A cura di Matteo Riponi
1. Normativa
1.1. Sanzione amministrativa e aumenti di pena
1.2. Violazione delle misure ex art. 1, comma 2, lettere i), m), n), p), u), v), z), aa) d.l. 19/2020
1.3. Art. 260 del r.d. 27 luglio 1934
1.4. La procedura
1.5. Retroattività della normativa
2. In pratica
3. Altre ipotesi di rilievo penale
3.1. Autodichiarazione e artt. 495 e 483 c.p.
3.2. Altri reati
3.3. Lesioni dolose e colpose
3.4. Omicidio doloso, colposo e preterintenzionale
N.B. il presente lavoro è aggiornato al 26 marzo 2020
1.Normativa
L’art. 4, d.l. 25 marzo 2020, n. 19 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 26 marzo) ha modificato il sistema di sanzioni, amministrative e penali, applicabili a coloro che violano le misure emergenziali adottate per contrastare il diffondersi del Covid-19.
Rispetto alle settimane precedenti, sono state introdotte due novità di particolare rilievo:
- la sanzione amministrativa diventa il principale strumento impiegato per punire le condotte poste in essere in violazione delle misure di contenimento adottate;
- le sanzioni amministrative previste dal decreto si applicano anche retroattivamente, per le violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto stesso.
1.1.Sanzione amministrativa e aumenti di pena
Il comma 1 dell’art. 4 d.l. 19/2020 prevede, salvo che il fatto costituisca reato, che la violazione delle misure di contenimento dell’emergenza Covid-19 sia punita con una sanzione amministrativa da un minimo di 400 ad un massimo di 3.000 euro.
Come detto, si tratta di una prima novità: la sanzione amministrativa si sostituisce alla sanzione penale come principale strumento di contrasto alle condotte poste in essere in violazione delle misure antiCovid-19.
Evidente è la volontà del legislatore di escludere l’applicazione dell’art. 650 c.p., tanto che, sempre al comma 1, viene specificato che non si applicano le sanzioni di cui all’art. 650 c.p., né quelle previste da qualsiasi altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità, di cui all’articolo 3, comma 3 del medesimo decreto.
Dal punto di vista sanzionatorio, vengono individuati i limiti minimi e massimi della sanzione amministrativa, cui si aggiungono una serie di ipotesi aggravate.
La sanzione amministrativa base va da un minimo di 400 ad un massimo di 3.000 euro.
Se però il mancato rispetto delle misure avviene con l’utilizzo di un veicolo, è invece previsto un aumento di pena fino ad un terzo.
Infine, qualora la violazione delle misure venga reiterata, ai sensi del comma 5, “la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima”.
1.2.Violazione delle misure ex art. 1, comma 2, lettere i), m), n), p), u), v), z), aa) d.l. 19/2020
Il comma 2 prevede invece una specifica sanzione accessoria nei casi di violazione di specifiche misure. Qualora non vengano rispettate le misure adottate ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettere i), m), n), p), u), v), z) e aa) dello stesso decreto, oltre alla sanzione pecuniaria di cui al comma 1, si applicherà infatti anche la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività, per un periodo compreso tra un minimo di 5 ed un massimo di 30 giorni.
A titolo di esempio, si tratta della violazione delle misure inerenti limitazioni, chiusure e/o sospensioni di:
- servizi educativi per l’infanzia, scuole di ogni ordine e grado, università, master, corsi per le professioni sanitarie, corsi professionali e attività formative;
- eventi e competizioni sportive in luoghi pubblici e privati;
- fiere e mercati;
- attività ludiche, ricreative e sportive;
- cinema, teatri, discoteche, attività di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti;
- attività di impresa o professionali.
Si aggiunga poi che, ai sensi del comma 4, in tutti i casi in cui sia necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, sarà possibile disporre la “chiusura provvisoria dell’attività o dell’esercizio per una durata non superiore a 5 giorni”. Tale periodo andrà poi scomputato dal tempo di chiusura irrogato in via definitiva come sanzione.
1.3. Art. 260 del r.d. 27 luglio 1934
La nuova normativa prevede inoltre una specifica ipotesi contravvenzionale applicabile, “salvo che il fatto costituisca violazione dell’articolo 452 del codice penale o comunque più grave reato”, nel caso in cui siano state violate le misure di cui all’art. 1 c.2, lett. e) del decreto in esame, che impongono il “divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus”.
Si tratta del reato di cui all’art. 260 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie, richiamato ai sensi del comma 6 e modificato dal comma 7 del decreto in esame1. La norma stabilisce che:
Chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire
l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo
è punito con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi
e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000
1.4. La procedura
Dal punto di vista procedurale, in base all’art. 4 c.3 d.l. 19/2020 le violazioni sono accertate ai sensi della l. 24 novembre 1981, n. 689.
