Luigi D’Orazio, L’ammissibilità della domanda di concordato preventivo con proposta di dilazione di pagamento ai creditori prelazionari, in Fallimento, 4, 2014, p. 445.
L’ammissibilità della domanda di concordato preventivo con proposta di dilazione di pagamento ai creditori prelazionari
(Commento a Trib. Padova, 30 maggio 2013 – Pres. Santinello – Rel. Zambotto)
di Luigi D’Orazio
L’Autore, dopo essersi soffermato sulla questione della (ri)qualificazione d’ufficio della natura del concordato preventivo con continuità aziendale, si discosta dalla decisione del Tribunale ritenendo ammissibile la proposta di concordato preventivo, sia con continuità aziendale che senza prosecuzione dell’attività, ove nel piano si preveda una dilazione, anche ultrannuale, dei pagamenti dei creditori prelazionari, con spettanza del diritto di voto di questi ultimi per l’intero ammontare del credito.
Il fatto
Una società di persone ha presentato una domanda di concordato preventivo con continuità aziendale, nella prospettiva di un conferimento di azienda ad una nuova società, interamente partecipata dalla debitrice, con accollo di una parte dei debiti e con la previsione di soddisfacimento dei creditori attraverso i dividendi ricavati dallo svolgimento dell’attività di impresa da parte della nuova società.
Nella domanda di concordato sono stati considerati non funzionali all’esercizio dell’impresa ex art. 186 bis l.f. l’incasso dei crediti (€ 270.000 circa) e la cessione del fabbricato industriale, con annesso appezzamento di terreno edificabile, di valore ingente (circa € 1.350.000,00), mentre i restanti beni mobili strumentali sono stati trasferiti insieme con l’azienda alla nuova compagine sociale.
I crediti prelazionari dovevano essere pagati integralmente, come pure le spese di procedura ed i crediti prededucibili, mentre dal tenore della motivazione non si coglie il diverso trattamento spettante ai debiti (sia prelazionari che chirografari) accollati dalla newco.
La debitrice ha proposto il pagamento integrale dei privilegiati e del creditore ipotecario non immediatamente, ma subito dopo l’omologazione. Infatti, l’immobile non conferito alla nuova compagine sociale, in quanto non funzionale all’esercizio dell’impresa, è stato però concesso in locazione alla newco per tre anni, con richiesta al tribunale di autorizzazione alla stipulazione del contratto, con il pagamento dei prelazionari solo a partire dalla scadenza della locazione, quindi dall’anno 2017, con dilazione di un triennio.
Pertanto, prima della questione del pagamento dilazionato dei prelazionari e del diritto di voto eventualmente ad essi riconosciuto, deve affrontarsi il tema della (ri)qualificazione giuridica del concordato (in continuità o meno) da parte del tribunale.
La (ri)qualificazione giuridica del concordato con continuità aziendale.
Il Tribunale padovano ha correttamente incasellato la fattispecie nel nuovo articolo 186 bis l.f., ritenendo trattarsi di un concordato con continuità aziendale, benchè fosse rimasto fuori dallo schema negoziale un immobile di rilevante valore, poi concesso in locazione alla newco per tre anni, oltre a crediti consistenti.
Iscriviti alla nostra newsletter per avere accesso immediato Se sei già iscritto, inserisci nuovamente la tua email per accedere La nuova normativa, già nelle prime applicazioni ha posto notevoli difficoltà interpretative, con divergenti soluzioni, proprio in relazione alla qualificazione giuridica del concordato, dovendosi tenere conto dei maggiori oneri a carico dell’impresa debitrice (“piano rinforzato”) in caso di prosecuzione dell’attività, a fronte di una disciplina normativa di favore tesa a favorire la continuità aziendale (pagamento di crediti anteriori strategici ex art. 182 quinquies comma 4 l.f.; moratoria annuale dei prelazionari, continuazione dei contratti in corso con la pubblica amministrazione e partecipazione a gare di appalto con enti pubblici ex art. 186 bis l.f.). La questione oggetto del provvedimento annotato si occupa di una delle tre ipotesi di concordato con continuità aziendale, e segnatamente del conferimento dell’azienda “in esercizio” in una o più società anche di nuova costituzione (le altre due ipotesi sono rappresentate dalla cessione dell’azienda “in esercizio” e dalla prosecuzione “diretta” dell’attività da parte dell’imprenditore). La differente normativa applicabile a seconda della qualificazione del concordato, se in continuità o meno, con i diversi requisiti del piano nel primo caso (indicazione dei costi, dei ricavi, delle risorse finanziarie necessarie e delle modalità di copertura; migliore soddisfacimento dei creditori attestata dal professionista) ha costretto i giudici a fotografare immediatamente, d’ufficio, la tipologia di concordato ad essi sottoposta. Problemi seri sono sorti con riferimento all’affitto di azienda, ritenendo taluni1 che anche la gestione “indiretta” dell’azienda fosse ricompresa nella continuità aziendale, ed altri2 che il perimetro della continuità concerne solo i casi della prosecuzione “diretta”, della cessione di azienda (ma solo nelle ipotesi di pagamento non immediato del prezzo) e del conferimento della stessa. Ai giudici spetta, dunque, un potere interpretativo per la (ri)qualificazione giuridica della fattispecie. Compito piuttosto gravoso, in virtù della novità delle questioni trattate e della fattura non proprio cristallina delle disposizioni in esame. In un caso3 si è ritenuto che, in sede di ammissione alla procedura di concordato, ex art. 163 l.f., sussiste il potere del tribunale di riqualificare la domanda, proposta come concordato con continuità aziendale ai sensi dell’art. 186 bis l.f., in concordato liquidatorio, laddove l’attivo concordatario sia costituito prevalentemente dai proventi della liquidazione del patrimonio immobiliare personale del titolare dell’impresa individuale (farmacia) e, solo marginalmente (nella misura dell’8% del totale) dai proventi della prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore. Si è fatta applicazione, dunque, di un criterio “quantitativo” per la perimetrazione della fattispecie. Nella fattispecie in esame, il rilevante importo dei beni ritenuti non funzionali all’impresa poteva indurre a ritenere prevalente la funzione liquidatoria del concordato rispetto a quella della continuità aziendale, ma il Tribunale, correttamente, ha dato la prevalenza al conferimento di azienda nella newco, utilizzando un criterio dinamico-funzionale. Per dirimere tali controversie è necessario fare applicazione degli orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimità in materia di contratti collegati e di contratti misti, tenendo presente la nozione di causa in concreto già sdoganata dalle Sezioni Unite della Suprema Corte4 nel delineare i confini del controllo dell’autorità giurisdizionale sulla fattibilità del piano. La dottrina5 ritiene che si è in presenza di contratto misto sia nel caso in cui in esso concorrono gli elementi di più negozi tipici che si fondono tra loro (il tipico caso è quello del contratto di albergo6), sia in ipotesi di più cause concorrenti nell’unicità del rapporto (vendita mista a donazione). In entrambi i casi il contratto è unico, stante l’unicità della causa. Per la giurisprudenza il contratto misto è disciplinato sia dal criterio dell’assorbimento o prevalenza7, sicchè lo schema negoziale è quello del tipo contrattuale principale, sia da quello della combinazione8, con la suddivisione del contratto in plurimi frammenti negoziali, ciascuno dei quali governato dalla propria disciplina specifica, sia in alcune ipotesi dalla analogia, con applicazione