cause di esclusione della punibilità previste dagli artt. 8, 9 e 15 della “Finanziaria”, vale a dire il dubbio in merito alla possibilità o meno di estendere il beneficio della “non punibilità” anche agli eventuali concorrenti nel reato.

Il tema, invero, si presenta particolarmente complesso in quanto scaturisce dal convergere di due discipline ampiamente lacunose: infatti, se da un lato vi è la normativa carente e frammentaria introdotta dalla “Finanziaria”, occorre altresì rilevare come questa venga ad intrecciarsi con un altro dei lati oscuri del nostro sistema penale, vale a dire la disciplina che regge le cause di esclusione della punibilità. Di qui, come cercheremo di porre in luce, la scaturigine di un nodo interpretativo pressoché insolubile.

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2. Art. 119 e art. 182 del codice penale: quale la disciplina applicabile alle cause di esclusione della punibilità? – Punto di partenza di questa indagine può essere la constatazione che le “sanatorie” fiscali (ma anche penali) in questione rientrano tra quelle che – a livello generale – Mario Romano definisce come “cause sopravvenute di esclusione della punibilità”: si tratta, infatti, di condotte susseguenti al reato, lato sensu riparatorie dell’offesa arrecata ed alle quali, in via eccezionale, il legislatore attribuisce efficacia estintiva della vicenda penale (1). Dunque, cause sopravvenute di esclusione della punibilità (2), a sé stanti rispetto alle consuete cause di estinzione del reato e, piuttosto, riconducibili a quell’eterogeneo ambito di misure eccezionali talvolta varate dal legislatore per perseguire obiettivi di politica criminale (anche) attraverso la rinuncia alla propria potestà punitiva (3).

È questa una premessa importante per (tentare di) risolvere la questione dell’efficacia oggettiva o soggettiva di tali cause di esclusione della punibilità in quanto, come si accennava, appare già controversa l’individuazione della disciplina generale applicabile a codesta categoria.

2.1. L’ambiguità del dato normativo – Al riguardo è bene precisare, innanzitutto, come la formulazione di codeste cause di esclusione della punibilità appaia, di per sé, inidonea a risolvere il problema (4): nell’art. 8, infatti, al comma 6, lettera c), il legislatore si limita ad annoverare “l’esclusione … della punibilità …” tra gli effetti scaturenti dal “perfezionamento della procedura prevista dal presente articolo”.

A ben vedere, siccome nella lettera a) del medesimo comma si fa riferimento alla “preclusione, nei confronti del dichiarante e dei soggetti coobbligati, di ogni accertamento tributario e contributivo”, si potrebbe forse essere tentati di ritenere che il riferimento al soggetto “dichiarante” sia rimasto nella penna del legislatore nella formulazione delle successive lettere b) e c) e, quindi, sia da ritenersi sottinteso. Privo di rilievo, invece, sarebbe il riferimento ai soggetti coobbligati, categoria certamente estranea a qualsiasi profilo sanzionatorio.

Tuttavia, una simile lettura sembra davvero correttiva del dato normativo laddove dà per implicita una specificazione che, invece, sarebbe davvero di rilievo cruciale.

Non minore, infine, è l’ambiguità degli artt. 9 e 15, in quanto ambedue ricalcano pedissequamente la formulazione dell’art. 8 (cfr. il comma 10 dell’art. 9 ed il comma 7 dell’art. 15), riproponendone le medesime carenze.

Vero ciò, non rimarrebbe che ricorrere ai principi generali per tentare di trovare una soluzione ad un problema che la lettera della norma lascia aperto, sennonché – come si accennava – anche la disciplina generale delle cause sopravvenute di esclusione della punibilità appare tutt’altro che univoca.

In particolare, oggetto di controversia è la potenziale applicabilità dell’art. 182 del codice penale piuttosto che dell’art. 119 del codice penale (5), in un dibattito che si è fatto particolarmente acceso in materia di art. 376 del codice penale laddove è la tesi che fa leva sull’art. 119 del codice penale ad aver recentemente riscosso i favori della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (6).

Ambedue le opzioni ermeneutiche meritano comunque un approfondimento.