Si applica inoltre l’art. 202 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, commi 1, 2 e 2.12, in materia di “pagamento in misura ridotta”, così come temporaneamente modificato dall’art. 108 c. 2 d.l. 17 marzo 2020, n. 183. In base a questa disposizione, entro 60 giorni dalla contestazione o dalla notificazione la persona che ha compiuto la violazione ha la possibilità di pagare una somma pari al minimo previsto dalla norma. Qualora poi il pagamento sia eseguito entro 30 giorni (sempre dalla contestazione o notificazione), la somma da pagare è ulteriormente ridotta del 30%.
Ne deriva che:
- se il pagamento avviene entro 60 giorni, è possibile pagare solo l’importo mimimo di 400 euro;
- nel caso in cui il pagamento avvenga entro 30 giorni dalla contestazione o notificazione, decurtando il 30% dall’importo minimo previsto, il totale della somma sarà di 280 euro.
Quanto ai soggetti competenti ad irrogare le sanzioni, l’art. 4 c.3 d.l. 19/2020 impone una distinzione.
Le sanzioni per le violazioni delle misure disposte a livello statale (cioè quelle di cui all’art. 2 c.1 d.l.19/2020) saranno irrogate dal Prefetto.
Diversamente, per la violazione delle misure adottate a livello regionale ed infraregionale (ordinanze regionali, ad es.), le sanzioni saranno irrogate dalla stessa autorità che le ha disposte.
In entrambi i procedimenti menzionati, presso che la Prefettura o presso l’autorità che ha disposto la misura violata, si applica l’art. 103 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, che disciplina i termini nei procedimenti amministrativi in questo periodo di emergenza (per la precisione, fino al 15 aprile 2020)4.
Quanto invece all’esecuzione delle misure di contenimento, ai sensi del comma 9 dell’art. 4 d.l. 19/2020 questa è assicurata dallo stesso Prefetto, di concerto con il Ministero dell’Interno, avvalendosi delle Forze di Polizia e delle Forze Armate (militari).
Quando intervengono, le Forze Armate assumono la qualifica di agente di pubblica sicurezza.
1.5. Retroattività della normativa
Da ultimo, il Governo ha provveduto in via retroattiva, disciplinando le violazioni sanzionate prima dell’entrata in vigore del d.l. 19/2020 e sostituendo in quasi tutti i casi le sanzioni penali con sanzioni amministrative.
Ai sensi dell’art. 4 c.8 d.l. 19/2020 infatti, “le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla metà”.
La norma dispone la retroattività delle nuove sanzioni amministrative introdotte con il d.l. 19/2020, che vanno a sostituirsi alle sanzioni penali prima applicate.
Ne consegue che anche tutti coloro che sono stati denunciati per violazione delle misure di contenimento prima del 25 marzo 2020 subiranno l’applicazione della sanzione amministrativa, fermo restando che questa deve essere irrogata nella misura del minimo ridotta alla metà.
Le violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto, a seguito di questa modifica comportano dunque il pagamento di una sanzione amministrativa dell’importo di 200 euro.
Il Governo si è quindi preoccupato di indicare le modalità di passaggio all’accertamento amministrativo per i procedimenti nati prima dell’entrata in vigore del decreto, richiamando “in quanto compatibili” gli artt. 101 e 102 del d.l. 30 dicembre 1999, n. 507.
L’art. 1015 disciplina i casi in cui il procedimento sia già stato concluso con decreto o sentenza di condanna divenuta irrevocabile.
Secondo la norma in tutti i processi penali per la violazione, ora depenalizzata, delle misure di contenimento, i quali si sono conclusi con una sentenza o un decreto irrevocabile di condanna, sarà competenze del giudice dell’esecuzione revocare la sentenza o il decreto.
Il pagamento sarà però comunque dovuto, anche se nella misura del minimo della sanzione amministrativa ora in vigore, ridotto della metà.
L’art. 1026 regolamenta invece i casi in cui il procedimento sia ancora in fase di indagini o il processo, pur iniziato, non si sia ancora concluso, disponendo la trasmissione degli atti dall’autorità giudiziaria a quella amministrativa competente.