delle norme regolanti situazioni simili. Infatti, in tema di contratto misto (vendita ed appalto), la relativa disciplina giuridica va individuata in quella risultante dalle norme del contratto tipico nel cui schema sono riconducibili gli elementi prevalenti (cosiddetta teoria dell’assorbimento o della prevalenza), senza escludere ogni rilevanza giuridica degli altri elementi, che sono voluti dalle parti e concorrono a fissare il contenuto e l’ampiezza del vincolo contrattuale, ai quali si applicano le norme proprie del contratto cui essi appartengono, in quanto compatibili con quelle del contratto prevalente9. Il collegamento negoziale, invece, presuppone l’esistenza di distinti contratti, avvinti dalla causa in concreto10, con applicazione delle norme sulla nullità parziale ex art. 1419 c.c., sull’impossibilità parziale sopravvenuta ex art. 1464 c.c., sull’inadempimento parziale e sull’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.; ciò in applicazione del brocardo “simul stabunt, simul cadent”, a sottolineare la stretta connessione e dipendenza tra i separati negozi. La Suprema Corte11 ha cristallizzato la distinzione tra le due figure negoziali evidenziando che si ha collegamento negoziale quando due o più contratti, ciascuno con propria autonoma causa, non siano inseriti in un unico negozio composto (misto o complesso), ma rimangano distinti, pur essendo interdipendenti, soggettivamente o funzionalmente, per il raggiungimento di un fine ulteriore, che supera i singoli effetti tipici di ciascun atto collegato, per dar luogo ad un unico regolamento di interessi, che assume una propria diversa rilevanza causale. Pertanto, affinchè possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, è necessario che ricorra sia il requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia il requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale12. Pertanto, l’ipotesi in esame di cui all’art. 186 bis l.f. pare rientrare più nella categoria dei contratti collegati, che in quella del contratto misto, dovendosi tenere conto anche della locazione dell’immobile alla newco, evidentemente collegata al superamento della crisi di impresa attraverso il conferimento di azienda. Se trattasi di contratto misto, il differente trattamento dei creditori prelazionari (integrale senza dilazione per quelli accollati alla newco ed integrale ma con dilazione triennale per quelli relativi ai beni non funzionali alla continuità, ma oggetto di contratto di locazione) può trovare giustificazione solo applicando la tesi della combinazione, con diverso trattamento giuridico tra creditori dei due frammenti negoziali. Se si è in presenza di due negozi collegati (un contratto di accollo di parte dei debiti con conferimento di beni in una newco ed un negozio di cessione dei beni non funzionali alla prosecuzione della attività di impresa, con annesso negozio di locazione) potrà prevedersi il differente trattamento dei prelazionari, essendo due negozi distinti, avvinti dalla medesima causa in concreto. Per beni non funzionali all’esercizio dell’impresa devono intendersi, poi, quei cespiti non connessi alla dinamica produttiva (quindi non strumentali per la prosecuzione dell’attività), come può verificarsi per gli immobili destinati a sede degli uffici amministrativi13. Nel caso in cui si proceda alla liquidazione di beni “funzionali” alla prosecuzione dell’attività, in violazione del contenuto del piano, dovrebbe verificarsi una ipotesi di inefficacia relativa dell’atto inopponibile alla massa dei creditori14, non apparendo condivisibile la tesi della natura sanzionatoria della norma con inapplicabilità della disciplina di favore propria del concordato con continuità aziendale. In caso di concordato “con riserva” se vi è stata, ai sensi dell’art. 82 del d.l. 69/2013, convertito in legge 9 agosto 2013, n. 98, la nomina del commissario giudiziale, il quale si accorga, nelle more della concessione del termine di cui all’art. 161 comma sesto l.f., della avvenuta alienazione di cespiti funzionali alla prosecuzione dell’attività, deve riferirne al tribunale immediatamente ai sensi dell’art. 173 l.f. per l’eventuale pronuncia di improcedibilità15 oppure per l’abbreviazione del termine concesso ex art. 161 comma 6, l.f., per manifesta inidoneità dell’attività compiuta dal debitore. Come si vede, le problematiche civilistiche entrano in modo prepotente nelle vicende concordatarie, lasciando dubbi ed incertezze anche sulla disciplina normativa in concreto applicabile. La dilazione di pagamento dei creditori prelazionari nel concordato preventivo senza continuità aziendale: “pagamento integrale” e “soddisfacimento integrale”. Prima di affrontare il tema del pagamento dilazionato dei creditori prelazionari nell’ambito del concordato con continuità aziendale ai sensi dell’art. 186 bis l.f., con riferimento alla moratoria annuale, è necessario soffermarsi sull’analogo problema che affligge i concordati senza continuità aziendale, dando conto delle conclusioni cui è pervenuta sino ad ora la giurisprudenza di merito. In realtà, le questioni da esaminare sono due: la prima relativa alla ammissibilità o meno di una domanda di concordato preventivo, senza continuità aziendale, ove si preveda il pagamento dilazionato dei creditori prelazionari; la seconda attiene alle modalità di espressione del voto dei prelazionari, una volta ritenuta ammissibile la proposta di concordato. Prima della riforma del 2006, con cui è stata introdotta anche per il concordato preventivo la possibilità di falcidia dei creditori prelazionari ex art. 160 comma 2 l.f., era pacifico in giurisprudenza16 che tale categoria di creditori dovesse essere pagata subito dopo l’omologazione e per intero, in quanto il vecchio art. 160 l.f. prevedeva l’obbligo del pagamento minimo del 40 % solo per i creditori chirografari. Attualmente, invece, la giurisprudenza di merito è divisa sulla ammissibilità o meno della domanda di concordato con creditori privilegiati ai quali viene offerto il pagamento differito rispetto alla omologazione del concordato. In molti concordati preventivi l’assuntore oppure il debitore prevedono che i creditori prelazionari vengano pagati a distanza di due o più anni, con la previsione, in genere, della corresponsione degli interessi al saggio legale maturati sino al pagamento. Si pone così la questione, molto dibattuta in dottrina già in tema di concordato fallimentare dopo il d.lgs. 5/2006, sull’effettivo significato della «soddisfazione integrale» e l’eventuale distinzione dall’«integrale pagamento»17. L’art. 177 comma 2 l.f. dispone che «i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l’integrale pagamento, non hanno diritto di voto se non rinunciano in tutto o in parte al diritto di prelazione». Ove i creditori privilegiati rinuncino, in tutto o in parte, alla prelazione, per la parte del credito non coperta da garanzia sono equiparati ai creditori chirografari. L’art. 177 l.f., al comma 3, statuisce poi che «i creditori muniti di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell’art. 160, la soddisfazione non integrale, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito». Parte della dottrina18 e della giurisprudenza19 ritiene che il «pagamento integrale», da tener ben distinto dal soddisfacimento integrale, si verifichi solo nel caso di pagamento effettuato per intero, con denaro ed immediatamente, senza eccessiva dilazione. Se il pagamento, nel concordato senza classi, è dilazionato nel tempo per un periodo considerevole, che la dottrina fissa in sei mesi o un anno, oppure se, nel concordato con classi, si paghi con l’attribuzione