2.2. La tesi che ritiene applicabile la disciplina prevista dall’art. 182 del codice penale: conseguenze – Prendendo le mosse dall’art. 182 del codice penale, norma generale in materia di cause di estinzione del reato e della pena, si può riscontrare come in esso sia contenuto un principio generale applicabile laddove non sia diversamente disposto dal legislatore (cfr. l’incipit della norma). E tale principio appare assolutamente inequivoco: “l’estinzione del reato o della pena ha effetto soltanto per coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce”. Dunque, il principio generale vede le cause estintive avere efficacia esclusivamente soggettiva e, quindi, non essere suscettibili di estensione agli eventuali concorrenti.

Tale disposizione pare esplicitamente derogata, in materia di condoni fiscali, dal solo art. 8, comma 8, della “Finanziaria”, laddove è previsto che “gli effetti penali di cui ai commi 6 e 7 si estendono anche nei confronti dei soggetti diversi dal dichiarante se considerati possessori effettivi dei maggiori imponibili”. In sostanza, la “non punibilità” viene estesa ai concorrenti in un caso paradigmatico di compartecipazione criminosa, nel quale un soggetto si presta a fungere da intestatario fittizio di determinati redditi che, in realtà, entrano nella disponibilità di soggetti differenti.

La norma in questione, quindi, sembra proprio assumere i connotati di quella diversa disposizione di legge che, giusta la lettera dell’art. 182 del codice penale, è idonea a derogare alla regola generale per attribuire efficacia oggettiva (e, dunque, la comunicabilità a tutti i compartecipi) alla causa di non punibilità prevista dall’art. 8.

Resterebbe da chiedersi se tale principio possa essere, per così dire, “esportato” anche negli istituti disciplinati dagli artt. 9 e 15 che, come è noto, racchiudono le altre due forme di sanatoria dotate di effetti penali. Ma, a tale riguardo, occorre subitamente rilevare come la lettera della norma appaia, negli artt. 9 e 15, assai differente da quanto è invece disposto nell’art. 8, non essendovi alcuna disposizione analoga a quanto previsto dal comma 8 dell’art. 8: dunque, in prima battuta, sembra potersi affermare che in tali istituti ritorni “operativa” la clausola generale di cui all’art. 182 del codice penale in quanto non derogata da una previsione ad hoc di tenore simile al comma 8 dell’art. 8.

 

2.3. La tesi che ritiene applicabile la disciplina prevista dall’art. 119 del codice penale: conseguenze – Tuttavia, non si deve dimenticare come l’art. 182 del codice penale sia volto espressamente a disciplinare le cause estintive del reato o della pena, mentre i condoni fiscali si è detto che introducono, in realtà, delle cause sopravvenute di esclusione della punibilità. Si tratta, certamente, di categorie affini ma, come la dottrina ha esattamente segnalato, non del tutto coincidenti (7).

Vero ciò, sembra corretto accostarsi alla prospettiva condivisa dalle Sezioni Unite della Cassazione per ricercare una soluzione al problema in esame facendo leva piuttosto sull’art. 119 del codice penale anziché sull’art. 182 del codice penale (8). E, come è noto, tale norma bipartisce le circostanze di esclusione della pena in oggettive e soggettive, disponendo che le circostanze soggettive abbiano effetto soltanto riguardo alla persona a cui si riferiscono, mentre le circostanze oggettive dispiegano effetto su tutti i concorrenti.

Nondimeno, anche codesta previsione sembra comunque lasciare impregiudicata la esplicita previsione di cui all’art. 8, comma 8, della Finanziaria, con la conseguente estensibilità di tale causa di esclusione della punibilità a tutti i compartecipi proprio in virtù di una espressa disposizione introdotta unitamente all’istituto e volta ad attribuirvi una valenza “oggettiva”.

L’assenza di analoghe formule in seno agli artt. 9 e 15 della Finanziaria, invece, ripropone in tale ambito i corni del dilemma.

Ed invero, prendendo in esame la struttura dei “condoni” alla luce della recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in materia di ritrattazione (9), può rilevarsi come un rilevante argomento contrario all’estensione ai concorrenti della “non punibilità” possa essere desunto proprio dalla lettura che la Corte stessa offre dell’art. 119 del codice penale ed in forza della quale le “circostanze oggettive” ivi richiamate sarebbero esclusivamente le scriminanti (10). Alle cause di esclusione della sola punibilità viene, invece, riconosciuta efficacia meramente soggettiva.