2.In pratica
- dopo il 25 marzo, salvo che il fatto costituisca reato, a chiunque non rispetti una delle misure di contenimento adottate dalle autorità indicate nel decreto, in caso di controllo potrà essere comminata una sanzione amministrativa pecuniaria da 400 a 3.000 euro;
- qualora il fatto costituisca reato, si applicherà la fattispecie penale astrattamente configurabile;
- ad ogni modo, anche nel caso in cui il fatto costituisca reato, non sono applicabili le sanzioni di cui all’art. 650 c.p. né quelle previste da una legge attributiva di poteri per ragioni di sanità;
- se la sanzione amministrativa pecuniaria viene pagata entro 60 giorni dalla contestazione o dalla notificazione, si è ammessi a pagare il solo importo minimo di 400 euro;
- se la sanzione amministrativa pecuniaria viene pagata entro 30 giorni dalla contestazione o dalla notificazione, è possibile pagare l’importo minimo ridotto del 30%, per un totale di 280 euro;
- le modalità di pagamento sono le stesse previste per le “multe” dovute alla violazione di norme del Codice della strada. É quindi possibile pagare sia tramite conto corrente postale oppure, qualora sia consentito, a mezzo di conto corrente bancario o tramite pagamento elettronico;
- se la violazione delle misure avviene mediante l’utilizzo di un veicolo, l’autorità competente potrà contestare la sanzione per un importo aumentato fino al triplo dell’importo da irrogare;
- le violazioni commesse prima della depenalizzazione attuata con il d.l. 19/2020 sono convertite in sanzioni amministrative, applicate nella misura minima ridotta della metà, per un totale di 200 euro;
- nel caso di violazione delle misure di cui all’art. 1, comma 2, lettere i), m), n), p), u), v), z) aa) d.l. 19/20207, oltre alla sanzione base prevista tra i 400 e i 3000 euro, si applicherà anche la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni;
- nel corso dell’accertamento sulla violazione delle misure di cui all’art. 1, comma 2, lettere i), m), n), p), u), v), z) aa) d.l. 19/2020, ove sia necessario per impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, l’autorità che procede può disporre la chiusura provvisoria dell’attività o dell’esercizio per una durata non superiore a 5 giorni, che verranno poi detratti dai giorni di chiusura irrogati con la sanzione come determinata alla fine del procediemento;
- qualora lo stesso soggetto violi reiteratamente la stessa disposizione, la sanzione irrogata sarà raddoppiata e l’eventuale sanzione accessoria sarà applicata nella misura massima;
- solo per colui che violi la misura della quarantena di cui all’art. 2 c.2, lett. e), e salvo che il fatto non costituisca il delitto di cui all’art. 452 c.p. o più altro grave reato, è prevista l’applicazione della contravvenzione di cui all’art. 260 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie, punita con l’arresto da tre a diciotto mesi e l’ammenda da 500 a 5000 euro.
3. Altre ipotesi di rilievo penale. Introduzione
Come già evidenziato, a seguito del d.l. 19/2020 lo strumento penale ha assunto un ruolo non più primario nella repressione delle condotte non rispettose delle misure di contenimento, pur rimanendo presente nei richiami di cui alle clausole di riserva dell’art. 4 d.l.19/2020.
Ciò nonostante, e al di là delle ipotesi richiamate nel decreto del 25 marzo 2020, la particolare situazione di emergenza in cui ci troviamo può facilitare il configurarsi di una serie di ipotesi delittuose più o meno gravi.
Di seguito viene quindi proposta un’analisi delle principali fattispecie ipotizzabili.
Si sottolinea che le norme saranno analizzate cercando di calarle nel contesto eccezionale oggi in corso, sia come contenuti analizzati che come esempi.
Va inoltre precisato che è possibile che più fattispecie siano configurabili per un medesimo fatto, in applicazione delle normali regole sul concorso di reati.
3.1.Autodichiarazione e artt. 495 e 483 c.p.
I delitti di falso di cui agli artt. 483 e 495 c.p. potrebbero venire in rilievo in caso di controllo (o di compilazione) dei moduli di autodichiarazione necessari per giustificare i propri spostamenti.
L’ultimo modello di autodichiarazione, come si evince dalla dicitura nella parte alta del modulo, costituisce autodichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 47 d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, per cui le dichiarazioni ivi trascritte sono considerate come rilasciate nei confronti di un pubblico ufficiale.
Il modulo è così strutturato.
Una prima parte è dedicata alle generalità del dichiarante.
Nella parte centrale sono invece indicate una serie di dichiarazioni che il soggetto fa sotto la propria responsabilità, anche penale, tra cui:
-
dichiarazione di non essere sottoposti a quarantena;
-
dichiarazione di non essere positivo al Covid-19;
-
dichiarazione di consapevolezza delle specifiche misure di contenimento adottate a livello regionale, sia nella regione in cui ci si trova che, eventualmente, in quella verso cui ci si sta dirigendo;
-
dichiarazione di essere a conoscenza delle conseguenze amministrative e penali come individuate dall’art. 4 d.l. 19/2020, prima analizzato.
Infine, nel modulo viene richiesto di indicare i motivi per cui si effettua lo spostamento.
Rispetto alle precedenti versioni, tra i motivi che consentono lo spostamento non è più ricompreso il rientro presso il proprio domicilio, l’ abitazione o la residenza.
Gli spostamenti sono quindi consentiti per:
-
comprovate esigenze lavorative, intendendosi per “comprovate” quelle che si è in grado di provare. In questi casi, si consiglia di indicare nell’autodichiarazione il luogo di lavoro, il nome del datore di lavoro e qualsiasi altro dato utile a dimostrare la necessarietà dello spostamento. Sono ovviamente fatte salve le limitazioni alle attività lavorative disposte a livello statale, regionale o infraregionale;
-
motivi di assoluta urgenza. Si tratta di una nuova categoria che richiama le ipotesi di “trasferimento in comune diverso”, come indicato ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera b) del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 marzo 2020)8;
-
situazioni di necessità, tra le quali sembra possano essere inclusi gli spostamenti all’interno del comune per lo svolgimento di attività quotidiane e, appunto, necessarie, quali ad esempio l’acquisto di generi alimentari, l’acquisto di prodotti non alimentari venduti dagli esercizi di commercio ancora aperti (es. farmacie o tabacchi), l’acquisto di giornali e riviste in edicola, gli spostamenti per assistenza a persone non autosufficienti, le uscite per l’espletamento dei bisogni fisiologici del proprio animale domestico, urgenze veterinarie;
-
per motivi di salute, che è possibile effettuare esclusivamente per visite specialistiche, terapie o analisi. In questi casi, si consiglia di portare con sé il certificato medico e/o la prescrizione.