di quote, azioni od obbligazioni (art. 160 comma 1 lett. a l.f.), quindi con strumenti diversi dal denaro, si va ad alterare non la quantità del credito, ma la qualità del credito. Laddove, quindi, il debitore concordatario si obblighi a pagare i privilegiati al 100 % in più anni, con versamento anche degli interessi, taluni sostengono che vi sarebbe «soddisfacimento integrale», ma non «pagamento integrale», con conseguente diritto di voto per i privilegiati. In tal caso, infatti, afferma autorevole dottrina, il pagamento dilazionato nel tempo costringe in qualche modo il creditore a concedere nuovo credito al debitore, senza che il primo abbia assunto determinazioni in tal senso. Il diritto di voto non discenderebbe dall’art. 177 comma 3 l.f. (soddisfazione non integrale), ma dall’art. 177 comma 2 l.f. (pagamento non integrale). Una volta ammessi al voto i privilegiati, in astratto, occorre però stabilire in concreto per quale percentuale del credito potranno votare. In dottrina20 si è sostenuto che il privilegiato non pagato integralmente, anche se soddisfatto integralmente, dovrebbe poter votare per l’intero ammontare del credito (soddisfazione con dilazione temporale notevole e con forme diverse dal pagamento in denaro). Altri hanno, invece, scelto la strada della comparazione tra quanto promesso al creditore nella proposta e quanto il creditore avrebbe ottenuto in caso di soluzione alternativa (esecuzione individuale o fallimento)21. Se ai privilegiati viene promesso, nel piano di concordato, il pagamento subito dopo la liquidazione dei beni, non vi è stato alcuno scarto rispetto al pagamento degli interessi (anche in sede esecutiva o fallimentare il pagamento sarebbe avvenuto subito dopo l’aggiudicazione a seguito di asta) e viene negato il voto ai privilegiati, i quali ricevono, quindi, il pagamento integrale e non hanno il diritto al voto. È chiaro che se ai privilegiati viene promesso il pagamento del 100 % in più anni, senza il pagamento degli interessi, non vi è pagamento integrale, ed il creditore deve votare per la parte del credito non soddisfatta, ossia per gli interessi maturati nelle more e non contemplati nel piano22. Insomma, le due espressioni (soddisfacimento integrale e pagamento integrale) rappresentano lo stesso fenomeno, inteso in una dimensione solo quantitativa, sì da essere equivalenti23. Se i creditori vengono pagati in più anni, ma con la corresponsione degli interessi legali non possono avere diritto al voto, perché sia il pagamento che la soddisfazione sono integrali. Del resto, in favore di tale interpretazione milita anche la storia degli artt. 160 e 177 l.f.. Dopo la novella del 2005, invero, non era possibile, nei concordati, procedere alla falcidia dei creditori privilegiati incapienti, in quanto l’art. 177 l.f. non prevedeva il voto dei privilegiati, sicchè una eventuale falcidia avrebbe concretizzato una vera e propria espropriazione del credito. Il nuovo art. 160 comma 2 l.f., consente ora la falcidia dei creditori muniti di privilegio speciale o generale, consentendo la non soddisfazione integrale («la proposta può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente»), purchè con soddisfazione almeno pari, se non maggiore, di quanto ricavabile dalla vendita24. L’art. 177 l.f. risolve definitivamente il problema del diritto di voto dei privilegiati (stavolta ammesso espressamente) e del modo in cui gli stessi potranno votare. Va anche evidenziato che la “dilazione” di pagamento dei creditori prelazionari è ora prevista in molte norme destinate alla soluzione negoziale delle crisi delle imprese. È sufficiente porre attenzione all’art. 182 ter l.f. (transazione fiscale) ove si prevede espressamente che “con il piano di cui all’art. 160 il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi…nonchè dei contributi”. Inoltre, con riguardo all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute previdenziali operate e non versate si è chiarito che “la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione di pagamento”. In tal senso si pone anche l’art. 7 della legge 27 gennaio 2012 n. 3, come modificata dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge 17 dicembre 2012, n. 221, in tema di composizione della crisi da sovraindebitamento (“In ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano puo’ prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”). L’art. 186 bis comma secondo , lettera c), l.f. dà la facoltà al debitore di prevedere nel piano una moratoria fino ad un anno dalla omologazione per il pagamento dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca. Analoga disposizione è contenuta nell’art. 8 della legge n. 3 del 2012 (“La proposta di accordo con continuazione dell’attività d’impresa e il piano del consumatore possono prevedere una moratoria fino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione”). L’art. 182 bis l.f. allo stesso modo, consente il pagamento integrale dei creditori estranei all’accordo nel rispetto del termine di centoventi giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a tale data. Non si fa, quindi, più riferimento al pagamento “regolare”, che implicava il pagamento alla scadenza prevista nel contratto25. La Suprema Corte, a sezioni unite26, nell’inserire la causa in concreto all’interno del concordato, l’ha, poi, individuata facendo riferimento, oltre che al superamento della crisi, anche al soddisfacimento solo parziale dei creditori chirografari entro un ragionevole lasso temporale. Pertanto, è vero, come afferma il tribunale padovano, che la falcidia di cui all’art. 160 comma 2 l.f. è meramente quantitativa27, ma la società debitrice ha evidenziato nel piano, previa relazione giurata del professionista, che anche in caso di liquidazione dei beni in sede esecutiva o fallimentare non si otterrebbe un ricavo superiore a quello prospettato in sede concordataria. Numerose norme concorsuali, infatti, consentono la mera dilazione del pagamento. L’esistenza dell’art. 160 comma 2 l.f., allora, non è ostativa di per sé alla dilazione, compensata con il pagamento degli interessi nella misura legale. Tanto più che, nella fattispecie in esame, il debitore aveva depositato la relazione giurata del professionista ex art. 160 comma 2 l.f., con cui si dimostrava che la liquidazione dei beni non avrebbe comunque consentito il pagamento immediato, o in tempi non inferiori a quelli proposti dal ricorrente, dei prelazionari. Allo stesso modo il richiamo della sentenza in commento all’art. 177 comma 3 l.f., non è dirimente, in quanto tale norma attiene, appunto, solo alla falcidia quantitativa di cui all’art. 160 comma 2 l.f., e non alla dilazione di pagamento. La giurisprudenza di merito, per lo più, aderisce alla tesi della ammissibilità del concordato preventivo senza continuità aziendale ove si preveda il pagamento dilazionato dei privilegiati. Non può sottacersi, però, che in alcune pronunce si è dichiarata l’inammissibilità della domanda di concordato preventivo con dilazione di pagamento dei privilegiati28. Pertanto, per il Tribunale di Roma29, qualora la proposta di concordato preventivo riguardi anche crediti (e relativi accessori) inerenti tributi amministrati dalle agenzie fiscali o contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, per tali crediti devono trovare applicazione anche le disposizioni contenute nell’art. 182-ter, legge fallimentare, nonché, per quanto riguarda i crediti contributivi, quelle di cui al d.m. 4 agosto 2009; ne consegue che la transazione fiscale deve essere considerata parte integrante ed indefettibile, a pena di inammissibilità, della proposta di