In proposito, ad assumere notevole rilievo è proprio un’argomentazione particolarmente sviluppata dalla Corte e che, nonostante attenga alla ritrattazione, appare facilmente adattabile alla materia dei condoni fiscali. Secondo la Corte, infatti, “la ritrattazione si connette alla determinazione tipicamente personale e volontaria di riparare il danno già posto in essere. Essa, quale causa di esclusione della sola punibilità, ha carattere evidentemente soggettivo e, per il principio della individuazione della responsabilità, ha effetto soltanto riguardo alla persona che si è determinata alla riparazione e non può spiegare influenza sulla valutazione del fatto degli altri compartecipi” (11).

È allora chiaro come codeste considerazioni possano essere ritenute pertinenti rispetto a qualunque condotta lato sensu reintegratoria e ripristinatoria posta in essere dal reo successivamente alla commissione del fatto di reato, salvo – beninteso – che sia la stessa norma a dettare una diversa disciplina. D’altro canto, non a caso viene generalmente riconosciuta efficacia soggettiva all’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, prima parte, del codice penale (12), la quale presenta non marginali profili di assimilabilità alla materia dei condoni fiscali.

Vero ciò, anche ritenendo applicabile l’art. 119 del codice penale, sembra doversi comunque concludere riconoscendo al solo condono fiscale previsto dall’art. 8 della Finanziaria un’efficacia oggettiva in virtù dell’espressa previsione contenuta nel comma 8 di tale articolo. Al contrario, gli istituti contemplati dagli artt. 9 e 15 parrebbero conservare – giusta la disciplina generale – natura strettamente soggettiva.

Tanto il ricorso all’art. 182 del codice penale quanto l’applicazione dell’art. 119 del codice penale sembrano così condurre a conclusioni sostanzialmente coincidenti.

3. Una prima ipotesi interpretativa: natura oggettiva della cosiddetta “dichiarazione integrativa” (art. 8) e natura soggettiva degli altri condoni fiscali – Le considerazioni dianzi svolte sembrano fungere da viatico ad una lettura francamente inaspettata del sistema perdonistico introdotto dalla “Finanziaria”, vale a dire che gli effetti ablativi della punibilità conseguenti a tre diversi istituti parrebbero presentare un significativo profilo di disomogeneità di disciplina: uno solamente di questi, infatti, avrebbe natura oggettiva estendendosi expressis verbis ai compartecipi, mentre gli altri due sarebbero resi “meno appetibili” da una efficacia meramente soggettiva (13).

A tale conclusione, della quale non ci nascondiamo il carattere asistematico, sembra peraltro difficile opporre quel ragionamento analogico che consentirebbe, una volta trovato il bandolo della matassa in uno degli istituti in esame, di estenderne la portata anche alle altre forme di sanatoria. Ed invero, una volta constatata la “efficacia oggettiva” della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 8, diviene davvero forte la tentazione di estendere in via analogica tale conclusione anche agli altri istituti dotati di effetti penali, così da affermare che anche il cosiddetto “condono tombale” (art. 9) o la “sanatoria delle liti potenziali” (art. 15), una volta perfezionate da un contribuente, esplichino efficacia ablativa della punibilità anche in capo agli eventuali concorrenti.

Sennonché, contro una tale ricostruzione militano almeno due argomenti di portata tutt’altro che marginale.

Il primo argomento è quello, tradizionale, che contesta, in modo più o meno radicale, la possibilità di estendere in via analogica cause sopravvenute di esclusione della punibilità sull’assunto che si tratterebbe di norme aventi natura eccezionale (14). Constatazione che, invero, appare assai calzante a provvedimenti quali i condoni fiscali, la cui natura eccezionale appare assai difficile da negare. Vero ciò, sembrerebbe piuttosto prendere quota l’argomentazione a contrariis che, dalla constatata necessità di prevedere espressamente l’estensione ai concorrenti degli effetti ablativi scaturenti dal condono previsto dall’art. 8, lascerebbe intuire l’opposta valenza soggettiva degli altri istituti.

Il secondo argomento, invece, muove dall’esame degli stessi istituti perdonistici previsti dalla “Finanziaria” e, in particolare, dallo iato che sembra separare le rationes fondanti – da un lato – l’art. 8 e – sull’opposto versante – gli artt. 9 e 15.