N.B.
Non sono previste particolari formalità per la compilazione del modulo, ma è bene sottolineare che l’Autorità potrà effettuare dei controlli per verificare che quanto dichiarato corrisponda al vero (ad. esempio, verificando che il soggetto che dichiari la spesa abbia effettivamente con sè i relativi scontrini). In caso di dichiarazioni false, il soggetto che ha reso la dichiarazione potrà essere punito per “falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale”, previsto dall’art. 495 del codice penale, nonché per il delitto di cui all’art. 483 c.p.
Più in generale, si consiglia di:
-
munirsi di autodichiarazione prima di uscire di casa, sebbene ove sprovvisti, saranno le stesse Forze dell’Ordine a fornire il modulo da compilare;
-
portare con sé tutta la documentazione necessaria a dimostrare che il proprio spostamento è lecito e che quanto affermato nell’autodichiarazione corrisponde a verità;
-
limitare gli spostamenti alle sole ipotesi consentite, in quanto l’efficacia delle misure di contenimento è in parte lasciata all’autoresponsabilità del singolo cittadino;
-
qualora si venga fermati e non abbia un motivo legittimo per stare fuori: attestare fatti suscettibili di essere verificati come corrispondenti al vero ed evitare di indicare falsi generalità (che possono essere perseguite ai sensi dell’art. 495 c.p.) o false motivazioni (comportamento perseguibile ai sensi dell’art. 483 c.p.). Meglio non inventarsi nulla, in modo da non rischiare di incorrere in illeciti penali.
Art. 495 c.p.
La norma viene espressamente menzionato alla fine della sezione dell’autodichiarazione relativa ai dati anagrafici, laddove nel rendere l’autodichiarazione si afferma (e si sottoscrive) “consapevole delle conseguenze penali previste in caso di dichiarazioni mendaci a pubblico ufficiale (art. 495 c.p.)”.
L’art. 495 del codice penale stabilisce:
«Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità,
lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona
è punito con la reclusione da uno a sei anni»
Per falsità si intende invece l’affermazione di un fatto falso o la negazione di un fatto vero.
La falsa attestazione deve poi avere ad oggetto l’identità, lo stato, o altre qualità della propria o altrui persona, con ciò intendendosi:
1) per identità personale s’intendono le generalità della persona (es. nome, cognome, luogo e data di nascita);
2) per stato si intende la posizione assunta da una persona in un qualsivoglia ambiente sociale, (es. cittadinanza, stato civile, parentela, potestà di genitoriale, ecc.);
3) con qualità ci si riferisce a tutti gli elementi che concorrono a definire l’individualità di un soggetto quindi, ad esempio, la professione, la dignità, il grado accademico e l’ufficio pubblico ricoperto. Anche i precedenti penali sono ritenuti qualità personali rilevanti.
Quanto al silenzio (in questo caso anche sotto forma di mancata compilazione), questo rileva ogni volta in cui vi sia stato l’occultamento di elementi essenziali per descrivere il fatto oggetto della dichiarazione, così determinando una rappresentazione non veritiera e, di conseguenza, falsa della realtà .
Occorre quindi prestare attenzione alle informazioni che si inseriscono nel modulo, perché la falsità di una di esse può comportare l’insorgere della responsabilità penale ai sensi dell’articolo 495 c.p., reato punito con la reclusione da un minimo di un anno a un massimo di sei.
ART. 483 c.p.
Secondo una parte consistente di coloro che si sono espressi sull’argomento, un’altra ipotesi di reato rilevante è quella di cui all’art. 483 c.p., Falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico.
In merito, si ricorda che l’autodichiarazione costituirebbe atto pubblico in ragione dell’esplicito richiamo in essa effettuato dagli artt. 46 e 47 d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445.
Per ciò che interessa, al primo comma la norma stabilisce che:
Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni.
Ne consegue che, in caso di controlli da parte delle Forze dell’ordine, sarebbe perseguibile ai sensi dell’art. 483 c.p.:
- colui che nell’autodichiarazione attesti falsamente l’esistenza di situazioni che consentono lo spostamento ai sensi della normativa in vigore (ad esempio, attestando che si sta recando al lavoro quando in realtà sta andando a trovare un amico).
A differenza dell’art. 495 c.p., che punirebbe le falsità attestate nella parte dell’autodichiarazione relativa alle generalità, l’art. 483 c.p. pare invece riguardare le false attestazioni sui motivi per cui si è usciti.