concordato. Mentre sono legittime, perché consentite dall’art. 182-ter, le clausole della proposta di concordato che prevedono la riduzione o la rateazione dei crediti tributari e previdenziali a prescindere dalla quantificazione della soddisfazione realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione sulla base di relazione giurata (art. 160, comma 2, legge fallimentare), sono, invece, da reputarsi illegittime e tali da comportare la inammissibilità della proposta quelle clausole che prevedono una dilazione di pagamento degli altri creditori privilegiati (banche e fornitori)30, posto che i creditori muniti di cause legittime di prelazione hanno sempre diritto al pagamento immediato. Inoltre, con altra pronuncia di merito31 si è affermato che è inammissibile la proposta di concordato preventivo che preveda per i creditori prelatizi un pagamento non integrale o non immediato (anche se l’eventuale dilazione sia compensata dagli interessi), salvo che i loro crediti non vengano fatti oggetto di falcidia ex art. 160, co. 2, l.f. o che vi acconsentano espressamente i creditori, non potendo essi essere costretti a concedere nuovo credito al debitore, nemmeno sotto forma di differimento di parte del dovuto. Appare numericamente più consistente l’orientamento giurisprudenziale che ritiene ammissibile la domanda di concordato preventivo, con dilazione di pagamento dei creditori prelazionari32, pur con il doveroso riconoscimento degli interessi compensativi in favore di tali creditori33. Altra parte della giurisprudenza34 ha ritenuto che per quanto riguarda la questione se debba o meno considerarsi integrale il pagamento di quei creditori dei quali il piano di concordato preventivo preveda il pagamento dell’intero credito, ma con una dilazione in un lasso di tempo anche considerevole, si deve ritenere che il riconoscimento degli interessi al saggio legale per la durata di esecuzione del concordato ne garantisca comunque il pagamento e l’integrale soddisfazione, con esclusione del diritto di voto35. L’estrema complessità ed opinabilità della questione emerge prima facie osservando che uno stesso tribunale, a due anni di distanza ha cambiato completamente il proprio decisum. Pertanto, con un primo arresto il Tribunale di Mantova36 ha affermato che i creditori con diritto di prelazione per i quali la proposta concordataria preveda il pagamento al 100 % del capitale e la corresponsione degli interessi, ma con una notevole dilazione del credito debbono essere qualificati come creditori privilegiati non soddisfatti integralmente. Tali creditori, quindi, devono essere ammessi al voto nel rispetto della previsione di cui all’art. 177 comma 3 ° l.f.. In tal caso la parte residua del credito, in ordine alla quale i creditori indicati devono essere ammessi al voto, può essere determinata tenendo conto del danno che ai creditori privilegiati pagati al 100 % oltre interessi legali deriva dalla mancata disponibilità immediata delle somme, danno che può quantificarsi in via equitativa nella misura del 5 % annuo, tenendo conto della differenza tra il possibile tasso di interesse che potrebbe essere applicato dal sistema bancario in ipotesi di ricorso al credito nei prossimi anni e l’interesse legale che verrà corrisposto dalla procedura37. Con il successivo provvedimento, invece, il Tribunale mantovano38 ha ritenuto che i crediti assistiti da cause legittime di prelazione per i quali è previsto il pagamento non immediato ma con dilazione compatibile con i tempi della liquidazione fallimentare, per il disposto dell’art. 177 l.f., non hanno diritto di voto se non rinunciano espressamente, in tutto o in parte, al diritto di prelazione, trattandosi di crediti soddisfatti integralmente. Un altro orientamento di merito39, poi, pur ritenendo ammissibile la domanda di concordato preventivo con la previsione di dilazione di pagamento dei creditori prelazionari, ritiene che il riconoscimento degli interessi legali non elide il loro diritto di partecipare alla votazione. Pertanto, gli interessi legali sono, comunque, dovuti per il periodo della dilazione, ma i creditori prelazionari hanno il diritto di voto per l’intero credito. Con una recente decisione il Tribunale di Terni40 ha optato per l’inclusione dei creditori prelazionari pagati con dilazione all’interno di una peculiare classe di creditori, in modo tale da consentire loro, oltre al voto, anche il cram down di cui all’art. 180 comma 4 l.f., ossia la contestazione sulla convenienza del concordato, essendo creditori dissenzienti di classe dissenziente o, comunque, in assenza di classi, mediante il nuovo istituto del cram down con contestazione sulla convenienza consentita anche ai creditori che rappresentano il 20 % dei crediti ammessi al voto. Il variegato panorama giurisprudenziale descritto, per la sua frammentarietà e contraddittorietà, fa comprendere come il tema sia “sensibile”, non essendo possibile che i vari tribunali italiani viaggino su binari così divergenti tra loro. Del resto, le discordanze interpretative sono emerse in tutta la loro plastica evidenza nella recentissima ricerca portata avanti dall’OCI nell’anno 2013 (Osservatorio sulle Crisi di Impresa)41. Infatti, di fronte alla domanda, posta ai giudice delegati di tutta la penisola, sulla ammissibilità della proposta di concordato preventivo con pagamento integrale, ma differito, dei crediti prelatizi, senza previsione della maturazione dei relativi interessi, le risposte sono state del tutto frastagliate. Una parte rilevante (17,6%) dei giudici ha ritenuto lapidariamente che una proposta di concordato di tal fatta, con dilazione di pagamento dei prelazionari e con esclusione degli interessi, è inammissibile. Un altro orientamento, quasi della stessa consistenza (14,9 %), si è collocato sul versante esattamente opposto, fautore della ammissibilità di tale proposta in relazione a qualsiasi tipo di concordato e senza limiti temporali di dilazione. Per altri (5,4 %) la dilazione è consentita in analogia all’art. 182 bis l.f., e quindi nel termine massimo di 120 giorni decorrenti dalla data della omologazione, in caso di crediti già scaduti a tale data, oppure dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data della omologazione. Altri ancora (9,5 %) hanno applicato in analogia l‘art. 186 bis comma secondo lettera c) l.f., ammettendo la dilazione per il termine annuale dalla omologazione. Pertanto, non potendosi trascurare il nuovo dato normativo introdotto con l’art. 186 bis l.f., anche se apparentemente riferito solo al concordato preventivo con continuità aziendale, ed al fine di garantire univocità di interpretazioni giurisprudenziali, può prospettarsi l’applicazione analogica di tale norma anche ai concordati liquidatori. Il voto dei prelazionari falcidiati o rinuncianti per la parte residua del credito L’art. 177 l.f., nella stesura normativa, non è irreprensibile, in quanto riduce il voto dei privilegiati falcidiati solo «alla parte residua del credito». Ciò significa che se il piano di concordato prevede il pagamento di 800, anziché di 1000, perché il bene su cui grava la prelazione vale 800, il creditore, non soddisfatto integralmente, può votare, nella apposita classe dei chirografari (non in quella generale dei chirografi se si vogliono suddividere i creditori in classi), solo per 200, benchè tale creditore, secondo un orientamento dottrinale e giurisprudenziale, non potrà percepire alcunchè dei 200 spettantigli. Con una recente decisione42 si è ritenuto che l’equiparazione disposta nei commi secondo e terzo dell’art. 177 l. fall. rileva solo sul piano del computo delle maggioranze, nel senso