Ed invero, nella cosiddetta “dichiarazione integrativa” di cui all’art. 8 avviene una completa disclosure della posizione del contribuente con ricalcolo (ancorché a condizioni agevolate) del debito d’imposta, con una sorta di reintegrazione “ora per allora” del danno arrecato all’erario. Si tratta, in sostanza, di una causa estintiva grosso modo assimilabile a quelle previste, in ambito penale societario, dagli artt. 2629 e 2633 del codice civile, fattispecie nelle quali il risarcimento del danno assurge a causa di esclusione della punibilità. In tali ipotesi, attribuire rilevanza soggettiva a tale causa estintiva comporterebbe una moltiplicazione del “risarcimento del danno” (in senso molto lato) in capo a ciascuno dei compartecipi, dando luogo non più ad una ristorazione del soggetto danneggiato bensì ad un suo arricchimento ogni qual volta la fattispecie fosse realizzata con il concorso di più soggetti.

In questa prospettiva sembra collocarsi anche quello che, tanto da un punto di vista dogmatico che di politica criminale, rappresenta il precedente forse più omogeneo rispetto alla causa estintiva in esame: la cosiddetta “amnistia tributaria a pagamento”, nella quale il risarcimento (tardivo) del “danno” arrecato all’erario comportava l’estinzione del reato (15). In tale ambito, trattandosi di restitutio ad integrum, si è ritenuto (16) – con l’autorevole avallo della Corte Costituzionale (17) – che la causa estintiva assumesse implicitamente natura oggettiva, risultando espressione di una sorta di principio generale sotteso all’ordinamento e secondo il quale tale tipologia di cause estintive assumerebbe sempre efficacia oggettiva. E ciò proprio per scongiurare una moltiplicazione dei risarcimenti pari al numero dei concorrenti.

Vero tutto ciò per quanto concerne l’istituto di cui all’art. 8 della Finanziaria, occorre invece considerare la prospettiva assai differente che pare caratterizzare i diversi (ed autonomi) istituti disciplinati dagli artt. 9 e 15, nei quali il condono assume le forme di una sorta di “forfetizzazione a scatola chiusa” attraverso la quale viene definita la posizione del contribuente. Dunque, non solo pare venire meno quella eadem ratio che fonda il ragionamento analogico ma, ancora più significativamente, non pare irragionevole riconnettere effetti ablativi più estesi ad una forma di “resipiscenza” che risulta più strettamente aderente alla lesione degli interessi erariali rispetto agli istituti previsti dagli artt. 9 e 15.

Anche la lettera della norma, infine, potrebbe, almeno in parte, confermare questa lettura “diversificante” dell’art. 8 rispetto – perlomeno – all’art. 9 laddove si consideri che nel solo art. 8, comma 6, lettera c), il legislatore ha ritenuto di escludere “a ogni effetto” la punibilità, ricorrendo ad una precisazione (“a ogni effetto”, appunto) che non viene riproposta nell’art. 9. Di qui, forse, un argomento per sostenere non soltanto che nell’art. 8 la “non punibilità” abbraccerebbe anche gli effetti penali della condanna, ma altresì che codesta “non punibilità” sarebbe suscettibile di essere estesa ai concorrenti nel reato. Si tratta, tuttavia, di un appiglio letterale che sembra però smentito dall’art. 15, atteso che anche in esso – a complicare ulteriormente la questione – è presente il riferimento all’esclusione “ad ogni effetto” della punibilità pur mancando una previsione analoga al comma 8 dell’art. 8.

Dunque, sembra davvero di essere al cospetto di un autentico rebus, atteso altresì che negli artt. 9 e 15 non è neppure prevista una formula quale quella contemplata dall’art. 2 del D.P.R. 20 gennaio 1992, n. 23 e che consentiva la presentazione della dichiarazione di condono al “contribuente o a chiunque altro” ne avesse “interesse”.

4. Natura soggettiva delle cause di esclusione della punibilità previste dagli artt. 9 e 15 della Finanziaria e profili di potenziale incostituzionalità Dalle considerazioni fin qui sviluppate sembrerebbe emergere, pur con molte asperità, una lettura della disciplina dei condoni fiscali volta a ritenere che la causa sopravvenuta di esclusione della punibilità di cui all’art. 8 della Finanziaria sia suscettibile di estendersi anche agli eventuali concorrenti nel reato, mentre la lettera della norma indurrebbe a conclusioni diametralmente opposte rispetto alle cause di esclusione della punibilità contemplate dagli artt. 9 e 15 della stessa legge, le quali avrebbero così efficacia soggettiva.