3.2. Altri reati
Artt. 336 c.p. e 337 c.p.
Nel corso dei numerosi controlli eseguiti in questi giorni, è poi possibile che vengano a crearsi situazioni di tensione con le Forze dell’Ordine. Assumono dunque rilevanza i reati di cui all’art. 336 c.p. “Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale”, o di cui all’art. 337 c.p. “Resistenza a pubblico ufficiale”.
Entrambi i delitti presuppongono che si agisca con violenza o minaccia nei confronti del pubblico ufficiale. Nel caso di cui all’art. 336, la violenza o minaccia sono precedenti al compimento dell’atto di ufficio e servono a far sì che il pubblico ufficiale ometta o compia l’atto contrariamente ai suoi doveri. Diversamente, nel caso di resistenza a pubblico ufficiale (337 c.p.), la violenza o la minaccia sono posti in essere durante il compimento dell’atto d’ufficio per impedirlo.
A titolo di esempio:
-
chi, fermato dalle Forze dell’Ordine per dei controlli relativi alle misure anti-Coronavirus, usi violenza o minaccia conto l’agente per costringerlo a non eseguire il controllo, potrebbe rispondere del delitto di cui all’art. 336 c.p.;
-
chi, fermato dalle Forze dell’Ordine per dei controlli sulle misure anti-Coronavirus, usi violenza o minaccia conto l’agente che sta già eseguendo il controllo per impedirglielo (ad es., strappando o mangiando il verbale di accertamento), può rispondere del reato di cui all’art. 337 c.p.
Si aggiunga infine che le norme fanno riferimento a violenza e minaccia contro pubblici ufficiali, fra i quali quindi rientrano, per ciò che interessa, anche i medici.
Art. 452 c.1 c.p.
Tra queste più gravi ipotesi di reato configurabili va innanzitutto considerato il delitto di cui all’art.452 c. 1 c.p., Delitti colposi contro la salute pubblica, con riferimento all’art. 438 c.p., per il quale:
Chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti prevediti dagli articoli 438 e 439 è punito: 1) con la reclusione da tre a dodici anni, nei casi per i quali le dette disposizioni stabiliscono la pena di morte; 2) con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l’ergastolo;
Attraverso il richiamo che l’art. 452 c.p. fa all’art. 438 c.p., viene penalmente sanzionato chi “cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni” senza volerlo, ma per colpa.
La pena, più precisamente, può venire irrogata al soggetto che, attraverso un comportamento attivo (in questo caso, ad esempio, la violazione delle misure emergenziali) per sua colpa mette in pericolo la salute di un indeterminato numero di soggetti contagiando altre persone e diffondendo il virus.
Ne consegue che:
- chiunque, anche contravvenendo alle misure restrittive adottate dal Governo, diffonde il virus tra un numero indeterminato di persone e senza volerlo, ma per negligenza, imprudenza, imperizia, oppure per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline potrebbe essere perseguito ai sensi dell’art. 452 c.p. per i fatti preveduti dall’art. 438 c.p.
In particolare, potrebbe essere perseguito ai sensi dell’art. 452 c.p. colui che:
– ritenga per colpa (e quindi per negligenza, imprudenza, imperizia o a seguito della violazione di leggi, ordini e discipline) di non essere infetto pur presentando una sintomatologia esca di casa e, entrando in contatto con altre persone, contribuisca in questo modo al diffondersi del virus.
Dal punto di vista sanzionatorio, sia nel caso di semplice diffusione della malattia sia nel caso di morte di più persone, la pena prevista è quella della reclusione da uno a cinque anni9.
Art. 438 c.p.
Quanto invece all’art. 438 c.p., si tratta di un’ipotesi di reato più grave di quella di cui all’art. 452 c.p., poiché in questo caso chi compie il delitto lo fa con la volontà di diffondere il virus. La norma
stabilisce che:
Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo.
Se dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la pena dell’ergastolo.
Tra i germi patogeni sono ricompresi tutti i microorganismi, e di conseguenza anche i virus, in grado di provocare una malattia realmente infettiva.
Nella situazione attuale, potrebbe quindi essere punito ai sensi dell’art. 438 c.p.:
- colui che, anche contravvenendo alle misure restrittive adottate dal Governo, contagi altre persone prevedendo e volendo la diffusione del virus.
Dal punto di vista probatorio, sarebbe però necessaria la difficile prova che il soggetto il quale ha violato le misure emergenziali oggi in atto, lo ha fatto con la volontà di diffondere presso un numero indeterminato di persone il virus SARS-COV-2.
Va comunque segnalato, sia in merito all’art. 438 c.p. che all’art. 452 c.p., che fino ad adesso la giurisprudenza ha sempre ritenuto non punibile:
- chi, sapendosi affetto da male contagioso, si mescola alla folla pur prevedendo che infetterà altre persone, in quanto “ deve escludersi che una persona, affetta da malattia contagiosa abbia il possesso dei germi che l’affliggono”10;
- il caso in cui l’insorgere e lo sviluppo della malattia si esauriscano nell’ambito di un ristretto numero di persone11.