di prevedere a quali condizioni i creditori privilegiati, che come tali non sarebbero ammessi al voto, possano partecipare all’approvazione del concordato al pari dei chirografari, ma tali crediti, per la parte non soddisfatta, non trovano collocazione, in sede di ripartizione, tra i crediti chirografari. Si è ulteriormente precisato43 che in materia di concordato preventivo, nell’ipotesi in cui la proposta preveda, a norma dell’art. 160 comma 2 ° l.f., la soddisfazione in tutto o in parte non integrale di crediti prelatizi, i crediti medesimi, per la parte non soddisfatta, sono parificati ai creditori chirografari ai soli fini del voto, ma non anche ai fini del trattamento (a differenza di quanto avviene in caso di rinuncia totale o parziale alla prelazione), come si desume dalla collocazione topografica dell’art. 177 comma 3 ° l.f. e dal mancato richiamo dell’art. 54 l.f. nell’art. 169 l.f.. Inoltre, secondo tale orientamento gli effetti della falcidia, quindi la decurtazione tramite relazione giurata del professionista ex art. 67 comma 3 l.f. ed il rispetto delle cause legittime di prelazione di cui all’art. 160 comma 2 l.f. non attengono in alcun modo al trattamento dei creditori chirografari. Il voto dei creditori falcidiati è, poi, unitario perchè concerne il credito nel suo complesso, sia nella componente in privilegio che in quella in chirografo. Altra tesi44, però, opta per il pagamento anche dei 200 (residui) seppure in via chirografaria (diritto sia al voto che alla parte falcidiata in chirografario). Infatti, si è affermato45 che, nell’ipotesi in cui la proposta preveda, a norma dell’art. 160 comma 2 l.f., la soddisfazione in tutto o in parte non integrale di crediti prelatizi, i crediti medesimi, per la parte non soddisfatta, degradano al rango chirografario, in base al principio generale espresso dall’art. 54 l.f. (pur non espressamente richiamato dall’art. 169 l.f.) e devono essere, quindi, trattati come tali. Al contrario i chirografari pagati, per esempio, per 400, anziché per 1000, voteranno per 1000, cioè per l’intera somma soggetta alla falcidia, e non per la minor somma di 600. Il privilegiato falcidiato, allora, partecipa al voto non per la percentuale che gli verrà effettivamente corrisposta (800 nell’esempio fatto), ma per quella non gli sarà mai versata (200) – almeno per il primo orientamento -, perché destinata all’estinzione con il pagamento della percentuale concordataria46. Ciò a differenza del creditore rinunciante che vota solo per la parte di credito per cui v’è stata rinuncia al privilegio, ma che riceverà comunque il pagamento di questa in via chirografaria e per la percentuale promessa. Tuttavia, nonostante tale incongruenza, la lettera della norma impone che i privilegiati non pagati (o soddisfatti) integralmente votino solo per la parte residua del credito. Tale modifica dell’art. 177 l.f. si è resa necessaria perché parte della dottrina aveva sostenuto, non implausibilmente (prima della modifica dell’art. 177 l.f. da parte del d.lgs. 169/2007), che i privilegiati non soddisfatti integralmente dovessero votare per l’intero ammontare del credito. Ove si ragionasse diversamente, ammettendo la differenza qualitativa del credito originario (rispetto a quello promesso con il concordato) ed il pagamento non integrale, sarebbe assai arduo calcolare «la parte del credito non coperta» di cui all’art. 177 comma 3 l.f.. Né si potrebbe consentire il voto per l’intero47, non essendovi alcuna disposizione normativa che consenta tale possibilità, in quanto l’art. 177 comma 2 l.f. concerne solo l’ipotesi della rinuncia al privilegio, in tutto o in parte, e comunque, prevede espressamente che il voto può essere dato solo «per la parte del credito non coperta da garanzia». Nessuno dei commi dell’art. 177 l.f. , né il secondo né il terzo, prevedono per i privilegiati il voto per l’intero credito. Proprio le difficoltà insite nell’interpretazione estensiva dell’art. 177 comma 2 l.f. (non limitata ai privilegiati rinuncianti ma ricomprendente tutti i privilegiati non pagati integralmente) ha spinto alcuni tribunali a giungere ad una interpretazione analogica dell’art. 160 comma 2 da parte dell’art. 177 comma 2, in quanto solo l’art. 177 comma 3 l.f. richiama espressamente e direttamente l’art. 160 l.f. . Solo in tal modo è possibile trovare un criterio legale per individuare la parte di credito per la quale i creditori non pagati integralmente hanno diritto di voto. In mancanza di tale richiamo analogico non sarebbe possibile stabilire il “quantum” di voto spettante ai privilegiati non pagati integralmente. Tale ricostruzione, prima dell’introduzione dell’art. 186 bis l.f., non godeva di un adeguato sostrato normativo. Tra l’altro, se si concedesse il diritto di voto ai creditori «non integralmente pagati», magari per l’intero ammontare del credito, sarebbe sufficiente che il debitore prevedesse il pagamento di poco differito (e senza interessi) di un rilevante credito privilegiato, per conseguire il voto favorevole determinante per il concordato in sede di adunanza48. Inoltre, non si ravvisa differenza quantitativa tra un pagamento effettuato in denaro ed un soddisfacimento effettuato con attribuzioni di quote, azioni od obbligazioni stimate appositamente dal professionista di cui agli artt. 160 e 161 l.f.. Il valore della partecipazione sociale è del tutto equivalente a quello in denaro da un punto di vista meramente quantitativo. Certo, non può negarsi che il creditore privilegiato che vede sostituirsi il proprio credito in danaro con l’attribuzione di azioni di una società da costituirsi in corso di concordato, subisca in tal modo una vistosa modifica della qualità del proprio credito, ma il tutto avviene con la adeguata tutela della stima di un professionista dotato di particolari competenze (iscritto nel registro dei revisori dei conti e con le attitudini di un curatore). Inoltre, proprio il potere del tribunale di valutare la fattibilità giuridica (ed economica prima facie) del piano, già al momento dell’ammissione (con i poteri conferiti al pre-commissario ai sensi dell’art. 82 del d.l. 69/201349), trattandosi di eccezione in senso lato50, ed ancor più in sede di omologazione (con l’ausilio del commissario giudiziale) consentirà idoneo controllo anche in ordine al valore delle azioni della società costituita nel corso della procedura, pure in assenza di opposizioni, essendo il controllo identico in tutte le fasi della procedura. Ben potrebbe poi lo stesso creditore presentare opposizione all’omologazione ex art. 180 l.f. perché il piano non è fattibile giuridicamente oppure economicamente, seppure prima facie (perché il valore delle azioni o delle quote delle nuove società costituite non è in linea con quanto ipotizzato nel piano di concordato, con conseguente inidoneità del piano a superare lo stato di crisi ed a consentire un soddisfacimento, sia pure modesto, dei creditori ed in tempi ragionevoli), non consentendo il promesso pagamento integrale dei creditori privilegiati51. Non vi è, quindi, vuoto di tutela per i creditori non pagati integralmente, essendo stata prospettata anche la possibilità di opposizione alla omologazione da parte dei prelazionari proprio per contestare la sussistenza dei presupposti della falcidia, ritenendo incongruo l’accertamento compiuto dall’esperto ai sensi dell’art. 160 comma 2 l.f.52. Altra parte della dottrina53, però, ritiene che non sia possibile offrire ai creditori, in luogo del pagamento immediato in denaro, un immobile oppure azioni o altro, quindi con soddisfazione in forma diversa dal denaro, a meno che non vi sia il consenso