Tuttavia, questa conclusione, sebbene aderente al dettato normativo, sembra presentare profili di incostituzionalità difficilmente superabili. Affermare, infatti, la natura soggettiva dei condoni fiscali in questione significa ritenere che solamente il soggetto che aderisce al condono possa beneficiare di una tale causa di esclusione della punibilità. E se questa affermazione non appare problematica allorquando contribuente/evasore e “dichiarante/condonante” vengano a coincidere (emblematico il caso del contribuente-persona fisica), la situazione si fa assai aggrovigliata laddove il contribuente sia soggetto diverso da colui che aderisce al condono, come accade in ambito societario.

Basti pensare ad una qualsiasi società di capitali: in essa la normativa potrebbe continuare ad operare senza grossi problemi solamente laddove la società fosse amministrata da un solo amministratore, in carica (almeno) dal 1997 ad oggi ed autore di fatti di reato realizzati senza il concorso di consulenti esterni o del collegio sindacale. In tale circostanza, l’amministratore-reo sarebbe anche l’amministratore-dichiarante (rectius: “condonante”) e, proprio in qualità di soggetto che aderisce al condono, si gioverebbe della “non punibilità” prevista dal comma 10 dell’art. 9 o dal comma 7 dell’art. 15 (18).

La situazione, tuttavia, diverrebbe foriera di rilevantissime disparità di trattamento in molteplici situazioni concrete, verosimilmente assai frequenti nella prassi. Basti pensare all’amministratore che sia stato sostituito dopo aver commesso fatti di reato che ora sarebbero “condonabili”: anche se l’amministratore attuale aderisse al condono, il “condonante” di oggi non coinciderebbe con il “reo” di ieri. Dunque, nessuna operatività della causa di esclusione della punibilità.

Inoltre, anche in ipotesi di coincidenza tra reo ed amministratore che oggi sottoscrive il condono, che ne sarebbe degli altri concorrenti nel reato? Basti pensare agli altri componenti del consiglio di amministrazione, al collegio sindacale, ad un eventuale amministratore di fatto o ad un consulente esterno, rispetto al quale non sussisterebbe neppure un legame di tipo funzionale con il contribuente (19). L’adesione ad una rigorosa ricostruzione in chiave soggettiva delle cause di esclusione della punibilità previste dagli artt. 9 e 15 della Finanziaria dovrebbe condurre all’affermazione di responsabilità penale in capo a tutti questi soggetti, indipendentemente dall’avvenuto perfezionamento del condono fiscale.

E si noti come, anche volendo attribuire un significato particolarmente ampio alla nozione di “soggetto che perfeziona il condono” capace di abbracciare tutti coloro che rivestono una qualche carica all’interno della società contribuente, rimarrebbe pur sempre esclusa la figura del consulente esterno alla società, il quale assumerebbe così i connotati del concorrente sempre e comunque escluso dall'”ombrello penale” offerto dai condoni fiscali contemplati dagli artt. 9 e 15.

Dunque, saremmo al cospetto di una disciplina capace di elidere la responsabilità penale in dipendenza di fattori tutto sommato aleatori (permanenza o meno alla guida della società) e, comunque, tesa a “premiare” il soggetto che verosimilmente ha svolto un ruolo di maggior rilievo nella condotta di evasione rispetto al concorrente atipico. Infatti, se il condono pone al riparo l’amministratore unico o l’amministratore che ha sottoscritto una dichiarazione mendace e che ora aderisce al condono, il mero “consigliere fraudolento” (così come ogni altro concorrente) rimarrebbe esposto alle conseguenze penali scaturenti dalla propria condotta ancorché contrassegnata da minor disvalore in quanto atipica ai sensi della fattispecie di parte speciale.

Vi è quanto basta, probabilmente, per ritenere calzante l’ammonimento proveniente dalla stessa Corte Costituzionale allorquando si pronunciò su analoghe questioni ermeneutiche sollevate dall’amnistia connessa al condono tributario del 1991 (20). In quella sede, preso atto delle disparità di trattamento che sarebbero conseguite all’applicazione della disciplina prevista dall’art. 182 del codice penale all'”amnistia tributaria”, la Corte affermò che “occorre pur sempre, nell’interpretare le norme relative (all’amnistia, n.d.a.), muovere dal presupposto che il legislatore abbia voluto escludere sperequazioni normative fra attività criminose omogenee che non troverebbero alcuna plausibile giustificazione”.

E, nel caso di specie, vale ancora la pena rilevare come la disparità di trattamento tra “condonante” e reo non possa neppure trovare giustificazione nel sacrificio economico sopportato dal reo per aderire al condono, atteso che in ambito societario sarebbe comunque la società contribuente a sopportare l’onere di un condono dal quale – sul piano penale – è il reo persona fisica a trarre giovamento.