Infine, occorre precisare che la differenza tra i due delitti, dal punto di vista dell’ elemento soggettivo, potrebbe risultare particolarmente labile, in particolare qualora dipenda da una valutazione dell’atteggiamento psicologico dell’agente in termini di dolo eventuale o, in alternativa, colpa cosciente. Per quella parte di dottrina che nel reato in esame ritiene sufficiente il dolo eventuale infatti, nel caso in cui vi sia stata l’ accettazione del rischio di verificazione dell’evento lesivo si potrebbe avrebbe un’incriminazione ai sensi dell’art. 438 c.p. Diversamente, qualora si ritenga che la condotta dell’agente fosse accompagnata dalla colpa cosciente, si potrebbe avere un’incriminazione per la meno grave ipotesi di cui all’ar. 452 c.p.
3.3.Lesioni dolose e colpose
Art. 582 c.p.
Tra i vari reati da considerare vi è anche il delitto di lesioni personali di cui all’art. 582 c.p.
La norma punisce chiunque “cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente”. É il caso, ad esempio, di:
- colui che, prevedendo e volendo il contagio di un’altra persona determinata, la infetta volontariamente con il virus cagionandogli una lesione personale dalla quale deriva una malattia.
Dal punto di vista sanzionatorio, la pena potrà variamente configurarsi:
- reclusione da 6 mesi a tre anni se la malattia non dura più di 20 giorni e punibilità a querela della persona offesa (lesioni personali lievi);
- reclusione da 3 a 7 anni se, ad esempio, la malattia mette in pericolo di vita la persona o ne provoca un’incapacità di lavorare per più di 40 giorni (lesioni personali gravi, vd. art. 583 c.p.);
- reclusione da 6 a 12 anni se, ad esempio, la malattia provoca la perdita di un arto o di un organo, come nel caso di colui che, infettato, fosse operato per asportazione di un polmone (lesioni personali gravissime, vd. sempre art. 583 c.p.).
É comunque necessaria la dimostrazione che la lesione provocata da colui che compie il delitto sia in rapporto causale con il virus di cui si ammala il soggetto passivo del reato.
Art. 590 c.p.
Si tratta del delitto di Lesioni colpose.
Per questa ipotesi valgono le stesse considerazioni svolte per il reato di lesioni dolose, con la differenza che in questo caso il contagio non deve essere voluto, ma al contrario deve essersi verificato per colpa e dunque “a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”.
Potrebbe quindi essere perseguito per il delitto di cui all’art. 590 c.p. colui che:
- ignorando per colpa la propria positività al Covid-19, anche violando le misure di contenimento adottate dal Governo, contagi altre persone.
Dal punto di vista sanzionatorio, le pene sono però inferiori rispetto alle lesioni dolose:
- reclusione fino a tre mesi o multa fino a 309 euro nel caso di lesioni lievi;
- reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro nel caso di lesioni gravi;
- reclusione da tre mesi a due anni o multa da 309 euro a 1239 euro nel caso di lesioni gravissime.
Resta ferma l’applicabilità delle circostanze aggravanti previste ex lege.
3.4.Omicidio doloso, colposo e preterintenzionale
Art. 575 e 589 c.p.
Di più difficile configurazione, ma comunque da analizzare, sono invece i delitti di cui all’art. 575 c.p., Omicidio volontario, e di cui all’art. 589 c.p., Omicidio colposo.
Per essi, valgono le stesse considerazioni svolte per i delitti di lesioni personali.
Potrebbe quindi configurarsi:
- l’art. 575 c.p. nel caso ad esempio di colui che, dovendo restare in casa, viola la quarantena e volontariamente contagia un’altra persona con la volontà di ucciderla, riuscendovi;
- l’art. 589 c.p. nel caso ad esempio di colui che, fuggendo dall’ospedale, contagia un altro soggetto che in conseguenza di ciò muore per infezione da Coronavirus; in questo caso però la morte non è un evento voluto da chi ha contagiato.
Dal punto di vista sanzionatorio, l’omicidio volontario è punito con la pena della reclusione non inferiore ad anni 21.
Diversamente, l’omicidio colposo è punito con la reclusione da 6 mesi a cinque anni. Restano fermi i possibili aumenti di pena previsti dalla legge. É il caso, ad esempio, in cui questi fatti siano commessi nell’esercizio abusivo di una professione sanitaria.
Art. 584 c.p.
L’art. 584 c.p. punisce:
chiunque, con atti diretti a ledere (art. 582 c.p.) o percuotere (581 c.p.), cagiona, senza volerlo, la morte di un uomo, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni.
É il caso, ad esempio, di colui che:
– si rappresenta e vuole esclusivamente il contagio di un altro soggetto, ma dalla voluta lesione deriva la morte della persona offesa.