del creditore. In tal caso si richiama il disposto dell’art. 1197 c.c il quale prevede che «il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore consenta». L’art. 1227 c.c., poi, dispone che «i debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale». Secondo tale tesi, è vero che il concordato preventivo (art. 160 primo comma lettere a e b), come quello fallimentare (art. 124 comma 2 lettera c), possono avere la forma più variegata e fantasiosa, ricomprendendo come attribuzioni in favore dei creditori cessioni di beni ed altre operazioni straordinarie, come assegnazioni di azioni, quote, obbligazioni o vari strumenti finanziari, ma non sembra lecito imporre ad un soggetto (senza il suo consenso e soltanto perchè si tratta di un creditore coinvolto in un accordo di massa) di acquisire la titolarità di un bene, sia mobile che immobile. Si fa l’ipotesi di un opificio industriale che presenti situazioni di irregolarità edilizia o di macchinari pericolosi per l’incolumità pubblica e privata. In tal caso il creditore sarebbe assegnatario di un bene, con connessi vincoli ed obblighi, senza aver prestato il proprio consenso a tale diversa forma di soddisfacimento. Secondo tale orientamento, quindi, in ipotesi di soddisfazione attraverso cessioni di beni, i singoli creditori destinatari di tale trattamento dovranno ex art. 1197 c.c. esprimere preventivamente il loro consenso e ciò costituirà condizione di ammissibilità ex artt. 124 e 160 l.f. della proposta concordataria da valutarsi ad opera del tribunale sia in sede di ammissione, sia nel corso della procedura ex art. 173 l.f. sia in fase di omologazione ex artt. 129 e 180 l.f. Nella recentissima ricerca OCI dell’anno 201354 il 51 % circa dei giudici delegati intervistati ha ritenuto che, nel caso di soddisfacimento dei creditori con modalità diverse dal pagamento, è sufficiente il consenso espresso a maggioranza secondo le regole proprie del concordato, mentre il 21 % circa ha optato per la necessaria specifica ed espressa approvazione di ciascun creditore, al di fuori della votazione, ed un altro 27 % circa ha ritenuto necessario il consenso espresso specifico solo dei creditori prelazionari soddisfatti con modalità diverse dal pagamento, essendo, invece, sufficiente l’approvazione a maggioranza per i chirografari soddisfatti in modo diverso dal pagamento. La dilazione di pagamento dei creditori prelazionari nel concordato preventivo con continuità aziendale L’art. 186 bis l.f. ha ora introdotto una norma specifica per il trattamento dilazionato dei creditori prelazionari, disponendo che “il piano può prevedere, fermo quanto disposto dall’articolo 160 comma secondo, una moratoria fino ad un anno dalla omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione di cui al periodo precedente non hanno diritto di voto”. Non v’è dubbio che l’inciso “fermo quanto disposto dell’articolo 160 secondo comma l.f.” attenga alla falcidia quantitativa del credito, come correttamente osservato dal tribunale padovano, ma non può condividersi la conclusione in ordine alla inammissibilità della proposta di concordato preventivo con continuità aziendale che preveda una moratoria ultrannuale dei prelazionari. Del resto, nella ricerca OCI del 201355 la relazione giurata del professionista per la maggior parte dei giudici (60 % circa) è ritenuta necessaria solo quando è previsto un pagamento non integrale, mentre solo il 40 % degli intervistati – percentuale comunque di tutto rispetto – ha ritenuto necessaria la relazione giurata in ogni caso, probabilmente reputando che anche la semplice dilazione si debba inquadrare all’interno del “pagamento non integrale”. La seconda parte del comma primo lettera e) dell’art. 186 bis l.f., dopo aver previsto la possibilità di moratoria annuale per i creditori prelazionari, presenta un secondo inciso, altrettanto significativo: “salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione”. Tre letture sembrano consentite con riferimento all’interpretazione di tale inciso. In caso di beni non funzionali alla prosecuzione dell’attività è possibile la liquidazione degli stessi ai sensi dell’art. 186 bis comma primo seconda parte l.f.. In tale ipotesi non è consentita la moratoria annuale ed il pagamento dei creditori prelazionari deve avvenire immediatamente dopo l’omologazione del concordato. Tale tesi non è condivisibile in quanto la liquidità entra nel compendio concordatario solo a seguito della alienazione dei cespiti, rendendo assai arduo il pagamento anteriore alla vendita dei beni. Per altro orientamento, in caso di liquidazione dei beni su cui grava la prelazione, deve procedersi al pagamento contestualmente alla vendita degli stessi, senza che sia possibile alcuna moratoria annuale. La vendita di tali beni, infatti, è condizionata dalle contingenze del mercato, sicchè il pagamento del creditore prelazionario su tali beni può avvenire solo al momento della alienazione56, in un tempo che può essere sia inferiore che superiore all’anno57. Pare preferibile la diversa tesi58 per cui, in caso di liquidazione dei beni – non funzionali all’attività di impresa -, su cui grava la prelazione, i creditori non hanno diritto di voto nel caso in cui la vendita concordataria richieda gli stessi termini di durata di quella fallimentare (sicchè per i creditori è indifferente una procedura rispetto all’altra), mentre acquisiscono il diritto di voto nel caso in cui la cessione concordataria sia più lunga, quanto alla durata, rispetto a quella fallimentare. Il Tribunale padovano nega l’ammissibilità della proposta di concordato con continuità aziendale, mediante conferimento di azienda in una newco e distribuzione di dividendi ai creditori, ove la moratoria sia superiore all’anno. In particolare, l’art. 186 bis l.f. ha escluso il diritto di voto dei creditori prelazionari nel caso in cui il pagamento sia differito di un solo anno, nonostante vi sia un sacrificio per i prelazionari a fronte di un pagamento non integrale, perchè non immediato. Mancherebbe, invece, una norma espressa in grado di consentire il diritto di voto dei prelazionari con pagamento differito oltre l’anno. Ciò anche perchè non è possibile comprendere per quale importo del credito il voto può essere esercitato, lasciando l’interprete alla assoluta discrezionalità. La struttura della norma (art. 186 bis lettera c), e quindi l’interpretazione sia letterale che sistematica della stessa, inducono a ritenere, invece, che sussista il diritto di voto dei prelazionari non pagati immediatamente in caso di concordato con continuità aziendale59. Se è prevista una moratoria annuale dei prelazionari essi non hanno diritto di voto (“in tal caso…non hanno diritto di voto”). Pertanto, con una lettura a contrariis della norma, se la moratoria supera l’anno, i prelazionari soddisfatti con dilazione recuperano il diritto di voto60 e, probabilmente, per l’intero ammontare del credito61. Infatti, il voto ai prelazionari, negato dal legislatore in caso di pagamento immediato, integrale e con denaro, per un evidente “eccesso di interesse” oppure per la loro “completa indifferenza” alle sorti della procedura62, con conseguente voto “irresponsabile”63, deve essere riconosciuto nel caso in cui l’interesse degli stessi al concordato “riemerga” per la previsione della dilazione ultrannuale del pagamento. Tra l’altro, pare possibile anche estendere, per analogia, il contenuto dell’art. 186 bis lettera c) anche ai concordati preventivi senza continuità aziendale64, consentendo l’esercizio del diritto di voto ai prelazionari non pagati immediatamente dopo l’omologazione, dando concreta applicazione al