Vero ciò, seri problemi di compatibilità con i principi costituzionali sembrano inclinare verso il riconoscimento di una generalizzata natura oggettiva nei confronti di tutti gli istituti “perdonistici” previsti dalla recente legge Finanziaria e dotati di rilevanza penale, cosicché l’adesione ai condoni previsti dagli artt. 8, 9 e 15, da chiunque operata, comporterebbe una generalizzata elisione della responsabilità penale in capo a tutti i compartecipi (21).

Si tratta, tuttavia, di una conclusione che comunque appare insoddisfacente, specie se inquadrata nel più vasto scenario del ravvedimento (in senso lato) del concorrente (22) e dei rilevanti problemi di costituzionalità che esso suscita per l’ontologica difficoltà [quando non impossibilità (23)] che incontra il concorrente atipico nell’elidere gli effetti di un’azione tipica da altri compiuta.

In tale ambito, lungi dal tacciare di incostituzionalità una disciplina che espressamente ammette situazioni nelle quali le conseguenze derivanti dalla condotta di compartecipazione sono “irreversibili” (24), le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno recentemente affermato che la ritrattazione può giovare all’istigatore della falsa testimonianza solamente allorquando questi abbia “arrecato un decisivo contributo causale alla neutralizzazione del fatto lesivo” (25).

Dunque, non punibilità dell’autore principale ed impossibilità di “ravvedimento” (anche post delictum) da parte del concorrente atipico non sembrano necessariamente stridere con i principi costituzionali, perlomeno ad avviso della giurisprudenza di legittimità.

Ed anche dal sistema sanzionatorio amministrativo tributario potrebbero trarsi argomenti per giustificare la maggiore severità che la disciplina dei condoni fiscali, letta “in chiave soggettiva”,- sembrerebbe riservare al consulente esterno della società piuttosto che all’amministratore o, comunque, al soggetto legato “funzionalmente” al contribuente società. Basta ricordare, al riguardo, come i soggetti lato sensu “intranei” alla società possano non solo vedere la società accollarsi (a talune condizioni) la sanzione amministrativa irrogata nei loro confronti, ma possano altresì beneficiare di un tetto sanzionatorio pari a cento milioni di (“vecchie”) lire (cfr. art. 5, comma 2, ed art. 11, comma 6, del D.Lgs. n. 472/1997). Tutti “privilegi” dei quali il consulente “estraneo” non può beneficiare (26) ma rispetto ai quali, almeno fino ad oggi, nessuna questione di legittimità costituzionale è stata posta.

5. Note conclusive Come si è cercato di porre in luce, ad ogni argomento capace di orientare l’interprete verso una soluzione, pare possibile opporre un altro argomento – non meno serio – in grado di avvalorare la conclusione opposta, cosicché di certa sembra esservi solamente l’efficacia oggettiva della cosiddetta “dichiarazione integrativa” prevista dall’art. 8 della Finanziaria.

Si tratta, senza dubbio, di una conclusione sconsolante ed insoddisfacente, che attesta un ennesimo vulnus a quei principi di determinatezza e di precisione che, invece, dovrebbero sempre guidare l’operato del legislatore penale.

Probabilmente, soltanto un intervento legislativo potrebbe davvero chiarificare la questione, ma il tempo dei condoni è ormai scaduto e l’opera del giudice penale non sembra poter attendere a lungo integrazioni normative che, comunque, giungerebbero fuori tempo massimo per la platea dei contribuenti.

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(1) Per tutti, cfr. Romano, Grasso, Padovani, Commentario sistematico del codice penale, vol. III, artt. 150-240, Milano, 1994, pagg. 9 e seguenti; VASSALLI, voce Cause di non punibilità, in “Enc. del diritto”, vol. VI, Milano, 1960, pagg. 609 e seguenti.

(2) Autorevolmente, in argomento, si veda Caraccioli, Profili penali del nuovo concordato fiscale, in “il fisco”, n. 3/2003, fascicolo n. 1, pag. 434 “… si deve necessariamente propendere per la loro natura di cause sopravvenute speciali di estinzione del reato, in quanto presuppongono un reato già consumato, di cui vengono eliminati successivamente gli effetti, mentre le scriminanti coesistono al fatto, rendendo lecito il comportamento fin dall’inizio”.