Omicidio e lesioni colpose del datore di lavoro
Gli artt. 589 c.2 e 590 c.3 c.p. prevedono un’aggravante per i casi in cui i reati, rispettivamente, di omicidio colposo e lesioni personali colpose, vengano commessi in violazione di norme antinfortunistiche.
In entrambi i casi, è necessaria:
- la violazione da parte del datore di lavoro delle misure emergenziali antiCovid-19, come individuate nei vari decreti ministeriali emanati (es. si prosegue un’attività che invece, ai sensi dei decreti, risulta sospesa), oppure dal d.lgs. 81/2008 (es. mancata consegna ai dipendenti di adeguati DPI);
- il contagio deve essere avvenuto all’interno dell’ambiente di lavoro e deve essere stato causato dalla mancata adozione delle misure prescritte;
- l’adozione delle misure e delle disposizioni prescritte e violate dovevano essere esigibili da parte del datore di lavoro.
Ne consegue che:
- il datore di lavoro che, non adottando le prescritte misure antiCovid-19, cagiona per colpa il contagio dei propri dipendenti, potrebbe essere chiamato a rispondere del delitto di cui all’art. 590 c.3 c.p.;
- il datore di lavoro che, non adottando le prescritte misure antiCovid, cagiona per colpa il contagio da cui deriva la malattia e dunque la morte di uno dei suoi dipendenti, potrebbe essere chiamato a rispondere del delitto di cui all’art. 589 c.2 c.p.
In questo caso, le pene previste sono:
– da 2 a 7 anni nel caso di morte del dipendente (art. 589 c.2 c.p.);
- da 3 mesi ad 1 anno di reclusione o da 500 a 2000 euro di multa in caso di lesioni gravi (art. 590 c.3);
- da 1 anno a 3 anni di reclusione in caso di lesioni gravissime (art. 590 c.3).
1 Il comma 7 ha aggiornato la fattispecie sostituendo le parole «con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000» alle parole «con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire 40.000 a lire 800.000».
2 Art. 202. d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285. Pagamento in misura ridotta:
«1. Per le violazioni per le quali il presente codice stabilisce una sanzione amministrativa pecuniaria, ferma restando l’applicazione delle eventuali sanzioni accessorie, il trasgressore è ammesso a pagare, entro sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione, una somma pari al minimo fissato dalle singole norme. Tale somma è ridotta del 30% se il pagamento è effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione.
La riduzione di cui al periodo precedente non si applica alle violazioni del presente codice per cui è prevista la sanzione accessoria della confisca del veicolo, ai sensi del comma 3 dell’articolo 210, e la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.
2. Il trasgressore può corrispondere la somma dovuta presso l’ufficio dal quale dipende l’agente accertatore oppure a mezzo di versamento in conto corrente postale, oppure, se l’amministrazione lo prevede, a mezzo di conto corrente bancario, ovvero mediante strumenti di pagamento elettronico. All’uopo, nel verbale contestato o notificato devono essere indicate le modalità di pagamento, con il richiamo delle norme sui versamenti in conto corrente postale, o, eventualmente, su quelli in conto corrente bancario, ovvero mediante strumenti di pagamento elettronico.
2.1 Qualora l’agente accertatore sia munito di idonea apparecchiatura il conducente, in deroga a quanto previsto dal comma 2, e’ ammesso ad effettuare immediatamente, nelle mani dell’agente accertatore medesimo, il pagamento mediante strumenti di pagamento elettronico, nella misura ridotta di cui al secondo periodo del comma 1. L’agente trasmette il verbale al proprio comando o ufficio e rilascia al trasgressore una ricevuta della somma riscossa, facendo menzione del pagamento nella copia del verbale che consegna al trasgressore medesimo».
3 Art. 108 c.2 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19:
«Considerati l’evolversi della situazione epidemiologica COVID-19 e il carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia con il costante incremento dei casi su tutto ilterritorio nazionale, al fine di consentire il rispetto delle norme igienico-sanitarie previste dalla vigente normativa volte a contenere il diffondersi della pandemia, in via del tutto eccezionale e transitoria, la somma di cui all’art. 202, comma 2 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dall’entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 maggio 2020, è ridotta del 30% se il pagamento è effettuato entro 30 giorni dalla contestazione o notificazione della violazione. La misura prevista dal periodo precedente può essere estesa con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri qualora siano previsti ulteriori termini di durata delle misure restrittive».
4 Art. 103 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza:
«1. Ai fini del computo dei termini ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi su istanza di parte o d’ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020. Le pubbliche amministrazioni adottano ogni misura organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti, con priorita’ per quelli da considerare urgenti, anche sulla base di motivate istanze degli interessati. Sono prorogati o differiti, per il tempo corrispondente, i termini di formazione della volonta’ conclusiva dell’amministrazione nelle forme del silenzio significativo previste dall’ordinamento.
2. Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, conservano la loro validita’ fino al 15 giugno 2020″.