favor impresso dal legislatore per il successo dei concordati. Può ritenersi che se la proposta di concordato, senza prosecuzione della gestione, preveda un pagamento entro l’anno, tale termine corrisponda proprio a quello ragionevole indicato dalla Suprema Corte come parte integrante della “causa in concreto”, senza diritto di voto, ma con il pagamento degli interessi. Se si supera l’anno, e quindi il tempo “ragionevole”, vi è diritto di voto per l’intero (oltre al diritto alla corresponsione degli interessi). Probabilmente, consentendo il voto per l’intero credito e non soltanto per gli interessi successivi maturati, è possibile ricostruire l’equilibrio dell’intero sistema, evitando la frammentazione delle decisioni di merito, anche con riferimento ai concordati meramente liquidatori. Quanto alla decorrenza degli interessi, in caso di moratoria annuale, sicuramente non spettano gli interessi moratori di cui all’art. 1224 c.c., in quanto il ritardo (mora) nell’adempimento è consentito dalla legge. Neppure paiono spettare gli interessi corrispettivi di cui all’art. 1282 c.c., in quanto se i crediti sono certamente liquidi, non sono però esigibili per espressa disposizione di legge. Deve, allora, farsi riferimento agli interessi compensativi, di elaborazione giurisprudenziale, fondati sul principio della naturale fecondità del denaro65. Del resto, l’art. 169 l.f. richiama espressamente l’art. 55 l.f., che menziona il terzo comma dell’art. 54 l.f., , con l’estensione della prelazione agli interessi sui crediti privilegiati o garantiti da pegno ed ipoteca ex artt. 2749, 2788 e 2855 commi secondo e terzo c.c..Gli interessi compensativi (nella misura legale) che decorrono anche in caso di moratoria annuale, come corollario del credito, inducono a ritenere che, se la moratoria è ultrannuale, sono comunque dovuti tali interessi, sicchè l’unico modo per accordare adeguata tutela ai prelazionari diviene il riconoscimento in loro favore del diritto di voto per l’intero credito 66. 1 Trib. Bolzano, 27 febbraio 2013, www.osservatorio-oci.org, Ms 00779; Trib. Firenze, 19 marzo 2013, www.osservatorio-oci.org, Ms. 00794; in dottrina G.B. Nardecchia – R. Ranalli, sub art, 186 bis l.f., Codice Commentato del fallimento, diretto da G. Lo Cascio, Milano, 2013, 2285. 2 Trib. Terni, 29 gennaio 2013, www.osservatorio-oci.org, Ms. 00766; in dottrina, in caso di canoni di locazione stabiliti in misura fissa e, quindi, indipendentemente dall’andamento della attività, vedi P. Vella-F.Lamanna-S. Pacchi, Il concordato con continuità aziendale, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, a cura di M. Ferro-P. Bastia-G.M. Nonno, Milano, 2013, 182; D. Galletti, Il concordato in continuità e le nuove regole sui rapporti pendenti, www.unijuris.it, 16.11.2012; ci si permette di rinviare a L. D’Orazio, Le procedure di negoziazione della crisi dell’impresa, Itinerari nel processo civile, Guide coordinate da F. Lazzaro, Milano, 2013,83; S. Ambrosini, Crisi d’impresa e restructuring, a cura di S. Ambrosini-G.Andreani-A. Tron, Milano, 2013, 110 nel caso in cui l’affitto concerna l’intero patrimonio del debitore. 3 Trib. Ancona, 14 marzo 2013, www.osservatorio-oci.org, Ms. 00822. 4 Cass., Sez.Un., 23 gennaio 2013, n. 1521, in questa Rivista, 2013, 149. 5 C.M. Bianca, Diritto civile, Vol. III, Milano, 2000, 478. 6 In giurisprudenza vedi Cass., 20 gennaio 2005, n. 1150, in Giust.civ. Mass.,2005, 1; Cass., sez. 2, 24 luglio 2000, n. 9662, Contratti (I), 2001, 118. 7 Cass., sez. 2, 29 marzo 1982, n. 1951, Giust.civ. Mass., 1982, fasc.3;in dottrina vedi S. Ambrosini, Crisi d’impresa e restructuring, a cura di S. Ambrosini-G.Andreani-A. Tron, Milano, 2013, 108; F.Gazzoni, Manuale di diritto privato, 2009, 820. 8 Cass., sez. 3, 22 giugno 2005, n. 13399, Giust.civ. Mass., 2005, 6; Cass., sez. 3, 10 marzo 1979, n. 1494, 1979, Giust.civ. Mass., fasc. 3. 9 Cass., Sez.Un., 12 maggio 2008, n. 11656, Riv. Notariato 2009,6,1475. 10 Cass., sez. 2, 31 maggio 2013, n. 13861, Giust.civ.Mass., 2013 11 Cass., sez. I, 20 aprile 2007, n. 9447, Giust.civ. Mass., 2007, 4. 12 Cass., sez. 2, 16 marzo 2006, n. 5851, Giust.civ. Mass., 2006, 3; in tema di leasing finanziario vedi anche Cass., sez. 3, 27 luglio 2006, n. 17145, Dir. e prat. Soc.,2006,22,86 . 13 Trib. Ancona, 3maggio 2013, www.osservatorio-oci.org, 2013; in dottrina vedi E. Ragaglia-A. Mantovani-P. Russolillo, Il concordato con cessione dei beni, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, a cura di M. ferro-P. Bastia-G.M. Nonno,Milano, 2013, 547. 14 P. Vella-F.Lamanna-S.Pacchi, Il concordato con continuità aziendale, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, a cura di M. Ferro-P.Bastia-G.m. Nonno, Milano, 2013, 168. 15 M. Pollio, Concordato stretta sugli abusi, Il decreto del fare, Italia oggi, n. 14, 26 giugno 2013, 18. 16 Cass., 26 novembre 1992, n. 12632, in questa Rivista, 1993, 707; Trib. Sulmona, 6 giugno 2005, in questa Rivista, 2005, 793; in dottrina G. Lo Cascio, Percorsi virtuosi ed abusi nel concordato preventivo, in questa Rivista, 2012, 897. 17 Per un approfondito esame della tematica vedi F.S.Filocamo-M.Fabiani-R.Bernabai, Il voto nel concordato preventivo, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, a cura di M. Ferro-P. Bastia-G.m.Nonno, Milano, 2013, 359. 18 L. Stanghellini, sub art. 124 l.f., Il nuovo diritto fallimentare, Commentario diretto da A. JORIO, Bologna, 2007, Tomo II, 1976; G. Nardecchia, Le insinuazioni al passivo, a cura di M. Ferro, aggiornamento, IV, 2006, 37; S. Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Trattato di diritto commerciale, diretto da G. Cottino, Padova, 2008, 113; S. Pacchi, Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2005, 210, la quale ammette una dilazione di pagamento dei prelazionari, ma solo se è stato raggiunto un accordo con i creditori, riportato nel piano, su una tale modalità di pagamento; S. Pacchi, Il concordato fallimentare, Milano, 2008, 88. 19 Trib. Roma, 29 luglio 2010, in questa Rivista, 2010, 1465. 20 F.S. Filocamo, sub art. 177 l.f., La legge fallimentare, a cura di M. Ferro, 2008, Padova, 334; G. Jachia, Il concordato fallimentare, La riforma organica delle procedure concorsuali, a cura di S. Bonfatti-L.Panzani, Milano, 2008, 614. 21 Trib. Pescara, 16 ottobre 2008, Giur. Merito, 2009, I, 125. 22 C. Brogioni, Il voto e l’approvazione del concordato, Il concordato fallimentare, a cura di S. Pacchi, 2008, 121. 23 Contra F.S. Filocamo – M. Fabiani – R. Bernabai, Il voto nel concordato preventivo, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, a cura di M. Ferro- P. Bastia – G.M. Nonno, Milano, 2013, 363. 24 E. Germano Cortese, Il concordato preventivo, Formulario commentato del fallimento e delle altre procedure concorsuali, diretto da L. Panzani, Milano, 2013, 1735. 25 Non può sottacersi che la dilazione di pagamento, unitamente all’uso strumentale del concordato con riserva, è ritenuto motivo di alterazione del principio della concorrenza, con conseguente espansione della crisi alle imprese fornitrici: A. Pellegatta, Prevenzione della crisi d’impresa e procedure di allerta, www.judicium.it, 2 luglio 2013. 26 Cass., Sez.Un., 23 gennaio 2013, n. 1521, cit. 27 S. Ambrosini, Crisi di impresa e restructuring, op. cit., Milano, 2013, 113. 28 In dottrina per l’inammissibilità di un pagamento dilazionato dei creditori prelazionari vedi L. Bottai, Crediti prelatizi e diritto di voto nel concordato: un falso problema, in questa Rivista, 617, con l’unica possibilità di un consenso scritto del creditore che subisce la dilazione allegato alla domanda di concordato ai sensi degli artt. 1197 e/o 1198 c.c.; S. Pacchi-L. D’Orazio-A.Coppola, Il concordato preventivo, Le riforme della legge fallimentare, a cura di A. Didone, Milano, 2009, Vol. II, 1796. 