(3) In argomento, tra i tanti lavori, cfr. Musco, La premialità nel diritto penale, in “Indice penale”, 1986, pagg. 591 e seguenti; PADOVANI, Il traffico delle indulgenze, cit., 1986, pag. 398; Zagrebelsky, voce Indulto, (dir. cost.), in “Enc. del dir.”, vol. XXI, 1971, pagg. 247 e seguenti. In linea generale, cfr. altresì le riflessioni di Maiello, La clemenza tra dommatica e politica criminale, in “Riv. it. dir. proc. pen.”, 1992, pagg. 1029 e seguenti, particolarmente pagg. 1062 e seguenti con riferimento al principio di uguaglianza; Pulitanò, Tecniche premiali fra diritto penale e processo, in “Riv. it. dir. proc. pen.”, 1986, pag. 1017, ove ulteriori riferimenti; Stortoni, Profili costituzionali della non punibilità, in “Riv. it. dir. proc. pen.”, 1984, pagg. 645 e seguenti.

(4) Sembra invece di opinione parzialmente differente ROSSI, Condono 2003. Non punibili tutti i concorrenti nel reato, in “il fisco”, n. 14/2003, fascicolo n. 1, pagg. 2147 e seguenti, il quale desume la natura oggettiva dei condoni fiscali argomentando anche dal tenore letterale delle cause di esclusione della punibilità.
Sulla differente disciplina prevista dai precedenti condoni fiscali, cfr. Santoriello, Brevi note in tema di efficacia oggettiva o soggettiva delle ipotesi di condono fiscale, in “il fisco”, n. 22/2003, fascicolo n. 1, pag. 3500.

(5) Si vedano, in argomento, gli autorevoli rilievi di IZZO, Integrativa semplice e condono tombale. Effetti penali e valenza oggettiva, in “il fisco”, n. 7/2003, fascicolo n. 1, pag. 1063.

(6) Cfr. Cass., SS.UU. penali, 30 ottobre 2002, in “Cass. pen.”, 2003, pagg. 43 e seguenti.

(7) Per tutti, cfr. Romano, Grasso, Padovani, Commentario sistematico, cit., pagg. 9 e seguenti.

(8) In questa prospettiva, cfr. altresì Izzo, Integrativa semplice e condono tombale, cit., pagg. 1063 e seguenti; Santoriello, Brevi note in tema di efficacia oggettiva o soggettiva delle ipotesi di condono fiscale, cit..

(9) Cass., SS.UU. penali, 30 ottobre 2002, in “Cass. pen.”, 2003, pagg. 43 e seguenti.

(10) Per analoghe conclusioni, in dottrina, cfr., Romano, Grasso, Commentario sistematico del codice penale, vol. II, Milano, 1996, pag. 238. Ma cfr. altresì Romano, Cause di giustificazione, cause scusanti, cause di non punibilità, in “Riv. it. dir. proc. pen.”, 1990, pag. 68.

(11) Così la citata Cass., SS.UU. penali, 30 ottobre 2002.

(12) Per tutti, cfr. Mantovani, Diritto penale, Parte generale, Padova, 2001, pag. 433; Romano, Commentario sistematico del codice penale, Milano, 1995, pag. 639; Contra, Pagliaro, Principi di diritto penale, Milano, 2000, pag. 476. Cfr. altresì Fiandaca, Musco, Diritto penale, Parte generale, Bologna, 2001, pag. 407. Oltre a fare rinvio alla giurisprudenza citata nella manualistica, vale la pena ricordare la costruzione in chiave (anche) oggettiva dell’attenuante de qua effettuata da Corte Costituzionale, 23 aprile 1998, n. 138, annotata da Bisori, Appunti per un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’attenuante del risarcimento del danno, in “Cass. pen.”, 1999, pag. 395.

(13) Conclusioni analoghe in Santoriello, Brevi note in tema di efficacia oggettiva o soggettiva delle ipotesi di condono fiscale, cit..

(14) Ci si limita ancora a far rinvio, per tutti, a Romano, Grasso, Padovani, Commentario sistematico, cit., pag. 11.