3. Le disposizioni di cui ai commi precedenti non si applicano ai termini stabiliti da specifiche disposizioni del presente decreto e dei decreti-legge 23 febbraio 2020, n. 6, 2 marzo 2020, n. 9 e 8 marzo 2020, n. 11, nonche’ dei relativi decreti di attuazione.
4. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai pagamenti di stipendi, pensioni, retribuzioni per lavoro autonomo, emolumenti per prestazioni di lavoro o di opere, servizi e forniture a qualsiasi titolo, indennita’ di disoccupazione e altre indennita’ da ammortizzatori sociali o da prestazioni assistenziali o sociali, comunque denominate nonche’ di contributi, sovvenzioni e agevolazioni alle imprese comunque denominati.
5. I termini dei procedimenti disciplinari del personale delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi inclusi quelli del personale di cui all’articolo 3, del medesimo decreto legislativo, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, sono sospesi fino alla data del 15 aprile 2020.
6. L’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, e’ sospesa fino al 30 giugno 2020».
5 Art. 101 d.l. 30 dicembre 1999, n. 507, Procedimenti definiti con sentenza irrevocabile
«1. Se i procedimenti penali per le violazioni depenalizzate dal presente decreto legislativo sono stati definiti, prima della sua entrata in vigore, con sentenza di condanna o decreto irrevocabili, il giudice dell’esecuzione revoca la sentenza o il decreto, salvo quanto previsto dai commi 2 e 3, dichiarando che il fatto non e’ previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti. Il giudice dell’esecuzione provvede con l’osservanza delle disposizioni dell’articolo 667, comma 4, del codice di procedura penale.
2. Le multe e le ammende inflitte con le sentenze o i decreti indicati nel comma 1 sono riscosse, insieme alle spese del procedimento, con l’osservanza delle norme sull’esecuzione delle pene pecuniarie.
3. Restano salve la confisca nonche’ le pene accessorie, nei casi in cui queste ultime sono applicabili alle violazioni depenalizzate come sanzioni amministrative»
6 Art. 102 d.l. 30 dicembre 1999, n. 507, Trasmissione degli atti all’autorita’ amministrativa e procedimento sanzionatorio
«1. Nei casi previsti dall’articolo 100, comma 1, l’autorita’ giudiziaria, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, dispone la trasmissione all’autorita’ amministrativa competente degli atti dei procedimenti penali relativi ai reati trasformati in illeciti amministrativi, salvo che il reato risulti prescritto o estinto per altra causa alla medesima data.
2. Se l’azione penale non e’ stata ancora esercitata, la trasmissione degli atti e’ disposta direttamente dal pubblico ministero, che, in caso di procedimento gia’ iscritto, annota la trasmissione nel registro delle notizie di reato. Se il reato risulta estinto per qualunque causa, il pubblico ministero richiede l’archiviazione a norma del codice di procedura penale; la richiesta ed il decreto del giudice che la accoglie possono avere ad oggetto anche elenchi cumulativi di procedimenti.
3. Se l’azione penale e’ stata esercitata, il giudice, ove l’imputato o il pubblico ministero non si oppongano, pronuncia, in camera di consiglio, sentenza inappellabile di assoluzione o di non luogo a procedere perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato, disponendo la trasmissione degli atti a norma del comma 1.
4. L’autorita’ amministrativa notifica gli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dalla ricezione degli atti.
5. Entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione degli estremi della violazione, l’interessato e’ ammesso al pagamento in misura ridotta a norma dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ovvero, se si tratta di violazione al codice della strada o in materia finanziaria, dell’articolo 202, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 o dell’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Il pagamento in misura ridotta e’ ammesso anche in deroga ad eventuali esclusioni o limitazioni previste dalla legge.
6. Il pagamento determina l’estinzione del procedimento.
7. Si applicano, per quanto non stabilito dal presente articolo, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto compatibili.
8. Nei casi previsti dal presente articolo la prescrizione della sanzione o del diritto alla riscossione delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa non determina responsabilita’ contabile».
7 Di nuovo, e sempre a titolo di esempio si tratta della violazione delle misure inerenti limitazioni, chiusure e/o sospensioni di:
- servizi educativi per l’infanzia, scuole di ogni ordine e grado, università, master, corsi per le professioni sanitarie, corsi professionali e attività formative;
- eventi e competizioni sportive in luoghi pubblici e privati;
- fiere e mercati;
- attività ludiche, ricreative e sportive;
- cinema, teatri, discoteche, attività di somministrazione al pubblico di bevande e alimenti;
- attività di impresa o professionali.
8 «è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute; conseguentemente all’articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 le parole “E’ consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza” sono soppresse».
9 La pena di morte è stata infatti abrogata, motivo per cui l’art. 452 c.1 lett. n.1 (per intenderci, il riferimento alla pena dei dodici anni di reclusione) è da considerarsi abrogato.
10 Tribunale Bolzano, 13 marzo 1979, in Giur. merito 1979.
11 Così il GIP di Savona, 6 febbraio 2008, in Riv. Pen. 2008, nel caso di un ristretto numero di persone che avevano ingerito un pasto infettato dal germe della salmonella.