29 Trib. Roma, 29 luglio 2010, in questa Rivista, 2011, 225; in tal senso anche Trib. Udine, 14 febbraio 2011, www.ilcaso.it, 2011. 30 In dottrina vedi F. Di Marzio, Introduzione al concordato preventivo, Trattato delle procedure concorsuali, diretto da L.Ghia-C. Piccininni-F.Severini, Milano, 2011, Vol.4, 235; G. Lo Cascio, Il concordato preventivo, Milano, 2008, 276 . 31 Trib. Tolmezzo, 8 luglio 2011, www.osservatorio-oci.org, Ms. 00547. 32 In tal senso in dottrina M. Fabiani, Diritto fallimentare.Un profilo organico, Milano, 2011, 657, il quale prevede per i prelazionari con pagamento differito il diritto di voto perimetrato in base al danno che loro deriva dalla mancata disponibilità delle somme per il periodo per cui è stabilito il differimento; L. Pica, Il concordato preventivo, Fallimento e concordati, a cura di P. Celentano-E.Forgillo, Milano, 2008, 1151;M.Caffi, Il concordato preventivo,Il diritto fallimentare riformato, a cura di G. Schiano Di Pepe, Padova, 2007, 637; G. Lo Cascio, Percorsi virtuosi ed abusi nel concordato preventivo, in questa Rivista, 2012, 898. 33 Trib. Palermo, 18 maggio 2007, Giur. Merito, 2007, 3211;Trib. Milano, 30 settembre 2005, in questa Rivista, 5, 2006, 580; 34 Trib. Ancona, 17 luglio 2013, Pres.est. Ragaglia, inedita, che ha consentito il pagamento integrale dei prelazionari, compresi gli interessi maturandi, con pagamento nell’arco di due anni dalla data del passaggio in giudicato del decreto di omologazione; Trib. Sulmona, 2 novembre 2010, www.ilcaso.it, 2010; in dottrina per l’ammissibilità del pagamento dilazionato dei creditori prelazionari vedi N. Nisivoccia, Concordato preventivo e continuazione dell’attività aziendale: due decisioni dal contenuto vario e molteplice, in questa Rivista, 2011, 232; A. Caiafa, sub art. 177 l.f., Codice dell’udienza nel processo fallimentare, Torino, 2012, 253. 35 S. Tersilla, Soluzioni consensuali nei concordati:il prepachaged bankruptcy all’italiana, in questa Rivista, 2011, 776; L. Mandrioli, Il concordato preventivo e la transazione fiscale, La riforma organica delle procedure concorsuali, a cura di S. Bonfatti-L. Panzani, Milano, 2008, 721, il quale esalta la locuzione “ristrutturazione dei debiti”, che consente anche nei confronti dei creditori prelazionari un riscadenziamento degli originari termini di pagamento. 36 Trib. Mantova, 16 settembre 2010, www.ilcaso.it, 2010 37 Negli stessi termini vedi Trib. Cassino, 27 luglio 2012, www.osservatorio-oci.org, Ms. 00705. 38 Trib. Mantova, 12 aprile 2012, www.ilcaso.it, 2012. 39 Trib. Catania, 27 luglio 2007, Giur. Comm., 2008, II, 677. 40 Trib. Terni, 2 aprile 2013, www.osservatorio-oci.org, Ms. 00792. 41 P. Vella – G. Minutoli – G. Bozza, Il trattamento dei creditori prelazionari, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, a cura di M. Ferro – P. Bastia – G.M. Nonno, Milano, 2013, 79 e ss. 42 Trib. Asti, 3 febbraio 2010, in questa Rivista, 6, 2010, 7070. 43 App. Torino, 6 maggio 2010, osservatorio-oci.org, Ms. 00331; in dottrina cfr. M.Vitiello, Concordato preventivo, dall’apertura della procedura all’approvazione della proposta, Il correttivo della riforma della legge fallimentare, a cura di F. Di Marzio, 2008, 147. 44 T. E. Cassandro, Deliberazione del concordato preventivo, Trattato di diritto delle procedure concorsuali, diretto da U. Apice, Torino, 2011, III, 382. 45 App., Venezia, 17 luglio 2010, www.ilcaso.it, 2010. 46 S. Bonfatti – P.F. Censoni, Le disposizioni correttive ed integrative della riforma della legge fallimentare, Padova, 2008, 85; L. Mandrioli, Il concordato preventivo e la transazione fiscale, La riforma organica delle procedure concorsuali, a cura di S.Bonfatti-L. Panzani, Milano, 2008, 720. 47 V. Vitalone, L’adunanza dei creditori, Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da G.Fauceglia-L. Panzani, Milano, 2009, Vol. III, 1721, il quale ritiene che i prelazionari falcidiati debbono votare per l’intero. 48 S. Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Trattato di diritto commerciale, diretto da G. Cottino, Padova, 2008, 114. 49 M. Pollio, Concordato, stretta sugli abusi, Italia Oggi, 26 giugno 2013, 18. 50 L. D’Orazio-G.M. Nonno-I. Pagni, Il giudizio di omologazione: aspetti processuali, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, a cura di M. Ferro-P. Bastia-G.M. Nonno, Milano, 2013, 477; contra App. Milano, 29 aprile 2010, www.ilcaso.it, 2010, la quale ritiene spettare ai creditori la valutazione comparativa tra proposta di concordato ed alternativa fallimentare, con onere esclusivo degli stessi di eccepire l’inammissibilità della proposta che prospetti lo stralcio degli interessi. 51 Contra F.S. Filocamo – M. Fabiani – R. Bernabai, Il voto nel concordato preventivo, op. cit., Milano, 2013, 364, per i quali solo il riconoscimento del diritto di voto ai prelazionari il cui statuto civilistico è stato inciso dalla proposta concordataria, e non la costituzione nel giudizio di omologazione, è idoneo a salvaguardare la compatibilità costituzionale del sistema. 52 L. Panzani, Creditori privilegiati, creditori chirografari e classi nel concordato preventivo, La crisi di impresa, a cura di F. Di marzio, Padova, 2010, 371. 53 V. Zanichelli, I concordati giudiziali, Milano, 2011, 166; F. Caiafa, Concordato preventivo, Le procedure concorsuali, a cura di A. Caiafa, Padova, 2011, 1342; V. Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Milano, 2008, 417; T.E. Cassandro, Il piano concordatario ed il suo contenuto, Trattato di diritto delle procedure concorsuali, diretto da U. Apice, Torino, 2011, III, 76.. 54 R. Bellè – M. Cristiano – A. Rossi, La misura e le modalità della soddisfazione dei creditori, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, a cura di M. Ferro-P. Bastia-G.M. Nonno, Milano, 2013, 62. 55 P. Vella-F. Lamanna-S. Pacchi, Il concordato con continuità aziendale, op. cit., 2013, 170. 56 F. Canepa, Il concordato con continuità aziendale, La riforma del fallimento, Italia Oggi, 15 settembre 2012, 56. 57 P. Vella-F.Lamanna-S. Pacchi, Il concordato con continuità aziendale, op. cit., Milano, 2013, 172. 58 M. Fabiani, Riflessioni precoci sull’evoluzione della disciplina della regolazione concordata della crisi di impresa, Dottrina e opinioni, www.ilcaso.it, doc. 303/2012, 24. 59 G.Lo Cascio, Crisi delle imprese, attualità normative e tramonto della tutela concorsuale, in questa Rivista, 2013, 13; F. Canepa, Il concordato con continuità aziendale, op. cit., 2012, 56. 60 S. Ambrosini, Crisi d’impresa e restructuring, op. cit., Milano, 2013, 114. 61 S. Ambrosini, Crisi d’impresa e restructuring, op. cit., Milano, 2013, 115; V. Vitalone, Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2008, il quale ritiene che il prelazionario falcidiato deve esprimere il proprio consenso per l’intero importo del suo credito, anche se a lui è assicurato un trattamento in percentuale. 62 O. De Cicco, sub art. 177 l.f.,Commentario alla legge fallimentare, diretto da C. Cavallini, Milano, 2010, 691. 63 F.S. Filocamo, sub art. 177 l.f., La legge fallimentare, a cura di M. Ferro, Padova, 2011, 2008; per B. Piazzola, Le nuove regole sul voto nel concordato preventivo, in questa Rivista, 2013, 554, anche i privilegiati esclusi dal voto non sono indifferenti alla soluzione concordataria, tanto che sono legittimati a proporre opposizione alla omologazione; R. Provinciali, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1964, 1839.Contenuto Riservato!