(15) Per i diversi provvedimenti di amnistia tributaria e, in particolare, per l’analisi quello contenuto nel D.P.R. 20 gennaio 1992, n. 23, con approfondimenti in merito alla relativa efficacia oggettiva, facciamo rinvio a Cerqua, La funzione retributiva e l’efficacia oggettiva dell’amnistia connessa al condono in materia tributaria (D.P.R. 20 gennaio 1992, n. 23), in “Riv. trim. dir. pen. ec.”, 1996, pagg. 1309 e seguenti, particolarmente pagg. 1318 e seguenti, al quale rinviamo anche per i copiosi riferimenti bibliografici. Per la giurisprudenza più recente in materia, ci sia permesso rinviare a Perini, Il condono tributario del 1991 davanti alle Sezioni Unite: fu “amnistia a pagamento”?, in “Dir. penale e processo”, 2000, pagg. 830 e seguenti, in nota a Cass., 1¡ febbraio 2000.

(16) Si veda ancora Cerqua, La funzione retributiva e l’efficacia oggettiva dell’amnistia, cit., pagg. 1319-1320, ove ulteriori riferimenti.

(17) Cfr. Corte Costituzionale, 12 gennaio 1995, n. 19, in “il fisco”, 1995, pag. 1390, con nota di Caraccioli.

(18) Tuttavia, in senso contrario cfr. le considerazioni di Tinti, Il difficile raccordo tra il tributario e il penale nel nuovo condono, in “il fisco”, n. 8/2003, fascicolo n. 1, pag. 1214. In argomento, sia permesso rinviare a Perini, Profili penali dei condoni fiscali previsti dalla “Finanziaria 2003”, in “Rass. trib.”, n. 2/2003, pagg. 558 e seguenti, in particolare ~ 3.3.2.

(19) Sul punto, cfr. Rossi, Condono 2003. Non punibili tutti i concorrenti nel reato, cit., pagg. 2147 e seguenti.

(20) Cfr. Corte Costituzionale, 12 gennaio 1995, n. 19, cit..

(21) Conclusioni alle quali giungono Izzo, Integrativa semplice e condono tombale., cit., pagg. 1063 e seguenti; Rossi, Condono 2003. Non punibili tutti i concorrenti nel reato, cit., pagg. 2146 e seguenti.

(22) Per tutti, oltre al lavoro monografico del Flora, Il ravvedimento del concorrente, Padova, 1984, passim, cfr. Maddalena, voce Ravvedimento operoso, in “Enc. del diritto”, vol. XXXVIII, Milano, 1987, pag. 757; Romano, Grasso, Commentario sistematico, cit., pagg. 181 e seguenti.

(23) E cfr. le osservazioni di Flora, Il ravvedimento del concorrente, cit., pag. 211, sui limiti “logico-razionali” del ravvedimento, nonché Fiandaca, Musco, Diritto penale, cit., pagg. 487 e seguenti; Romano, Grasso, Commentario sistematico, cit., pag. 182.

(24) E cfr. in tale senso Cass., 22 gennaio 1986, in “Cass. pen.”, 1987, pag. 1112.

(25) Così la citata Cass., SS.UU. penali, 30 ottobre 2002. Ma cfr. quanto già affermato da Cass., 22 gennaio 1986, cit..

(26) In argomento, sia permesso rinviare a Perini, Il nuovo sistema sanzionatorio tributario amministrativo: considerazioni di un penalista, in “Diritto e prat. trib.”, Parte I, 1998, pagg. 2045 e seguenti.

 

Professore associato di Diritto penale nell'Università di Torino, Dottore commercialista. È docente di diritto penale commerciale e di diritto penale tributario nell’Università di Torino. Svolge attività di consulente tecnico nell'ambito di procedimenti penali in materia economica. È inoltre autore di monografie e di pubblicazioni su riviste specializzate in materia penale e tributaria, nonché relatore in seminari e convegni. Tra le sue pubblicazioni principali: Il delitto di false comunicazioni sociali", pubblicato nella "Collana di studi penalistici" editi dalla CEDAM, Padova, 1999; "Elementi di diritto penale tributario", III edizione riveduta ed ampliata, edito dalla Casa editrice Giappichelli, Torino, 1999; “La tipicità inafferrabile, ovvero elusione fiscale, “abuso del diritto” e norme penali”, in Rivista trimestrale di diritto penale dell'economia, 2012, n. 3, 731 e ss., (c.e. CEDAM, Padova); Voce "Reati tributari", in Digesto delle discipline penalistiche, VI volume di Aggiornamento, 2013, (c.e. UTET, Torino); “La società non necessaria come nuova frontiera dell’elusione fiscale penalmente rilevante?” (nota a Cass., sez. III pen., n. 19100/2013), in Rivista di diritto tributario, n. 4, 2013, parte III, pp. 68 e ss. (c.e. Giuffré, Milano).

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